Con la sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025, la Corte di Cassazione ha espresso un principio di particolare rilievo in materia di tutela dei lavoratori disabili e del loro diritto allo smart working.
Confermando la pronuncia della Corte d’Appello di Napoli, la Suprema Corte ha ordinato a un’azienda di garantire a un suo dipendente ipovedente la possibilità di svolgere la propria attività in smart working. La decisione si fonda sull’obbligo per i datori di lavoro di predisporre “accomodamenti ragionevoli” finalizzati a garantire la parità di trattamento ai lavoratori con disabilità , un principio sancito dalla normativa nazionale ed europea. Tale obbligo sussiste anche in mancanza di un accordo individuale tra le parti.
Lavoro agile e disabilitĂ : il caso concreto
Il lavoratore interessato, affetto da una disabilità parziale e impiegato dal 1997 come tecnico nell’assistenza ai clienti, aveva avanzato richiesta di trasferimento dalla sede di Napoli a quella di P., sua città di residenza, a causa delle gravi difficoltà visive che ostacolavano gli spostamenti quotidiani. In aggiunta, aveva sollecitato la possibilità di lavorare da remoto, modalità già adottata in passato nel periodo emergenziale legato alla pandemia da COVID-19.
L’azienda aveva opposto un rifiuto a entrambe le domande, motivando la decisione con l’assenza di presupposti tecnici e normativi idonei a giustificare sia il trasferimento sia l’attivazione dello smart working.
Dopo una sentenza sfavorevole in primo grado, l’azienda ha presentato appello e la Corte d’Appello di Napoli ha dato nuovamente ragione al lavoratore, confermando la pronuncia di primo grado e imponendo al datore di lavoro di trasferirlo e di consentirgli lo svolgimento dell’attività da remoto.
Smart working per i lavoratori disabili: il principio della Cassazione
L’azienda ha dunque avanzato ricorso in Cassazione, che si è pronunciata con la sentenza 605/2025. Secondo la Corte, la mancata concessione di “accomodamenti ragionevoli” – obbligo sancito dall’art. 3 del d.lgs. 216/2003 – configura una forma di discriminazione nei confronti delle persone con disabilità . L’art. 3 della citata norma infatti recita testualmente: “Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità , i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità , ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori. I datori di lavoro pubblici devono provvedere all’attuazione del presente comma senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.”
Uguaglianza tra i lavoratori
La sentenza ha sottolineato che il lavoro agile rappresenta una misura adeguata a garantire l’eguaglianza sostanziale tra lavoratori, senza che ciò comporti un aggravio economico sproporzionato per l’azienda.
La decisione si fonda anche sull’esperienza maturata nel periodo pandemico, durante il quale il dipendente aveva già dimostrato di poter svolgere le proprie mansioni a distanza senza ripercussioni sull’efficienza lavorativa. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto necessario bilanciare il diritto del lavoratore a un ambiente lavorativo accessibile con l’organizzazione aziendale, tutelando entrambi gli interessi in gioco.
Conclusioni dei giudici
La Suprema Corte ha dunque respinto il ricorso, affermando che, in assenza di un accordo individuale, è il giudice a dover individuare le soluzioni più adeguate per garantire la tutela dei lavoratori con disabilità .
Inoltre, la Cassazione ha ribadito che il diniego di strumenti come il lavoro agile costituisce una forma di discriminazione diretta, in contrasto con le normative europee e con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilitĂ .
La controversia si è quindi conclusa con la conferma dell’obbligo per l’azienda di consentire il lavoro agile e di procedere con il trasferimento del dipendente, oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità *****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link