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È un dato ormai acquisito. Con il regista napoletano Gabriele Salvatores non si scherza. Da Napoli – New York è un film da vedere necessariamente. Al di là di una regia tecnicamente eccellente, come al solito, impeccabile in alcune circostanze la bobina racconta due temi importanti. La solita violenza sulle donne e il tema dell’immigrazione ancora in piena discussione perché probabilmente non la si vuole risolvere dicendo la verità. Bello il pensiero di Celestina al processo per la condanna della sorella Agnese: “lo straniero povero è sempre straniero, mentre il ricco non è straniero”. Non è solo storia di riscatto e speranza ma del pregiudizio soprattutto quella di considerare la donna marginale rispetto alla normalità della vita. Una storia ambientata negli anni ’50 di grande emozione dove in alcuni momenti le lacrime fanno capolino sul proprio viso. Il viaggio di due giovani, Celestina e Carmine, interpretati magnificamente dai giovanissimi Antonio Guerra e Dea Lanzaro, dalla Napoli del dopoguerra all’America, ambisce a essere a volere essere un racconto non solo poetico e universale in abito rosa, ma induce a sollecitare la memoria e a riflettere sul passato nostro di essere stati italiani emigrati. Senza famiglia né domicilio stabile, Celestina e Carmine, una notte s’imbarcheranno in modo fortuito come clandestini su un transatlantico diretto a New York per andare a vivere con Agnese (Anna Lucia Pierro) la sorella di Celestina emigrata mesi prima. Aiutati a bordo dal capitano Domenico Garofalo (Pierfrancesco Favino) e dal cuoco George (Omar Benson Miller), i due bambini si uniranno ai tanti emigranti italiani in cerca di fortuna in America e sbarcheranno in una metropoli sconosciuta, che dopo numerose peripezie, impareranno a chiamare casa. Una storia senza pause, in un continuo turbinio di emozioni diverte commuove ma alla fine lancia un pensiero vero: Una volta eravamo noi i migranti, gli stranieri, i diversi. Certo abbiamo saputo alla fine con grande coraggio costruire in altri paesi aiutati dal coraggio e dalla voglia di fare dando valore alla singola dignità. Solo dal 1950 al 1985, come si legge alla fine del film prima dei titoli di coda furono ben 19 milioni gli italiani che andarono negli Stati Uniti senza tornare più in Italia. Uno sbarco a New York degli italiani, uomini e donne, vestiti di stracci diventati nel tempo abiti di valore. Accanto c’è quella bella frase pronunciata al processo da Agnese: L’amore è una cosa seria”. Aggiungo che non va mai tradito. Insomma cosa si voglia dire la politica seria e vera, frutto di riflessione e osservazione, in questo tempo inutile la fanno i teatri e le pellicole dei grandi registi italiani ormai in pochi.
Oreste Roberto Lanza
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