Povertà. Zuppi: “Uno stipendio non basta più a una famiglia”


Di Andrea Regimenti

“La povertà non è solo una statistica, e se fosse solo una questione di numeri e proiezioni dovremmo leggere la diagnosi. La povertà non nasce dal caso, viene da alcune scelte. È una cartina di tornasole della nostra società”. Lo ha detto ieri a Roma il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, intervenendo nella Sala della Regina della Camera dei deputati all’evento “Lobbying e Advocacy contro la povertà”, nato da una collaborazione tra Caritas Italiana, Sapienza Università di Roma e FB &Associati (prima società indipendente in Italia specializzata in public affairs, advocacy e lobbying). L’evento, realizzato nell’ambito del master in Rappresentanza di interessi: Lobbying & Advocacy della Sapienza, ha posto l’attenzione su un fenomeno strutturale che ha raggiunto livelli record nel nostro Paese.

Oggi, secondo i dati Istat, quasi una persona su dieci (9,7%) in Italia vive in povertà assoluta, ovvero non ha accesso al minimo indispensabile per una vita dignitosa (beni e servizi essenziali come cibo, abitazione, vestiario e spese sanitarie).

Questo equivale a 5,7 milioni di persone e 2,2 milioni di famiglie. Solo quindici anni fa la percentuale era del 3%. Le crisi economiche globali, la pandemia e le tensioni internazionali hanno contribuito a questo incremento. Nel tempo, i profili di povertà sono cambiati: da famiglie numerose, anziani e disoccupati, oggi colpisce nuove categorie come famiglie con minori, operai, stranieri e residenti al Nord. In particolare, i minori mostrano un’incidenza del 13,8% (1,3 milioni di bambini). Inoltre, l’Italia è il Paese europeo con la più alta trasmissione intergenerazionale della povertà: il 34% degli adulti a rischio proviene da famiglie povere.

La povertà lavorativa è un altro tema centrale: l’8% degli occupati regolari vive in povertà assoluta e tra le famiglie di operai l’incidenza sale al 16,5%. Infine, il numero di famiglie povere al Nord è raddoppiato dal 2014, superando per la prima volta quelle del Sud.

“Oggi abbiamo una dimensione di povertà che deve preoccuparci – ha spiegato il card. Zuppi -. C’è inoltre molta cronicizzazione della povertà. Molto spesso i poveri sono figli dei poveri. L’ascensore sociale è rotto da anni. Anzi, funziona benissimo a scendere. Uno stipendio non basta più a una famiglia. La Chiesa in Italia ha sempre scelto di stare accanto agli ultimi della fila per rispondere alle loro esigenze. Questa è l’essenza stessa della Chiesa e della sua vita. Dalla carità è sempre nata una cultura. Non buttiamola via. La vicinanza non si esaurisce mai solo nell’assistenza immediata ma si traduce in un’azione più ampia che può portare cambiamenti sistemici”. “Pensarsi insieme per difendere chi non è difeso, per difendere i diritti – il monito di Zuppi -. Francamente ho paura che molti diritti frutto di consapevolezza e sofferenza delle guerre che hanno insanguinato il nostro Continente vengano svuotati. Se perdiamo la passione per la lotta contro la povertà finiamo a discutere di cose inutili”. Il presidente della Cei ha poi concluso il suo intervento richiamando l’enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco:

“È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza – scrive il Pontefice -. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume, e questo è squisita carità, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica”.

Tra i relatori all’evento anche don Marco Pagniello, direttore della Caritas italiana. “La Caritas – ha spiegato – a volte è conosciuta solo come quella realtà che fa assistenza ai poveri, ma in realtà tende alla promozione della persona umana. Vogliamo che ogni persona possa avere la possibilità di realizzare i propri sogni e provvedere ai propri bisogni”. “Sono convinto – ha detto Pagniello – che tutto questo ascolto e accompagnamento che facciamo ci deve portare a rendere consapevoli le comunità, ma anche provare a influenzare le scelte politiche, non partitiche. Siamo pronti a confrontarci con tutti e raccontare il nostro punto di vista per rimuovere le condizioni della povertà”. “Dobbiamo dare risposte che tengano conto della complessità del fenomeno e non risolvano solo una parte – ha sottolineato il direttore della Caritas -.

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Il lavoro purtroppo non basta più.

Servono risposte più articolate date dalla partecipazione di tutti e dal ‘fare insieme’. Il contrasto alla povertà potrebbe essere una delle priorità da affrontare insieme e per tenere insieme il Paese”.



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