Orlandi, Pignatone contro Capaldi: “Mi tenne all’oscuro sull’incontro con i due gendarmi vaticani”. Lo scontro tra i magistrati che indagarono su Emanuela


Non è stata una delle tante audizioni: in molti aspettavano che Giuseppe Pignatone si sedesse davanti ai parlamentari della commissione d’inchiesta che indaga sulle scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. L’ex procuratore della Repubblica di Roma è stato anche presidente del tribunale Vaticano, ruolo da cui si è recentemente dimesso. Più volte è stato tirato in ballo dal procuratore Giancarlo Capaldo che per anni ha diretto la seconda inchiesta sulla cittadina vaticana scomparsa misteriosamente nel 1983.

Lo scontro tra i due magistrati
Tra i due magistrati c’era stata già una diatriba, dopo che Capaldo ha dichiarato più volte che l’inchiesta gli fu tolta “Perché a capo della Procura viene nominato Giuseppe Pignatone e dall’altra parte in Vaticano iniziano una serie di grandi manovre” (fonte: Il Tempo del 13 dicembre 2021). Gli venne contestato anche di aver avocato a sé l’inchiesta poi archiviata nel 2015. A queste accuse oggi Pignatone ha risposto: “Non sono mai stato titolare del procedimento sulla scomparsa di Orlandi e Gregori e non lo ho mai avocato. E tutte le indagini sono state espletate da Capaldo, Maisto e in seguito da Calò. Né è vero che sia stato il solo a volere l’archiviazione dato che questa era l’indicazione della maggioranza dei titolari, indicazione che io condivisi convintamente”, ha affermato Pignatone. Quanto al dissenso espresso da Capaldo sulla richiesta di archiviazione, Pignatone ha spiegato che è “del tutto fisiologico che, in un procedimento con più titolari, si manifestino opinioni contrastanti; di solito si giunge a una posizione condivisa ma se questo non avviene la normativa rimette la decisione al procuratore. Si dice che con la richiesta di archiviazione del 2015 è stata messa la pietra tombale sulla vicenda, è falso a norma di codice – ha aggiunto poi -. Lo scopo dell’archiviazione era definire, a scadenza di legge, la posizione della persona sottoposta a indagine in quello specifico procedimento: nulla vietava – allora come oggi se si fossero delineate altre ipotesi investigative – di iniziare anche un altro procedimento”.

La tomba di de Pedis
Rispetto alla questione della riapertura della tomba del criminale romano Enrico “Renatino” De Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare, avvenuta su iniziativa di Capaldo, Pignatone ha dichiarato: “Solo dopo più di un mese, a fronte di una continua insistenza degli organi di informazione, chiesi informazioni in proposito: se ci fosse un motivo per non fare questa verifica. Capaldo mi disse che secondo lui era inutile, ma non vi erano ostacoli alla riapertura. Data questa risposta invitai i miei colleghi a rivalutare la situazione”, ha continuato spiegando che a suo giudizio era “positivo fare chiarezza”. Come riferito da Pignatone, i due sostituti procuratori “Capaldo e Maisto mi dissero che condividevano la mia opinione” e poi la tomba fu aperta. Poi, riferendosi agli incontri tra i magistrati e due gendarmi del Vaticano (Domenico Giani e Costanzo Alessandrini, allora a capo della gendarmeria vaticana) avvenuti pochi mesi prima della riapertura della tomba, Pignatone ha affermato: “Su questo incontro/incontri tra i procuratori Capaldo e Maisto non so nulla, avvennero prima che arrivassi a Roma nel marzo 2012. Ho letto verbali che lo collocano tra inizio gennaio e febbraio io non c’ero, né di questi incontri sono stato informato da alcuno; non posso dire quale delle contrastanti versioni offerte alla Commissione dai protagonisti corrisponda a verità”. (fonte: AdnKronos).

La replica a Capaldo
Pignatone ha chiesto di essere ascoltato dalla commissione proprio per replicare ad alcune dichiarazioni fatte mesi fa, davanti alla stessa Commissione, dall’ex procuratore Capaldo. “Io ho chiesto a Capaldo riguardo alle notizie di giornali e mi ha scritto una pagina e mezzo di risposta dove non ha detto dell’incontro con Giani e Alessandrini“, ha precisato Pignatone rispondendo poi a una domanda del presidente e aggiungendo che ciò “viola un dovere elementare del magistrato rispetto al procuratore”. Suscitò la sua “irritazione” il fatto che queste notizie di stampa venivano attribuite ad “anonimi inquirenti della procura di Roma”. “Quando ho letto queste notizie avevo assunto l’incarico solo da due settimane. Il mio primo problema era affermare il principio del rispetto delle regole: la legge allora vigente prevedeva che rapporti con la stampa fossero tenuti solo dal procuratore della Repubblica o da uno suo delegato”. A fronte di queste notizie quindi Pignatone ha riferito di aver chiesto informazioni a Capaldo che poi l’indomani gli rispose con “una nota”. “Non ho elementi specifici per poter ipotizzare la validità di una pista piuttosto che un’altra”, ha concluso l’ex procuratore rispetto a quale possa essere stato il destino della Vatican Girl.



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