Cesarone, START 4.0: «L’ecosistema tech insegue la crescita»


L’innovazione tech in Italia avanza, ma il gap con i leader europei resta evidente. Mentre il Paese investe sempre di più nella trasformazione digitale, sconta ancora ritardi nell’adozione tecnologica e nella diffusione delle competenze adeguate.

«I competence center dimostrano che il trasferimento tecnologico e la formazione sono le leve per colmare il divario» dice Georgia Cesarone, Responsabile Formazione del Centro di Competenza sulla Sicurezza delle Infrastrutture Critiche Digitali – START 4.0.  Ma per trasformare il potenziale in crescita economica, servono un ecosistema più integrato e un accesso più semplice alle risorse per imprese e professionisti.

Come definirebbe lo stato attuale dell’innovazione tecnologica in Italia rispetto agli altri Paesi europei?

«Sappiamo che l’Italia è classificata come “innovatore moderato” nel panorama europeo, posizionandosi al 23° posto sui 27 Stati membri dell’UE nel Digital Economy and Society Index (Indice DESI) a causa della mancanza di competenze tech, anche di base, nella popolazione. Questo contribuisce a creare ritardi nell’adozione delle tecnologie emergenti. Tuttavia, il Paese sta recuperando terreno grazie agli investimenti previsti dal PNRR e al crescente ruolo dei centri di competenza. START 4.0, ad esempio, ha completato con successo oltre 100 progetti con le imprese nel 2024, molti dei quali con contenuti formativi, dimostrando l’importanza di un approccio strutturato all’innovazione e finanziando, grazie al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, importanti innovazioni all’interno delle micro, piccole e medie imprese».

Quali settori tecnologici considera più promettenti per lo sviluppo economico italiano nei prossimi anni?

«L’intelligenza artificiale, la mobilità sostenibile e l’economia circolare. Alcune stime indicano che l’AI da sola potrebbe portare un incremento del PIL fino a 312 miliardi di euro nei prossimi 15 anni. Ma ricordiamoci che l’AI da sola non basta, occorre un approccio sistemico, dal cloud alla connettività, allo sviluppo dell’IoT e di altre soluzioni tecniche che abilitano il rilevamento di dati di qualità. Fondamentali le tecnologie per la cybersecurity e la protezione delle infrastrutture critiche, che rivestono un ruolo strategico in un Paese, come l’Italia, tra i più colpiti al mondo dagli attacchi. START 4.0 nel 2023 e 2024 ha supportato enti pubblici che gestiscono infrastrutture critiche nell’aggiudicarsi fondi per oltre 3 milioni di euro, dimostrando quanto sia cruciale investire in sicurezza digitale».

In che modo le politiche nazionali stanno favorendo la creazione di un ecosistema innovativo?

«Promuovendo l’innovazione attraverso investimenti significativi nella digitalizzazione e nella transizione ecologica. Il PNRR ha stanziato 48 miliardi di euro per il tech, una cifra tra le più alte in Europa.  Ritengo sia stato lungimirante da parte delle politiche nazionali creare partenariati pubblico-privati, perché è dimostrato che essi sono la vera chiave per l’innovazione. Per questo START 4.0 sta lavorando attivamente con la rete delle Camere di Commercio, i Centri di Ricerca e tutti i suoi Associati per supportare le micro, piccole e medie imprese (mPMI) che spesso faticano ad adeguarsi alle normative e a sviluppare competenze digitali, ma che rappresentano la colonna portante del tessuto produttivo italiano».

Come superare il gap di competenze che spesso impedisce alle imprese di adottare soluzioni innovative?

«È essenziale un investimento strutturato nella formazione continua. I centri di competenza come START 4.0 svolgono un ruolo cruciale: si pensi che nel 2024 oltre 45.000 persone sono state formate da noi e dai nostri associati su competenze digitali e cybersecurity. Questo dimostra come un approccio mirato e sistematico alla formazione possa ridurre il divario e favorire l’adozione di nuove tecnologie, soprattutto tra le mPMI».

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Che ruolo possono giocare gli incubatori e gli acceleratori nel favorire il trasferimento tecnologico?

«Sono soggetti fondamentali di questa rete per il trasferimento tech, ad esempio sappiamo che una delle sfide principali per una nuova impresa sia superare la cosiddetta “valle della morte”, il periodo critico in cui l’azienda ha iniziato ad operare ma deve ancora generare entrate con regolarità. È qui che il rischio di fallimento aggiunge i massimi. Per rispondere a questa esigenza, START 4.0 ha impostato un piano di supporto alle Startup e alle nuove imprese, che ha già cominciato a dare i primi risultati, ma prenderà il via in modo strutturato quest’anno, con l’obiettivo di accompagnare in questa fase cruciale, facilitando l’accesso a risorse e competenze necessarie alla crescita».

In che modo il sistema educativo può contribuire a creare figure professionali in grado di operare nel trasferimento tecnologico?

«Ci sarebbe molto da dire su questo punto. Il sistema educativo può contribuire formando giovani professionisti con competenze interdisciplinari, combinando conoscenze tecniche e capacità di gestione. I centri di competenza, in collaborazione con le università, hanno dimostrato di poter generare risultati significativi in questo senso, penso ad esempio al Master in Cybersecurity per le infrastrutture critiche che supportiamo da anni. Il punto di partenza, però, dovrebbe essere la scuola, per cui stiamo progettando attività, soprattutto in materia di sicurezza informatica. Rafforzare ancora di più la collaborazione tra università e industria è essenziale per preparare figure capaci di gestire il trasferimento tecnologico in maniera efficace. Ma gli atenei vanno supportati con le giuste risorse: i centri di competenza possono essere fondamentali, da questo punto di vista».

Ritiene che in Italia ci sia una cultura dell’innovazione sufficiente per sostenere il cambiamento tecnologico?

«L’Italia sta facendo progressi nel settore tech, ma esistono ancora resistenze. Lavorare in un contesto di partenariati pubblico-privati ha dimostrato che la collaborazione tra ricerca e industria è la chiave per superare queste barriere. Un cambiamento culturale che incentivi il rischio, la sperimentazione e il trasferimento tecnologico su larga scala è necessario per rendere l’innovazione più pervasiva nel Paese, ma bisogna essere vicini alle mPMI e ai loro problemi quotidiani per poter ottenere risultati significativi».

Ci sono best practice internazionali che potrebbero essere adottate in Italia per rafforzare  il dialogo tra ricerca e industria?

«Modelli di successo come i cluster tecnologici tedeschi o le collaborazioni pubblico-private nei Paesi nordici possono servire da esempio. L’Italia può migliorare il dialogo tra ricerca e industria incentivando la creazione di piattaforme condivise tra università, centri di ricerca e imprese, come già avviene nei competence center. START 4.0 ha dimostrato che un approccio strutturato alla collaborazione pubblico-privata può portare a risultati tangibili sia per le aziende sia per la ricerca. Però ribadisco: bisogna guardare allo stato dell’arte della ricerca, ma anche avere finanziamenti che possano permeare le mPMI. Solo conoscendo profondamente le realtà delle imprese e stando loro vicini è possibile generare ricadute positive».

Come vede il futuro dell’innovazione tecnologica in Italia nei prossimi 5-10 anni?

«Abbiamo il potenziale per colmare il divario con i Paesi leader nell’innovazione, ma per farlo è necessario rafforzare le infrastrutture digitali, la ricerca applicata e il sostegno alle imprese. Nei prossimi anni, il successo dipenderà dalla capacità del sistema economico di integrare soluzioni avanzate come l’intelligenza artificiale, la cybersecurity e in generale una trasformazione digitale sicura e sostenibile grazie alle nuove tecnologie. Il ruolo dei centri di competenza sarà sempre più strategico nel fornire supporto alle imprese e nel garantire l’aggiornamento costante dei modelli di innovazione».

Quali consigli darebbe a un giovane ricercatore o imprenditore che vuole investire nell’innovazione tecnologica?

«Io sono un ingegnere elettronico e l’innovazione, soprattutto digitale, è ciò a cui dedico e vorrei dedicare la mia vita; quindi, prima di tutto consiglio di studiare materie STEM a tutti i giovani, anche quelli che seguono percorsi umanistici. Inoltre credo fondamentale per innovare crearsi una solida rete di contatti sia nel mondo accademico, sia in quello tech e sia in quello industriale, restando aggiornati sulle tendenze tecnologiche globali e collaborando con incubatori e competence center per accelerare la propria crescita personale e aziendale. È fondamentale anche saper cercare opportunità di finanziamento, come i bandi europei o il venture capital, intuendo gli sviluppi del mercato tech. Questo perché avere una visione chiara e una strategia di lungo termine è essenziale per navigare con successo il panorama dell’innovazione tecnologica». ©





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