La Turchia ha ufficialmente negato ogni coinvolgimento nell’offensiva su Aleppo lanciata da vari gruppi che si oppongono al presidente siriano Bashar Al Assad, ma il successo dell’avanzata potrebbe fornire a Recep Tayyip Erdogan un’importante opportunità per rimpatriare i siriani che da anni vivono come rifugiati nel Paese, oltre che indebolire le forze curde ritenute dal capo di Stato turco «terroriste».
Si tratta di due obiettivi che Erdogan insegue da anni e se l’azione dei ribelli siriani si tramutasse in un successo consolidato, portando ad una situazione di stabilità nella Siria settentrionale martoriata dalla guerra, si potrebbero creare le condizioni favorevoli al raggiungimento di questi scopi.
Un controllo stabile sul nord ovest della Siria da parte delle forze filo-turche che si oppongono ad Assad permetterebbe ad Ankara di completare la costruzione di case destinate ad almeno un milione di rifugiati siriani, sugli oltre 3 milioni che da anni vivono in Turchia, dopo essere fuggiti dal Paese in guerra a partire dal 2011.
Gestione dei migranti al centro della controversia
Il progetto era stato ufficialmente annunciato, e avviato, già nella primavera del 2023 e prevede un finanziamento da parte del Qatar. «Stiamo costruendo le infrastrutture per il ritorno volontario dei siriani che vivono in Turchia», aveva affermato Erdogan durante la cerimonia inaugurale dell’iniziativa, che prevedeva inizialmente la costruzione di 240mila unità abitative.
L’accoglienza dei migranti siriani è sempre stata fortemente sostenuta dal capo di Stato turco ma negli ultimi tempi si è tramutata anche in una spina nel fianco per il leader.
Da anni, infatti, si susseguono episodi di violenza da parte di frange estreme della popolazione turca nei confronti dei rifugiati e, in generale, la maggioranza del Paese condivide un’opinione negativa nei loro confronti, ritenendo la politica del mantenimento dei migranti un peso sulla difficile situazione economica turca, sebbene Ankara riceva dal 2016 ingenti fondi da parte di Bruxelles per la gestione dei siriani.
Doppio vantaggio per Erdogan
Riuscire a rimpatriare i migranti porterebbe Erdogan a rafforzare il consenso interno in vista delle presidenziali del 2028, dopo la sconfitta alle amministrative in primavera e il successo del maggior partito di opposizione Chp, che è notoriamente a favore dell’espulsione dei rifugiati.
Il successo delle forze che si oppongono ad Assad rappresenta per Ankara anche una sponda fenomenale per colpire le forze curde – ritenute terroriste perché legate la Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) – in altre zone della Siria settentrionale, dopo che con varie operazioni militari, a partire dal 2016, la Turchia era già riuscita a ridurre la loro presenza nel nord ovest.
Significativa in questo senso la presa, da parte delle forze che si oppongono ad Assad, di Tal Rifat, cittadina a nord di Aleppo controllata dalle forze curde e utilizzata in passato anche per colpire l’esercito di Ankara, trovandosi a una decina di chilometri dal confine con la Turchia.
L’obiettivo di Ankara: respingere i curdi
Da anni Erdogan minaccia nuove operazioni oltre frontiera per distruggere quello che definisce il «corridoio del terrore», ovvero la fascia di territorio ancora controllato dalle forze curde che si staglia su gran parte del confine con la Turchia.
Con una presenza stabile dei ribelli filo-turchi nel nord ovest, Ankara potrebbe attaccare con più facilità le milizie curde nelle altre parti della Siria settentrionale, sia nell’area di Manbij, zona vicina a quelle designate per rimpatriare i rifugiati, sia ad est del fiume Eufrate.
SDA
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