Concorrenza sleale tra le imprese, pratiche fuorilegge che minano la libera concorrenza, cartelli che distorcono i meccanismi del mercato del lavoro. E soprattutto l’abuso di posizione dominante, diffusissimo tra i colossi del web. L’ultimo caso, salito alla ribalta della cronaca a metà novembre, riguarda Meta. Alla multinazionale tecnologica americana che ha come fiore all’occhiello Facebook è arrivata dalla Commissione europea una sanzione da 797,72 milioni di euro per pratiche abusive a vantaggio di Marketplace, la piattaforma commerciale del social. «L’indagine – si legge in un comunicato diffuso di recente da Bruxelles – ha rilevato che Meta detiene una posizione dominante nel mercato dei social network personali, che è ampio quantomeno quanto lo Spazio economico europeo, nonché nei mercati nazionali della pubblicità display online sui social media».
Violazioni e illeciti di questa natura sono ricorrenti. Smascherati e sanzionati dai funzionari che nella Commissione europea hanno compiti ispettivi e di controllo. Tra questi c’è Alessio Aresu, 42 anni, avvocato ogliastrino di Lanusei.
Figlio di un imprenditore e di un’insegnante, maturità classica al liceo del suo paese («la ritengo fondamentale per la mia formazione, il Classico mi ha insegnato tanto come metodo, logica, capacità di ragionare e base per l’apprendimento di diverse lingue»), Aresu si è laureato alla Bocconi di Milano con il massimo dei voti, ha conseguito la specializzazione in diritto ed economia d’impresa, ha un master LLM in diritto europeo e analisi economica al Collegio d’Europa di Bruges, dove successivamente ha lavorato come assistente accademico. Ora è funzionario permanente presso la Commissione europea, Direzione Concorrenza. Da tempo a Bruxelles, ha studiato e lavorato in materia antitrust negli ultimi 17 anni entrando a far parte della DG COMP nel 2021. In precedenza è stato Associate General Counsel – Competition and Regulatory in Meta con sede a Bruxelles (in sostanza allora era un controllato, oggi un controllore), consulente presso O’Melveny & Myers e senior associate presso Latham & Watkins. È stato anche Academic Assistant presso il Legal Studies Department del College of Europe (Bruges), responsabile della specializzazione in European Law and Economic Analysis (ELEA). Ha lavorato con Richard Whish, Mario Siragusa e Giorgio Monti. La sua esperienza in diritto ed economia antitrust si sostanzia in particolare in relazione ai settori digitale e ad alta tecnologia, che coprono abuso di posizione dominante, controllo delle concentrazioni e indagini sui cartelli. Quando svolgeva la libera professione era stato selezionato come “Future Leader” nel diritto della concorrenza da Who’s Who Legal di Global Competition Review nel 2018, 2019 e 2020. Quando faceva l’assistente accademico a Bruges gli era stato conferito un premio in memoria di Rafael Sanz Rodriguez per la migliore tesi del Dipartimento di studi giuridici, una pubblicazione a titolo personale.
Risponde al cronista di sabato mattina, in uno dei pochi momenti liberi, quando accompagna il figlio a giocare una partita di calcio. Premette di non poter scucire neanche mezza parola su indagini in corso e casi aperti. «Come Commissione – si limita a dire – stiamo attivamente monitorando le fattispecie di violazioni del diritto della concorrenza nel mercato del lavoro. Le restrizioni includono accordi di non bracconaggio (no-poach) e fissazione del livello massimo dei salari». Per i profani? «Quando parliamo di fissazione dei salari intendiamo un accordo tra aziende al fine di non offrire uno stipendio superiore a un certo livello. Quando parliamo di non bracconaggio stiamo parlando di aziende che si impegnano a non rubare dipendenti l’una all’altra. Questi accordi generalmente causano danni economici, riducono i salari e la mobilità del lavoro impedendo ai lavoratori di spostarsi dove sono più preziosi per l’economia. Questi accordi hanno effetti pesanti e rallentano la crescita del Pil hanno quindi un effetto sul l’economia in generale come risultato. Pensiamo che questi accordi siano vietati tout court, senza necessità di provare in concreto che producono un danno reale all’economia».
Nel merito delle indagini che la Commissione europea conduce Alessio Aresu non entra («non ne posso proprio parlare», risponde telegraficamente) sa – ma non lo dice – di occuparsi una materia che scotta e ha riflessi sull’economia dell’intero pianeta. Inutile chiedergli anche se la Sardegna stia sfruttando al meglio ciò che offre la legislazione europea in relazione a progetti, finanziamenti e altre opportunità. «Questo non è di mia competenza – risponde – e non ho informazioni tali da consentirmi un’analisi approfondita».
La Sardegna e l’Ogliastra gli sono rimaste nel cuore ma l’ipotesi di tornare «non è all’ordine del giorno. Sto bene a Bruxelles con la mia famiglia. Spostarmi adesso sarebbe impensabile. In futuro? Nulla si può escludere, ma attualmente, ripeto, il mio posto è qui».
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