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Fondi Pnrr in ritardo, il Comune di Genova accende due mutui con Cdp per Waterfront e Parco di lungomare Canepa #finsubito prestito immediato


Genova. “I tempi di erogazione dei trasferimenti Pnrr a seguito delle rendicontazioni effettuate risultano al momento piuttosto lunghi”. È questa la principale motivazione che ha spinto il Comune di Genova ad accendere due mutui con Cassa Depositi e Prestiti per non avere problemi di cassa durante la realizzazione del parco urbano lineare di lungomare Canepa e del Waterfront di Levante.

La comunicazione è comparsa ieri sugli atti ufficiali di Palazzo Tursi e le cifre sono di 4.500.000 di euro per lungomare Canepa e di 7.500.000 per il Waterfront.

Le due opere sono ‘collegate’ in quanto il finanziamento del Pui Piano urbano integrato, aveva inizialmente previsto 40 milioni solo per lungomare Canepa, ma nel 2023 il Comune aveva proposto una rimodulazione dividendo la cifra in 15 milioni per lungomare Canepa e in 25 milioni per il nuovo parco di piazzale Kennedy con sottostante parcheggio e revisione degli innesti su viale Brigate Partigiane.

Proprio per assicurare la liquidità necessaria, prima un decreto legge, poi una legge (la 143 del 2024), consente ai soggetti attuatori degli interventi Pnrr di richiedere alle amministrazioni centrali il trasferimento delle risorse finanziarie che servono per completare le opere entro il limite del 90%. Tuttavia manca ancora il decreto attuativo del ministero dell’Economia e delle finanze per renderla efficace.

Ad andare in soccorso agli enti pubblici arriva ormai sempre Cassa Depositi e Prestiti, che ha messo a disposizione di Comuni, Province e Città Metropolitane uno specifico prodotto denominato “Prestito investimenti Pnrr/Pnc” finalizzato al finanziamento parziale di quegli investimenti. Il finanziamento prevede un periodo di rimborso, a scelta, di 5 o 20 anni e può essere concesso per un importo massimo del 30% dei contributi riconosciuti agli enti in ambito Pnrr e Pnc. È possibile richiedere il mutuo entro il 31 dicembre 2025, erogabile fino al 31 dicembre 2026. La struttura del prestito si configura come forma di finanziamento flessibile, produttivo di interessi passivi solo in caso di effettivo utilizzo, con conseguente facoltà per l’Ente di non procedere ad alcun tiraggio nel caso il decreto attuativo tanto atteso, nel frattempo, arrivasse.

Il vicesindaco e assessore al Bilancio Pietro Piciocchi commenta: “Diversi Comuni medio-piccoli l’hanno già fatto. Noi speriamo nel decreto e che poi venga attuato con tempistiche veloci, ma vista anche l’entità di Pnrr per il Comune di Genova e visto che finora lo Stato non è stato poi così tempestivo, abbiamo pensato di coprirci un pò, almeno per le opere più grosse”.

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Perché i fondi sono in ritardo

Un’analisi della Corte dei Conti europea, attraverso la relazione speciale n°13/2024 ha un titolo esemplificativo: ‘Assorbimento dei fondi del dispositivo per la ripresa e la resilienza – Progressi a rilento: rimangono a rischio il completamento delle misure e, quindi, il conseguimento degli obiettivi del dispositivo stesso’.

Il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrd) è stato istituito in risposta alla pandemia di Covid-19 per un ammontare di 724 miliardi di euro. A fine 2023 erano stati trasferiti solo 213 miliardi di euro dalla Commissione alle casseforti nazionali. Non è detto poi che questi soldi siano arrivati ai destinatari finali, fra cui imprese private, società pubbliche di servizi energetici e scuole. Di fatto, quasi la metà dei fondi Rrf erogati ai 15 Stati membri che hanno fornito le necessarie informazioni al riguardo non aveva ancora raggiunto i destinatari finali.

L’Italia a fine 2023 ha comunque presentato tutte le richieste di pagamento rispetto ai calendari indicativi degli accordi operativi.

Le motivazioni per cui i fondi sono in ritardo sono diverse.

L’Italia, rileva la Corte dei Conti, per esempio ha ritardato l’obiettivo di notificare l’aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per la costruzione di 2 500 stazioni di ricarica rapida per veicoli elettrici entro il secondo trimestre del 2023, in quanto nessun soggetto aveva presentato domanda per una parte della misura. Ciò era imputabile principalmente alla carenza di materie prime. L’Italia ha poi formulato la proposta di rinviare questa parte della misura, che è stata accettata dalla Commissione.

La Corte ha esaminato se i Pnrr contenessero informazioni sull’esistenza di una riserva di progetti maturi. Inoltre, ha valutato se vi fossero problemi di assorbimento derivanti da progetti non
sufficientemente maturi all’avvio dell’Rrf o, in generale, inadatti alla tempistica di tale dispositivo. In occasione dei colloqui, le autorità nazionali hanno dichiarato che le informazioni o il livello di dettaglio da includere nei rispettivi Pnrr sulla maturità dei progetti nella riserva non erano chiari, in quanto non erano specificati negli orientamenti della Commissione. In Italia tali descrizioni erano presenti, ad esempio, solo in cinque delle dieci misure selezionate, per le quali era indicato solo che erano state selezionate in risposta agli orientamenti della Commissione di dare priorità ai progetti maturi.

Il Pnrr italiano comprendeva un investimento per lo sviluppo di infrastrutture per la produzione di energia elettrica offshore, con il ricorso anche a tecnologie sperimentali che utilizzano le correnti e il moto ondoso per generare energia pulita. A seguito di consultazioni pubbliche e di ulteriori indagini da parte delle autorità italiane, è emerso che il processo di autorizzazione dei progetti beneficiari
della misura era incompatibile con il periodo di attuazione dell’Rrf. Le autorità italiane hanno pertanto formulato la proposta di eliminare la misura dal Pnrr, che la Commissione ha accettato previa valutazione.

Nel contesto dell’Rrf, i finanziamenti sono considerati assorbiti una volta erogati agli Stati membri, in quanto beneficiari dei fondi del dispositivo. L’assorbimento non significa pertanto che tali fondi abbiano raggiunto i destinatari finali.  Secondo la Corte dei Conti circa la metà dei fondi ricevuti dagli Stati membri aveva raggiunto i destinatari finali.

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L’Italia ha completato una serie di riforme della pubblica amministrazione, anche in relazione alle procedure di assunzione, all’istituzione del sistema informatico per monitorare e gestire l’attuazione dell’Rrf e la semplificazione delle procedure amministrative. Ha inoltre incluso un traguardo sull’aumento della capacità amministrativa delle autorità locali. Tuttavia, nel marzo 2023 l’istituzione
superiore di controllo italiana ha rilevato difficoltà relative all’elevato avvicendamento del personale assunto e ha sottolineato che le procedure per l’attuazione del Pnrr erano complesse e molte autorità non disponevano ancora dell’organico necessario.

Un’analisi dei singoli Stati membri rivela che 16 di essi prevedevano di completare i traguardi e gli obiettivi relativi ad almeno il 30% dei propri investimenti solo nel 2026, con valori che andavano dal 30% nel caso della Spagna al 62% nel caso dell’Italia e al 70% in quello della Polonia.

Alla fine del 2023 l’Italia ha ricevuto il 46% dei fondi su una quota di traguardi e obiettivi conseguiti in misura soddisfacente pari al 34%. Una percentuale comunque che vale il quarto posto in Europa. Entro il 2026 dovrà completare poco meno del 50% delle misure ma la percentuale di fondi che deve ricevere ammonta solo a circa il 15%.

Un Pnrr in continua modifica

Lo scorso 18 novembre il Consiglio europeo ha dato il via libera a un’ulteriore richiesta di modifica del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) presentata dal governo italiano. Questa procedura è stata avviata almeno una volta da tutti gli stati membri. Tuttavia il nostro Paese è l’unico ad aver presentato 4 istanze di questo tipo, come riporta Openpolis.

La modifica del Pnrr italiano ha riguardato 27 misure e 45 scadenze. La tendenza è stata quella di non intervenire tanto sulle tempistiche quanto sui contenuti, allentando alcuni vincoli inizialmente previsti. Tra le altre motivazioni per cui è accettata una modifica ci sono anche: l’individuazione di alternative migliori per il conseguimento degli obiettivi; la correzione di errori materiali; l’inserimento del RepowerEu. È la Commissione europea a valutare le richieste di modifica.





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