La recente richiesta di ErreDiPi, la Rete per la difesa delle pensioni, di alzare il tasso di remunerazione degli averi di vecchiaia al 4% per gli affiliati all’Istituto di previdenza del Cantone Ticino (Ipct) “è legalmente ed economicamente insostenibile”. Lo affermano, in un comunicato congiunto, i sindacati Vpod, Ocst e Sit.
Una richiesta insostenibile: il o i motivi? Anzitutto il quadro generale. Scrivono i tre sindacati: “L’Ipct ha migliorato la sua situazione rispetto agli anni passati e sta proseguendo con successo il suo piano di rifinanziamento, che dovrebbe portare il grado di copertura all’85% entro il 2051, come previsto dalla legge cantonale. A fine 2024 il grado di copertura dell’Ipct sarà di circa il 68,1%, leggermente inferiore al 68,3% previsto inizialmente, ma con una variazione minima legata all’andamento dei mercati nell’ultimo mese dell’anno. È importante ricordare – aggiungono – che questo grado di copertura è ancora relativamente basso, poiché il Cantone ha scelto di risanare l’Ipct con contributi straordinari annuali distribuiti su quarant’anni, anziché in un’unica soluzione nel 2013. Quest’anno, grazie ai buoni risultati degli investimenti, l’Ipct dovrebbe ottenere un rendimento del 5,5%, un risultato positivo, considerando che la resa media annua dal 2013 è stata del 3,5%, influenzata anche da anni negativi, come il 2022, che ha visto una perdita del 9,2%”.
‘Scatterebbe la segnalazione del perito all’autorità federale di vigilanza’
Ebbene, osservano Vpod, Ocst e Sit, senza mai citare nella nota stampa ErreDiPi, “questi dati chiariscono che, purtroppo, non è economicamente possibile garantire una remunerazione del 4% per il capitale individuale nel 2025, come proposto da una petizione online”. Se il Consiglio di amministrazione dell’Istituto di previdenza del Cantone Ticino “dovesse comunque decidere di adottare questa proposta, il perito dell’Ipct non la approverebbe e segnalerebbe una gestione inadeguata all’autorità federale di vigilanza, che porterebbe alla destituzione del Consiglio e al commissariamento dell’Ipct”. A quel punto il tasso di remunerazione, avvertono, “sarebbe ridotto al minimo previsto dalla Legge federale sulla previdenza professionale, ovvero all’1,25%”.
’No a polemiche politiche contro il direttore’
Non è tutto. Alludendo all’interpellanza depositata venerdì scorso dell’Mps, i tre sindacati ritengono che “per il bene di tutte le persone assicurate, attive e pensionate, sia dannoso sollevare polemiche politiche contro l’Ipct (che non accorda il 4%) e contro il suo direttore (che si è limitato a fare valutazioni tecniche sulla remunerazione delle prestazioni pensionistiche)”. Ocst, Sit e Vpod insistono invece “sull’importanza di garantire una gestione oculata e responsabile della cassa pensioni cantonale, che tuteli gli interessi di tutti gli affiliati (attivi e pensionati) nel rispetto delle leggi e del sistema previdenziale: sottolineiamo infine che un blocco della decisione sulla remunerazione degli averi di vecchiaia per il 2025 sarebbe un atto pericoloso, poiché porterebbe inevitabilmente alla riduzione della remunerazione al minimo legale del 1,25%.
I tre sindacati “si batteranno uniti per tutelare gli interessi degli associati, proponendo un tasso di remunerazione superiore al minimo Lpp anche per il 2025, sperando di ottenerlo così come fatto consecutivamente negli ultimi tre anni”. Per “raggiungere” questo obiettivo, chiedono “un dialogo costruttivo tra i rappresentanti dei dipendenti e dei datori di lavoro all’interno del Consiglio di amministrazione dell’Ipct”, allo scopo “di trovare una soluzione condivisa” entro la “metà” di questo mese.
La spaccatura
È però chiara la spaccatura in seno al Cda dell’Ipct fra i rappresentanti (in totale cinque) degli assicurati attivi: da una parte ErreDiPi (entrata per la prima volta, nell’ultimo rinnovo del Consiglio, con tre rappresentanti) e dall’altra Ocst e Vpod (il rappresentante dei Sit non è stato rieletto).
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