Bassano del Grappa, un premio alla giustizia e alla verità










Al termine della premiazione del 28 febbraio al Teatro Remondini di Bassano del Grappa il giurista Mauro Ronco ringrazia tutti, onorato per essere stato insignito del Premio Internazionale Cultura Cattolica, dopo una lunga teoria di grandi personaggi: «Se guardo l’elenco dei premiati, mi sento un nanetto dal punto di vista intellettuale. Occorre però avere anche l’umiltà di accettare le cose belle che ti vengono regalate. […] Siamo nell’anno del Giubileo della speranza e dobbiamo coltivare noi stessi la speranza sia della vita eterna, ma anche una speranza sociale. I tempi non sono molto lieti, ma ci sono anche segni di speranza da coltivare, auspicando che l’impegno per la verità e della verità del diritto raggiunga anche la popolazione e il mondo circostante e che queste iniziative abbiano uno sviluppo sociale che forse non è stato ancora loro oggi garantito».

Tra gli illustri premiati in quarantadue anni, cui fa riferimento Ronco, compaiono (solo per citarne alcuni) i filosofi Augusto del Noce e Cornelio Fabro, il pontefice Joseph Ratzinger (allora cardinale), i cardinali Giacomo Biffi, Carlo Caffarra, Camillo Ruini, Angelo Scola, il fondatore di Comunione e Liberazione don Luigi Giussani, i giornalisti e scrittori Vittorio Messori e Cesare Cavalleri, il teologo René Laurentin, il romanziere Eugenio Corti, l’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede Mary Ann Glendon.

Da sempre ha colpito la capacità della Scuola di Cultura Cattolica, di cui è oggi presidente David Bozzetto, di valorizzare l’opera di persone che hanno profuso il loro impegno in ambiti così diversi. L’attività culturale non riguarda infatti un settore specifico del sapere e della realtà, ma si traduce in un’azione che illumina ogni particolare della vita con la luce della verità incontrata.

L’ambito del diritto è senz’altro centrale nella società. Il lavoro del giurista Ronco è stato davvero encomiabile nel valorizzare la vita dall’inizio alla fine, nel cercare il bene della persona e nell’uomo, anche laddove abbia commesso un reato grave, cercando sempre di distinguere la colpa dalla persona. Le motivazioni della Giuria del Premio per il 2024 (consegnato venerdì 28 febbraio 2025), presieduta dal prof. Lorenzo Ornaghi, lo riconoscono: «Giurista insigne, scrittore versatile e polemista acuto, è figura di riferimento per tutti coloro che, nel mondo del diritto – e non solo –, intendono dare testimonianza alla verità in un’epoca soffocata dalla dittatura del relativismo».

La verità e la giustizia sono due valori che Ronco ha sempre ricercato, ma sarebbe più corretto dire che ha sempre perseguito, avendoli incontrati. Il giurista ha incontrato la verità, perché, come ha ricordato nella serata della Premiazione, Cristo che è la via è la verità e la vita. Ed è questo che lo ha orientato e che lo ha indirizzato, che gli ha dato il coraggio fin da quando era giovane nel perseguire i propri obiettivi e a combattere le buone battaglie.

Ronco ha sempre amato la giustizia. Ha profuso tutto il suo impegno perché la giustizia fosse davvero tale e fosse umana, perché fosse orientata verso la verità, perché il diritto positivo si uniformasse a quello naturale e universale.

Il suo lavoro non è mai stato individualista e solitario, ma sempre indirizzato e guidato da grandi maestri. Uno di questi è senz’altro Rosario Livatino, magistrato che ha dato la vita per la lotta alla giustizia nel tentativo di perseguire la verità e di combattere la mafia. Proprio Rosario Livatino è diventato il primo magistrato elevato agli onori degli altari, ucciso a 38 anni dalla mafia in odium fidei il 21 settembre 1990.

Il magistero di Livatino nella vita di Ronco è rimarcato dal fatto che lui sia presidente del Centro Studi Rosario Livatino, associazione di giuristi nata nel 2015 (grazie all’intuizione di Alfredo Mantovano), che studia il diritto alla vita, la famiglia e la libertà religiosa in un’ottica di coerenza con il diritto naturale.

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Nella serata della premiazione rispondendo alle domande – selezionate tra tutte quelle che i ragazzi del Comune dei Giovani gli hanno rivolto – Ronco ha profuso parole di speranza in questi tempi che sembrano oscuri anche nell’ambito della valorizzazione della vita.

Più che emanare nuove leggi, commenta Ronco, bisogna attuare bene quelle che già esistono. Ad esempio è fondamentale che si permetta a tutti di accedere alle cure palliative per accompagnare meglio il malato al termine con una riduzione del dolore e delle sofferenze.

Troppo spesso i mezzi massmediatici promuovono la cultura della morte, inducendoci a pensare che anche sul fine vita si sia ormai giunti alla vittoria di chi vuole l’eutanasia. Ronco sottolinea che esiste una distanza tra i contenuti della comunicazione dei mass media e la realtà del diritto.

L’Italia è il Paese che meglio ha saputo tutelare la vita. «L’aiuto al suicidio è un delitto. Contraddice la sacralità della vita. Di fronte alle pretese della persona che si arroga il diritto di potere tutto nella Costituzione italiana compaiono il principio della solidarietà con gli altri e il valore della vita» commenta Ronco.

In Italia la difesa della vita è stata combattuta con esiti molto più positivi rispetto ad altre realtà nel mondo, soprattutto se si considera quelle europee, come ad esempio l’Olanda, dove sta già circolando il principio del termine della vita deciso dalla persona indipendentemente dal dolore, dove si discute del fatto che una persona abbia diritto a essere uccisa quando ritiene il percorso della vita terminato.

Questa è l’epoca della speranza, in cui non bisogna desistere, bisogna conservare la posizione di valorizzazione della vita.

È una questione di verità e di giustizia. La verità valorizza, salvaguarda l’uomo in tutte le sue sfaccettature, in tutte le circostanze, anche nella malattia e nella debolezza. La vita merita sempre di essere vissuta, in qualsiasi situazione, dall’inizio alla fine.




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