Tutti i problemi e limiti della consulenza finanziaria indipendente


La consulenza finanziaria indipendente è un modello straordinario. Permette di servire il cliente senza conflitti di interesse, con trasparenza e senza pressioni commerciali per vendere prodotti finanziari. È, senza dubbio, la forma più pura di consulenza, ed è per questo che ho scelto di fondare Athena SCF, una società di consulenza finanziaria indipendente.

Tuttavia, come ogni settore, anche questo ha le sue difficoltà. E non parlarne sarebbe poco onesto. Se da un lato il modello di consulenza indipendente offre enormi vantaggi agli investitori, dall’altro presenta una serie di problemi strutturali che ne limitano la crescita e l’efficienza.

Alcuni di questi problemi derivano da un quadro normativo obsoleto e soffocante, altri da limitazioni operative e altri ancora dalla mancanza di strumenti adeguati per lavorare con efficienza. Il risultato? Un mercato che fatica a scalare e una professione che potrebbe essere molto più accessibile e sostenibile di quanto lo sia oggi.

Perché questo articolo?

Non voglio che questo articolo venga visto come una lamentela o una critica fine a sé stessa. Al contrario, il mio obiettivo è portare consapevolezza e, soprattutto, stimolare un dibattito costruttivo su come la consulenza finanziaria indipendente possa evolversi e superare i suoi limiti attuali.

Quali sono i problemi?

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Vediamoli insieme.

Problema N°1: Software (da qui si creano e propagano a cascata altri problemi)

Attualmente esiste un enorme vuoto di mercato che genera un’inefficienza colossale, di dimensioni bibliche.

Premessa: Questa non è una critica fine a sé stessa, né un’accusa ai fornitori di software. Al massimo, è una critica costruttiva. Una semplice constatazione oggettiva, con la consapevolezza che l’innovazione richiede tempo.

I software utilizzati dai consulenti finanziari indipendenti – per obblighi normativi e burocratici – non sono realmente innovativi. Non creano un vero valore per il consulente, ma al contrario, gli fanno perdere un’infinità di tempo. Tempo che potrebbe essere risparmiato grazie all’automazione, riducendo così anche i costi diretti e indiretti.

ok l’ho detto :D.

Scena corazzata

A parte gli scherzi, non voglio offendere nessuno con questa affermazione, ma la realtà è questa.

Il problema, a mio avviso, nasce da due fattori:

1. La professione è ancora giovane, quindi il settore non ha ancora raggiunto una maturità tecnologica.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

2. Il mercato è dominato da pochi fornitori di software, che di fatto operano in una situazione simile a un oligopolio.

In un contesto del genere, non ci sono stati veri incentivi a innovare. Probabilmente, si è preferito incamerare i profitti senza restituire reale valore ai clienti, come accade spesso nei monopoli, oligopoli o cartelli.

Non sto giudicando: forse, se fossi stato nella stessa posizione, avrei fatto lo stesso.

Ma il problema esiste.

Gran parte dei flussi operativi dei software attualmente disponibili sono sbagliati e inefficienti (a livello di flow e processo logico).

A dimostrazione di ciò, c’è chi ha creato un software innovativo per automatizzare processi inutili e ha fatto un’exit da 1,3 milioni di euro in pochi mesi. Questo dimostra che il problema è reale e che c’era un’enorme domanda per soluzioni più efficienti.

Non è un’opinione personale: è la realtà confermata dal libero mercato.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Le inefficienze lato software generano a cascata i seguenti problemi:

1. Gli indipendenti (soprattutto SCF) non riescono a servire clienti con piccoli capitali.

2. Gestione complicata delle operazioni e degli eseguiti.

3. Troppe attività manuali che fanno perdere tempo ai consulenti.

4. Anche i clienti finiscono per perdere tempo.

5. Più tempo perso dal consulente = costi più alti per i clienti.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Fortunatamente, stanno emergendo nuovi attori nel settore software. La concorrenza porta competizione e la competizione porta innovazione.

Alcuni miglioramenti stanno già arrivando: un recente aggiornamento di un software ha permesso di risparmiare almeno 30 minuti di lavoro per consulente. (Davvero ottimo)

Non è un caso.

Ma siamo ancora lontani da soluzioni veramente efficienti e su misura per la nostra professione. C’è ancora molta strada da fare.

Problema N2: Target (quasi) impossibile da servire

Ad oggi, strutturalmente, un consulente finanziario indipendente fa fatica a seguire clienti con capitali inferiori a 200.000 euro.

Questo problema riguarda soprattutto le SCF (Società di Consulenza Finanziaria) più che i singoli consulenti autonomi.

E il motivo è semplice: software inefficienti, normative e burocrazia rendono impossibile (o comunque sconveniente) seguire target con patrimoni ridotti.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Vuoi sapere il paradosso?

Credo seriamente che chi disponga di capitali inferiori ai 200k dovrebbe affidarsi ai promotori finanziari…

(coltellata alla gola per me 😅, si scherza)

Ovviamente, se la persona interessata non opta per:

Investimento in autonomia (previa formazione).

Robo-advisor.

Portafogli modello.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Consulenze orarie o una tantum.

Ma il paradosso è che oggi chi ha grandi capitali continua a rivolgersi alle banche, mentre chi ha pochi soldi sta iniziando a valutare gli indipendenti.

Crazy world. Dovrebbe essere il contrario.

(Ovviamente, ci sono delle eccezioni. Ma ancora il grosso è in mano delle banche.)

Per cercare di limare questo problema, ho creato:

Formazione sul PAC in ETF per chi parte da zero e deve costruire il capitale.

Portafogli modello.

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Consulenze orarie.

Consulenze una tantum.

Ma non è la stessa cosa. E, soprattutto, le consulenze orarie e una tantum MIFID non sono sostenibili per una SCF o un CFA.

Quelle generiche possono funzionare, ma le consulenze MIFID… no.

Prendiamo la consulenza una tantum MIFID.

Noi di Athena SCF attualmente la offriamo a 500€ + IVA, ma chi ha patrimoni ridotti spesso la percepisce come troppo costosa (a meno che non gli venga spiegato bene il valore aggiunto che offre).

Ma la realtà è questa:

🔹 Una parte va via in IVA.

🔹 Una parte in tasse.

🔹 Una parte in costi operativi.

🔹 Una parte va al CFA.

🔹 Una parte all’SCF.

E se calcoliamo onestamente tutte le ore impiegate (anche solo per la burocrazia)… non ha senso.

Non è colpa del cliente, è semplicemente una questione strutturale: al momento non ci sono le condizioni per servire questo segmento di mercato in modo sostenibile.

Chi può riuscirci?

Al momento, servire clienti con patrimoni ridotti è possibile solo per:

Singoli CFA in fase di startup.

Chi dispone e disporrà di software davvero innovativi e ha processi altamente automatizzati.

Per tutti gli altri? Mission impossible.

Il mercato cambierà? Probabilmente sì, ma per ora, queste sono le regole del gioco.

Problema N3: Operatività ed eseguiti

Uno dei limiti più evidenti della consulenza finanziaria indipendente è che il consulente non può operare direttamente sul conto del cliente.

Non fraintendermi: è giusto che sia il cliente a confermare e approvare le operazioni. Ma nella pratica, questo sistema è estremamente scomodo per il cliente.

Oggi il consulente non acquista né vende direttamente gli strumenti finanziari per conto del cliente. Il cliente deve eseguire le operazioni in autonomia, seguendo le indicazioni del consulente, oppure – ed è qui che emerge un paradosso – con l’aiuto di un consulente della banca.

Sì, hai letto bene: ci sono clienti che si affidano a un consulente indipendente per la strategia di investimento, ma poi si rivolgono al consulente bancario per eseguire le operazioni.

L’ideale per il cliente sarebbe un processo fluido e automatizzato, come avviene con i promotori finanziari.

Ma con la consulenza indipendente le cose funzionano diversamente:

• Il consulente non ha accesso diretto agli eseguiti del cliente.

• Se il cliente non invia gli eseguiti, il consulente non può monitorare correttamente il portafoglio.

• Senza un portafoglio aggiornato con prezzi e quantità, il lavoro del consulente diventa più complesso.

Il vero problema?

Molti clienti non inviano gli eseguiti al consulente.

Non lo fanno di proposito, semplicemente è una procedura scomoda. Hanno la loro vita, i loro impegni, ed è comprensibile che non abbiano voglia di gestire questa ulteriore attività manuale.

Ma senza eseguiti aggiornati, il consulente perde una visione chiara della situazione finanziaria del cliente.

E anche quando il cliente segue le raccomandazioni, il processo rimane lungo e dispendioso in termini di tempo, sia per il cliente che per il consulente.

Probabilmente sarà la concorrenza e l’innovazione tecnologica a risolvere questo problema.

Oggi esistono già connessioni tra alcuni software e intermediari come Banca Sella e Directa, che semplificano il processo: il cliente riceve un link via email, clicca, e tutto si sincronizza automaticamente.

Ma siamo ancora lontani da una soluzione realmente efficiente. Servirebbe estendere questa integrazione ad altri intermediari per rendere il sistema davvero fluido.

Una delega sarebbe una soluzione?

Per legge, il consulente finanziario indipendente non può accedere direttamente al conto del cliente. L’unica possibilità è una delega one-time, dopo la quale il cliente dovrebbe cambiare credenziali per motivi di sicurezza.

Anche questa soluzione, però, risulta poco pratica.

E questo, a mio avviso, non è un problema da poco.

Problema N°4: Burocrazia, burocrazia e ancora burocrazia

Uno dei problemi più grandi per i consulenti finanziari indipendenti è la quantità di incombenze burocratiche da gestire.

Non voglio annoiarti con dettagli inutili, ma la realtà è questa: solo per rimanere compliant, un consulente deve affrontare un lavoro enorme.

Tra le attività richieste ci sono:

Gestire l’anagrafica clienti.

Richiedere, archiviare e aggiornare tutta la documentazione.

Caricare ogni eseguito nel database inviolabile senza perdere nulla.

Monitorare tutto costantemente, senza commettere errori. E tanto altro ancora.

E con i software attualmente disponibili sul mercato, tutto questo è complicato. Davvero complicato.

Oltre a gestire questa burocrazia, un consulente deve anche:

✔ Seguire i clienti.

✔ Fare attività di marketing e promozione per acquisirne di nuovi.

✔ Occuparsi di formazione e aggiornamento continuo.

È normale che, con così tante responsabilità, qualcosa possa sfuggire.

E il rischio è concreto: in caso di controlli OCF, un consulente potrebbe trovarsi non perfettamente in regola, non per dolo o negligenza, ma per la difficoltà oggettiva di tenere tutto sotto controllo.

Parlando con Massimo Scolari, ho avuto uno spunto di riflessione interessante su questo tema.

Mi ha fatto notare che la sezione SCF e CFA comporta un’attenzione maggiore per l’OCF, proprio per il livello di burocrazia che devono monitorare e controllare.

Il punto è che questa complessità non è adeguatamente coperta dalle quote di iscrizione che SCF e CFA pagano all’albo.

Paradossalmente, sono i promotori finanziari a mantenere in piedi la sezione indipendenti.

Se dovessimo coprire l’intero costo della burocrazia che grava sia su di noi che sull’OCF, le quote di iscrizione per SCF e CFA sarebbero proibitive.

Questo è un altro esempio di quanto il sistema attuale sia strutturato male e poco efficiente.

La soluzione? Più personale o software migliori

Se i software non migliorano, SCF e CFA devono assumere personale amministrativo dedicato solo alla compliance.

Ma qui nasce un altro problema: questo è un costo che non genera valore.

• Non aumenta il fatturato.

• Non migliora la qualità della consulenza.

• Serve solo a rimanere in regola con la burocrazia.

Tutta questa inefficienza lato software e questo enorme dispendio di tempo e denaro scoraggia i giovani consulenti indipendenti dal mettersi in proprio.

Non è un settore in cui è facile partire da zero.

Meglio diventare promotore finanziario?

Onestamente, sono poche le persone a cui consiglierei di lanciarsi da subito come consulente finanziario indipendente senza una struttura solida alle spalle.

La realtà è che collaborare con una SCF diventa quasi obbligatorio.

Ma come in ogni scelta finanziaria, esiste un trade-off:

• Entrare in una SCF significa cedere una parte importante della parcella pagata dal cliente.

• Le SCF, però, non hanno la struttura di una banca o di una rete commerciale.

• Non possono permettersi di pagare per tre anni di stipendio fisso un giovane consulente.

• Non riescono a formarlo e supportarlo adeguatamente nei primi anni di carriera.

Risultato? Per un giovane, è molto più semplice partire come promotore finanziario all’interno di una banca o di una rete, piuttosto che tentare da subito la via della consulenza indipendente.

Problema N°5: Marketing insufficiente e mancanza di consapevolezza

Molti investitori non sanno nemmeno che esiste la consulenza finanziaria indipendente, semplicemente perché il modello bancario e assicurativo domina il mercato.

Anche se alcune SCF – in particolare 2-3 – hanno fatto un buon lavoro di marketing per diffondere questa figura professionale, la strada da percorrere è ancora lunga.

La buona notizia? Non è più tutta in salita.

SCF e singoli CFA non potranno mai competere – almeno per ora – con il budget che banche e reti commerciali investono nel marketing.

Passeggiando per Milano, mi è venuto naturale rifletterci.

Le banche fanno marketing ovunque: spot TV, pubblicità digitali, sponsorizzazioni, e persino enormi cartelloni pubblicitari in giro per la città.

ADS mediobanca Premier – Milano

Possono permetterselo senza problemi.

Nessuna SCF o CFA può competere con questa potenza di fuoco.

Ed è del tutto normale che sia così.

Certo, man mano che SCF e CFA cresceranno, i budget per il marketing aumenteranno di conseguenza.

Ma, realisticamente, non arriveremo mai ai livelli delle banche.

Il vero ostacolo, però, non è solo una questione di visibilità.

La maggior parte dei clienti è abituata a ricevere “consigli gratuiti” da banche e promotori, senza rendersi conto che in realtà stanno pagando attraverso commissioni elevate sui prodotti venduti.

Il consulente finanziario indipendente, invece, viene percepito come un costo aggiuntivo, senza che il cliente colga realmente il valore della consulenza personalizzata.

Questa è la sfida più grande da superare: educare il mercato. Far capire che la vera consulenza finanziaria non è quella “gratuita” delle banche, ma quella che tutela davvero gli interessi del cliente.

Problema N°6: Diffidenza da parte del pubblico

Negli ultimi anni la situazione sta cambiando, ma ancora molti potenziali clienti scelgono la “solidità” della banca, percependola come un’istituzione sicura e affidabile, presente da sempre nel sistema finanziario.

È una questione di fiducia e abitudine: la banca è un punto di riferimento, qualcosa che esiste da generazioni e che viene percepita come stabile e garantita dallo Stato.

Ma questa percezione è corretta?

Molti clienti vedono la banca come un luogo sicuro solo perché esiste da sempre e perché gestisce direttamente i loro soldi.

Ma questo ragionamento è parziale:

La solidità di una banca dipende dal suo bilancio e dalla sua gestione interna. Non tutte le banche sono uguali e nel tempo diverse hanno avuto problemi (fallimenti, crisi, salvataggi statali, fusioni forzate).

La vera sicurezza non viene solo da un nome storico, ma dalla qualità della gestione finanziaria e della tutela dei clienti.

A differenza delle banche, una SCF o un consulente finanziario indipendente non gestisce direttamente il denaro del cliente.

Ecco perché non ha senso valutare la solidità di una SCF o di un CFA basandosi sui bilanci, come si farebbe con una banca.

Nel settore della consulenza finanziaria indipendente, la tutela del cliente è garantita da:

Assicurazioni obbligatorie che coprono eventuali danni da negligenza professionale.

Modelli di consulenza senza conflitti di interesse, che mettono al primo posto il benessere finanziario del cliente.

Quindi, da un punto di vista pratico, il patrimonio della SCF o del CFA non è un fattore rilevante per il cliente, perché non esiste il rischio che il consulente “fallisca” con i suoi soldi.

Perché la banca continua a vincere?

Nonostante queste differenze, molti clienti preferiscono ancora la banca per due motivi principali:

1. Fiducia storica: la banca è un’istituzione consolidata, presente da sempre nella loro vita.

2. Semplicità operativa: chi si affida alla banca non deve preoccuparsi di eseguire operazioni, riceve consulenza “gratuita” e non si pone troppe domande sui costi nascosti.

Il problema è che questa fiducia spesso non è ben riposta.

Problema N7: Pagare la parcella per un cliente che pensa che la consulenza sia gratuita, + iva al 22%

Uno dei principali svantaggi competitivi della consulenza finanziaria indipendente è la disparità fiscale rispetto alle banche, alle reti commerciali e ai promotori finanziari.

Un CFA o una SCF, nel momento in cui fattura la parcella al cliente, deve applicare il 22% di IVA.

Le banche e i promotori, invece, non hanno questo obbligo.

È evidente che non si tratta di una competizione ad armi pari. È come confrontare un’azienda che fattura dall’Italia con una che opera da una giurisdizione a fiscalità agevolata.

Chi ha un carico fiscale inferiore può permettersi di:

Reinvestire maggiormente nel proprio business.

Abbassare i costi per acquisire più clienti.

Non è esattamente ciò che accade nel settore della consulenza finanziaria indipendente, ma il concetto è lo stesso: partire con un handicap fiscale rende più difficile competere sul mercato.

Oltre al problema fiscale, c’è un altro ostacolo fondamentale: molti investitori ancora oggi credono che la consulenza in banca sia gratuita.

Nel 2025, questa convinzione è ancora diffusa, eppure è un concetto facilmente smontabile.

Il punto è che il costo della consulenza bancaria è nascosto all’interno dei prodotti venduti.

Le commissioni vengono prelevate giornalmente dal valore della quota (NAV) del fondo o del prodotto finanziario, rendendo il costo quasi impercettibile nel breve termine.

Il cliente non si accorge di nulla, perché non deve scrivere un assegno o fare un bonifico: semplicemente, il rendimento che ottiene è inferiore a quello che avrebbe avuto senza quei costi.

La parcella del consulente finanziario indipendente, al contrario, è un costo chiaro, trasparente e visibile. Il cliente la vede immediatamente, sa quanto paga e per quale servizio.

Questo è un enorme vantaggio in termini di etica e trasparenza, ma rappresenta anche un ostacolo psicologico per molti potenziali clienti.

Pagare una parcella in modo esplicito richiede una consapevolezza finanziaria che non tutti hanno. Molti investitori preferiscono un costo nascosto, anche se nel lungo termine può essere molto più alto, piuttosto che una parcella evidente e definita.

Questa situazione pone un’ulteriore sfida per i consulenti indipendenti: devono spiegare al cliente, con prove e dati oggettivi, perché pagare una parcella è più conveniente rispetto ai costi occulti delle banche.

Devono far comprendere che:

• Il costo della parcella è un investimento per ricevere una consulenza senza conflitti di interesse.

• La consulenza bancaria non è gratuita, ma il costo è mascherato dalle commissioni sui prodotti.

• Con una consulenza indipendente, il cliente ha maggiore controllo e trasparenza sui costi.

Questo è un compito aggiuntivo che un promotore finanziario non deve affrontare. Chi lavora per una banca non deve giustificare nulla: il cliente accetta il modello senza nemmeno metterlo in discussione.

Fortunatamente, grazie al lavoro di formatori finanziari, divulgatori e YouTuber, sempre più persone stanno aprendo gli occhi su queste dinamiche.

Cresce la consapevolezza che la consulenza in banca non è affatto gratuita e che il costo della trasparenza è inferiore al costo dell’ignoranza.

Dalle mie parti si dice che da quando è morto San Francesco, nessuno fa più nulla gratis.

E nel mondo della finanza, questa regola vale ancora di più.

Problema N°8: Partire da 0 è difficilissimo, soprattutto per i giovani

Ne ho parlato recentemente con Massimo Scolari, durante un incontro a Milano.

La realtà è semplice: iniziare da zero in questo settore è estremamente difficile, soprattutto per chi è giovane o per chi proviene da un ambito completamente diverso.

Diffidate da chiunque presenti questa professione come accessibile a tutti o facilmente scalabile.

(Nota: non è un’accusa verso qualcuno in particolare, ma un dato di fatto.)

Perché è così complicato?

• Senza una rete di contatti solida, acquisire clienti è un percorso lungo e complesso.

• Chi non ha esperienza pregressa in banche o reti, spesso si trova impreparato ad affrontare la realtà del settore.

• Il mercato è ancora dominato dal modello bancario, e far comprendere il valore della consulenza indipendente richiede tempo, pazienza e strategia.

Se qualcuno mi chiedesse un consiglio su questa carriera, gli direi di non lanciarsi in autonomia senza una base solida.

E per i promotori vicini alla pensione?

Un’altra riflessione riguarda i promotori finanziari prossimi alla pensione.

Per loro, il passaggio alla consulenza indipendente ha poco senso.

Entrare in questo mondo significherebbe rimettersi totalmente in gioco, affrontare una burocrazia più complessa e ripensare il proprio modello di business.

Chi è a pochi anni dalla pensione, a meno che non voglia intraprendere un nuovo percorso a lungo termine, farebbe meglio a rimanere nel sistema bancario o nelle reti.

Ci sarebbe molto altro da dire su questi aspetti, ma non voglio dilungarmi troppo qui.

Approfondirò meglio il tema nelle prossime newsletter, dove analizzerò nel dettaglio le difficoltà di avviare una carriera nella consulenza indipendente e quali strategie possono rendere questo percorso più sostenibile.

Problema N°9: Only ETF

Gli ETF sono strumenti finanziari straordinari, con l’unico limite – a mio avviso – della fiscalità (su cui ho anche una mia teoria complottista).

Negli anni ho letteralmente bombardato i social con contenuti sugli ETF:

• Ho realizzato corsi a cui hanno partecipato anche promotori finanziari.

• Ho organizzato eventi dedicati.

• Ho portato avanti una comunicazione continua sul tema.

In realtà, l’uso degli ETF non è un problema in sé.

Il vero punto critico è un altro: la stragrande maggioranza dei consulenti indipendenti utilizza e promuove esclusivamente gli ETF, senza valutare altre soluzioni finanziarie.

Eppure, proprio perché indipendenti, dovrebbero sfruttare l’intero ventaglio di strumenti finanziari disponibili, scegliendo quelli più adatti alle esigenze specifiche di ogni cliente.

Esistono CFA autonomi e SCF che utilizzano anche fondi a gestione attiva e altri strumenti, quando appropriato. Tuttavia, molti consulenti indipendenti restano ancorati solo agli ETF.

Non è un problema reale, ma è una tendenza che potrebbe essere rivista per garantire una consulenza più ampia e flessibile.

Problema N°10: Attacchi continui ad altri consulenti

Faccio mea culpa e ammetto la mia parte di responsabilità.

Sono stato tra i principali promotori – almeno via social – di critiche anche molto forti non tanto verso i singoli promotori finanziari, ma verso il sistema della consulenza finanziaria tradizionale: banche, reti, promotori e tutto ciò che ne deriva.

Ho attaccato ripetutamente:

I costi elevati e poco trasparenti.

Il modello basato sulla vendita di strumenti, anziché sulla consulenza reale.

I conflitti di interesse latenti.

Le rendicontazioni dove i costi sono scritti in carattere minuscolo.

L’uso improprio della parola “indipendente” da parte di chi indipendente non è.

Il far credere ai clienti che la consulenza bancaria sia gratuita.

La demonizzazione degli ETF da parte di alcuni operatori tradizionali.

Sono tutti aspetti che ancora oggi reputo gravi e che mi fanno arrabbiare, ma con il tempo ho iniziato a maturare una riflessione diversa.

Attaccare di continuo la consulenza tradizionale è controproducente

Oggi mi rendo conto che non è etico, né professionale, né deontologicamente corretto impostare la comunicazione basandosi solo sulla critica agli altri.

Se mi conosci, probabilmente questa affermazione ti farà sorridere, ma credimi: sto cambiando idea su questo punto.

Non sopporto più il continuo attacco ai promotori finanziari.

Non avrei mai pensato di arrivare a questa conclusione, ma stare a martellare sempre sullo stesso tema, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, è diventato semplicemente pesante e ripetitivo.

Tutti gli indipendenti lo fanno. E francamente, ha stancato.

C’è una grande differenza tra affrontare il problema in modo oggettivo, come ho fatto recentemente parlando della consulenza evoluta offerta da alcune banche, e passare il tempo a screditare un’intera categoria.

Fare leva sui difetti del sistema tradizionale per promuovere la consulenza indipendente è una strategia ormai abusata.

Paragonarsi costantemente ai promotori e cercare di sminuire il loro ruolo non aggiunge valore alla professione di consulente indipendente.

Credo che tutti i consulenti finanziari – e in particolare gli indipendenti – dovrebbero seguire un corso di etica professionale.

È un peccato che questo tema non sia incluso né tra le materie d’esame, né tra le ore formative obbligatorie annuali.

Ho suggerito a Massimo Scolari di introdurre qualche ora di etica nella formazione obbligatoria per i consulenti finanziari indipendenti. Spero che questa proposta venga presa in considerazione.

Perché il settore ha bisogno di elevare la qualità della sua comunicazione e smettere di basarla solo sul confronto con il modello tradizionale.

Problema N°11: Costi e posizionamento sbagliato

Questo punto è strettamente legato al precedente.

Per anni, la comunicazione della consulenza finanziaria indipendente è stata fortemente incentrata sul risparmio dei costi. Io stesso, lo ammetto, ho contribuito a questo messaggio.

Abbiamo posizionato la consulenza indipendente come un’alternativa ai portafogli bancari con costi insostenibili del 3%, puntando sulla riduzione delle spese per il cliente.

Il risultato? Molti investitori ci vedono principalmente come un modo per abbattere i costi, piuttosto che come veri e propri pianificatori finanziari.

Non c’è nulla di sbagliato nel far risparmiare sui costi di investimento – anzi, è un vantaggio enorme – ma la consulenza finanziaria indipendente è molto più di questo.

• Non è solo una questione di ridurre le commissioni.

• Non si limita a selezionare strumenti finanziari più efficienti.

• È un servizio completamente diverso dalla vendita di prodotti finanziari.

La vera consulenza finanziaria indipendente è pianificazione finanziaria a 360 gradi, e in teoria, il cliente dovrebbe essere disposto a pagarla molto di più di quanto già paga (spesso senza saperlo) in banca.

La comunicazione del settore avrebbe potuto essere impostata in modo diverso, soprattutto da chi è presente sul mercato da più tempo.

Abbiamo posizionato il nostro servizio enfatizzando il prezzo più basso, senza considerare che in marketing questa leva ha senso solo se si offre lo stesso prodotto o servizio.

Ma qui il servizio è totalmente differente.

Avremmo potuto sfruttare altre leve di marketing per comunicare il vero valore della consulenza indipendente, senza focalizzarci solo sul risparmio.

Il cliente che arriva da un consulente indipendente è spesso già informato, consapevole di come funzionano i costi e gli investimenti.

A differenza di chi si affida a un promotore finanziario tradizionale senza farsi troppe domande, il cliente che cerca un CFA o una SCF è molto più attento ai costi e tende a trattare sul prezzo del servizio.

Questo ha creato un effetto boomerang: da un lato, abbiamo educato il cliente a non farsi fregare dalle banche, dall’altro abbiamo abbassato la percezione del valore del nostro lavoro.

Chi mi segue da tempo forse si starà chiedendo se sono impazzito.

No, semplicemente faccio mea culpa. Sono stato uno dei principali promotori di questa comunicazione – almeno sui social e sui blog – e riconosco che sia stato un errore strategico.

Ora il settore deve ripensare il proprio posizionamento: il valore della consulenza indipendente non è solo nel risparmio, ma nella qualità del servizio e nella tutela degli interessi del cliente.

Problema N°12: Formazione obbligatoria totalmente inutile

I consulenti finanziari devono completare 30 ore di formazione obbligatoria ogni anno, e la maggior parte degli indipendenti si affida a piattaforme come Abilearning o Assoreti per ottemperare a questo requisito.

Ma questa formazione è davvero utile?

Premessa: posso essere criticato su molti aspetti, ma non su quello della formazione finanziaria.

Vengo da questo mondo.

• Ho creato e tenuto corsi per anni, testando quasi tutti i metodi di insegnamento disponibili.

• Ho formato migliaia di persone, inclusi consulenti indipendenti e promotori finanziari.

• Sono sia docente che studente: investo cifre importanti nella mia formazione, spaziando dalla finanza al marketing, dall’AI alla SEO.

Sono il primo a credere nell’importanza della formazione e sono disposto a pagare per corsi di valore.

Ma la realtà è che, ad oggi, la formazione obbligatoria per i consulenti è totalmente inutile.

Anche se gratuita (o quasi), non offre alcun valore reale.

Non voglio offendere nessuno con questa affermazione, anzi: spero che possa essere vista come una critica costruttiva. Se può servire da spunto per migliorare, tanto meglio.

Per darti un minimo di contesto:

Abilearning è gestita da ABIServizi S.p.A., società controllata dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI).

Assoreti, invece, è un’associazione che rappresenta le principali società di consulenza finanziaria in Italia. Ha creato Assoreti Formazione Studi e Ricerche S.r.l., società dedicata alla formazione dei consulenti finanziari.

Alcune delle società associate ad Assoreti includono:

Allianz Bank Financial Advisors

Banca Generali

Banca Mediolanum

FinecoBank

Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking

Quindi, possiamo davvero considerarle indipendenti?

Di fatto, chi si forma tramite questi percorsi rischia di essere influenzato dalla visione e dalle logiche del mondo delle banche e delle reti di promotori. Un bel paradosso per un consulente finanziario indipendente, no?

Dopo anni di corsi, ho individuato diverse criticità che rendono questa formazione più un obbligo da assolvere che un’opportunità di crescita:

1️⃣ Metodologia didattica inefficace

• Lezioni composte esclusivamente da slide o video + slide, senza alcuna interattività.

• Nessun coinvolgimento, nessun caso studio reale, nessun esercizio pratico. (N.B. c’è qualche case study ma nulla di interessante)

2️⃣ Esami a crocette: un sistema obsoleto e facilmente aggirabile

• I test di valutazione sono banalmente superabili con strumenti come ChatGPT o simili.

• Questo metodo non misura realmente le competenze, rende l’esame una pura formalità.

3️⃣ Presenza certificata, ma falsificabile

• Le piattaforme devono verificare le 30 ore di formazione richieste per legge.

Almeno su Abilearning, il sistema è facilmente falsificabile con software di autoclick, che permettono di risultare presenti senza effettivamente seguire le lezioni. (la verità è che tanti consulenti lo fanno)

4️⃣ Contenuti influenzati dalle reti e dal mondo dei promotori

• Gli indipendenti si formano su corsi pensati per i promotori finanziari, assimilando logiche e idee che spesso non sono adatte al loro modello di consulenza.

Non dico che sia sempre così, ma il rischio è concreto.

5️⃣ Programmi e metodi di insegnamento poco coinvolgenti

I contenuti non sono pensati per essere realmente utili ai consulenti, ma solo per rispettare i requisiti normativi.

Non c’è un vero interesse a creare un percorso di valore.

6️⃣ Formazione obbligatoria vissuta come un peso

• Questo, probabilmente, vale per il 99% dei consulenti finanziari. (fammelo sapere nei commenti)

• Personalmente, ogni anno ho sempre percepito queste 30 ore come una perdita di tempo.

• Le ho completate solo perché obbligatorie per legge, senza trarne alcun beneficio concreto.

Dopo anni di corsi inutili, sono passato alla formazione offerta da ASCOFIND, guidata da Massimo Scolari.

E qui il discorso cambia radicalmente.

Cosa la rende diversa?

Lezioni LIVE, con docenti competenti e argomenti realmente utili per un consulente finanziario.

Networking post-lezione, dove i consulenti possono confrontarsi, scambiarsi idee e creare connessioni professionali.

Formazione realmente indipendente, senza influenze di banche o reti.

Partecipare a questi corsi non è più un peso, ma un’opportunità.

Ovviamente, anche qui ci sono margini di miglioramento, ma non c’è paragone con Abilearning.

Su Assoreti, invece, non ho ancora un’esperienza diretta, ma i feedback ricevuti da altri consulenti non sono stati positivi.

Al di là dell’obbligo normativo, la formazione dovrebbe davvero servire ai consulenti, non essere un passaggio burocratico senza valore.

Se fatta bene, può essere un enorme vantaggio competitivo.

Ma così com’è strutturata oggi, nella maggior parte dei casi, non aggiunge alcun valore reale alla professione.

Serve un cambiamento.

Ripeto spero di non offendere nessuno, ma credo fermamente che gli indipendenti debbano sostenere una formazione realmente indipendente.

Problema N°13: Accesso al mercato dei capitali per le SCF

La consulenza finanziaria indipendente rappresenta un modello di eccellenza per la tutela degli investitori, garantendo l’assenza di conflitti di interesse e una pianificazione basata esclusivamente sulle necessità del cliente. Tuttavia, il disegno istituzionale che ne regola l’attività in Italia, e in particolare la normativa che disciplina le Società di Consulenza Finanziaria (SCF), ha creato un ambiente ostile alla crescita di queste realtà.

Il Decreto Ministeriale 66 del 2012 ha introdotto restrizioni significative che limitano la capacità delle SCF di attrarre capitali.

Questo rappresenta un problema cruciale, poiché impedisce loro di finanziare progetti di sviluppo a lungo termine, costringendo i consulenti a sostenere direttamente la crescita delle società con risorse proprie.

Uno dei principali vincoli imposti dalla normativa riguarda i requisiti per soci e amministratori. Le regole attuali stabiliscono che i soci e i membri del consiglio di amministrazione debbano essere esclusivamente persone fisiche e, in molti casi, direttamente coinvolte nell’attività di consulenza. Questo impedisce l’ingresso di investitori esterni, privando le SCF della possibilità di ottenere finanziamenti necessari per migliorare le proprie infrastrutture, ampliare il personale o adottare nuove tecnologie.

Inoltre, questa impostazione limita la possibilità di una gestione manageriale efficiente. In una normale società di capitali, la separazione tra proprietà e gestione consente ai manager di concentrarsi sullo sviluppo strategico dell’azienda, mentre gli investitori forniscono i capitali necessari.

Nel caso delle SCF, invece, i consulenti si trovano costretti a ricoprire più ruoli contemporaneamente: non solo quello di professionisti della consulenza, ma anche di azionisti, finanziatori e dirigenti. Questo comporta un’inefficienza gestionale che rallenta la crescita del settore e riduce l’attrattività della consulenza finanziaria indipendente come opportunità imprenditoriale.

Il principio dell’indipendenza è stato giustamente posto al centro della normativa sulle SCF per proteggere i clienti da possibili conflitti di interesse. Tuttavia, questa scelta si è trasformata in un vincolo eccessivo che penalizza la crescita di queste società, invece di favorirne lo sviluppo. L’assenza di flessibilità nella struttura societaria impedisce alle SCF di evolversi, mentre altri attori del mercato, come le banche e le SIM, godono di una maggiore libertà operativa e finanziaria.

In un contesto in cui la consulenza finanziaria indipendente sta acquisendo sempre più rilevanza a livello internazionale, il perimetro istituzionale imposto dal DM 66/2012 risulta anacronistico e soffocante. Se l’obiettivo del legislatore era quello di garantire trasparenza e protezione degli investitori, il risultato ottenuto è invece un freno alla competitività delle SCF, ostacolando l’accesso a risorse finanziarie indispensabili per competere con le grandi realtà del settore finanziario.

Per permettere alle SCF di svilupparsi in modo sostenibile, è necessario rivedere la normativa in alcuni punti chiave:

  1. Apertura ai capitali esterni – Consentire l’ingresso di investitori non consulenti, pur mantenendo adeguate garanzie di indipendenza.
  2. Separazione tra gestione e proprietà – Permettere l’adozione di modelli manageriali più efficienti, dove i consulenti non siano obbligati a ricoprire ruoli gestionali e finanziari.
  3. Maggiore flessibilità nei requisiti per gli amministratori – Permettere l’ingresso di figure professionali con competenze manageriali per favorire lo sviluppo strategico delle SCF.

Senza una riforma di questi aspetti, le SCF continueranno a essere penalizzate rispetto agli altri attori del settore finanziario, con il rischio di limitare il potenziale di un modello che invece rappresenta un’alternativa virtuosa per gli investitori.

La consulenza finanziaria indipendente è una scelta coraggiosa per chi vuole operare senza conflitti di interesse.

Conclusione: La Consulenza Finanziaria Indipendente Deve Evolversi per Espandersi

La consulenza finanziaria indipendente è, senza dubbio, il modello più etico e trasparente per servire gli investitori. Permette di operare senza conflitti di interesse, con un approccio personalizzato e focalizzato esclusivamente sulle esigenze del cliente. Ma, come abbiamo visto, non è un modello perfetto.

I problemi che ho evidenziato in questo articolo – dai software inadeguati alla burocrazia eccessiva, dal disegno normativo soffocante alla difficoltà di servire clienti con capitali ridotti – sono ostacoli reali che rallentano la crescita del settore e limitano l’accesso a questa forma di consulenza per una fascia più ampia di investitori.

Cosa deve cambiare?

Se vogliamo che la consulenza finanziaria indipendente diventi una vera alternativa mainstream e non resti un servizio per pochi, è necessario affrontare queste criticità con un approccio pragmatico. Alcuni punti su cui bisogna lavorare:

  • Innovazione nei software → Servono strumenti più efficienti per gestire il lavoro del consulente e ridurre la componente manuale, così da poter servire più clienti senza sacrificare la qualità del servizio.
  • Riforma del quadro normativo → Le SCF devono poter accedere ai capitali e adottare modelli di gestione più flessibili, senza essere limitate da regole obsolete.
  • Meno burocrazia, più efficienza → Le normative devono garantire trasparenza e protezione per gli investitori, ma senza soffocare l’operatività dei consulenti con adempimenti inutilmente complessi.
  • Più educazione finanziaria → La percezione che la consulenza finanziaria indipendente sia “cara” o “un lusso” deve essere ribaltata. Il vero costo è quello nascosto nelle commissioni bancarie, non una parcella trasparente.
  • Migliore accessibilità → Con modelli più flessibili, automazione e un quadro fiscale più equo, anche chi ha patrimoni inferiori dovrebbe poter accedere alla consulenza indipendente senza barriere insormontabili.

Verso il futuro: un settore in trasformazione

Nonostante le difficoltà, il mercato sta cambiando. La richiesta di consulenza indipendente cresce, le persone sono più consapevoli dei costi nascosti degli intermediari tradizionali, e nuovi strumenti stanno emergendo per rendere più efficiente il lavoro dei consulenti.

Chi sceglie di operare in questo settore oggi sta contribuendo a una rivoluzione che cambierà il modo in cui le persone gestiscono i loro investimenti. Il cambiamento è già in atto, ma per renderlo davvero efficace servono innovazione, miglioramenti strutturali e la volontà di superare i limiti attuali.

La consulenza finanziaria indipendente è il futuro, ma solo se sapremo renderla più efficiente, accessibile e scalabile.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link