Trump “sfiducia” Zelensky: stop agli aiuti militari


Una sfiducia in piena regola, quella del presidente statunitense Donald Trump all’omologo ucraino Volodymyr Zelensky: nella notte italiana è arrivata la notizia dello stop agli aiuti militari di Washington a Kiev in risposta a una presa di posizione di Zelensky che definiva “ancora molto, molto lontana” la fine della guerra con la Russia di Vladimir Putin su cui puntano i negoziati diretti tra Mosca e gli Usa iniziati a febbraio. Tutto questo poco dopo il braccio di ferro dello Studio Ovale di venerdì, in cui Trump e il vicepresidente J.D. Vance hanno messo sotto pressione il capo di Stato ucraino.

Lo stop alle armi

La sfiducia è totale: Washington sospenderà la consegna di tutti gli aiuti militari previsti in arrivo all’Ucraina, da un pacchetto di immediata disponibilità di 1 miliardo di dollari agli 11 miliardi di armamenti ancora disponibili di un piano da 31 miliardi di dollari negoziati da Joe Biden e dal Congresso a fine 2024. Complessivamente, gli Usa secondo il Kiel Institute for the World Economy hanno contribuito con oltre 100 miliardi di dollari alla Difesa dell’Ucraina, con appalti che, ricorda il Washington Post, spesso hanno garantito l’acquisto di armamenti prodotti negli Stati Uniti o hanno garantito, tramite lo svuotamento dei magazzini, nuove commesse interne.

Non si tratterà di una pausa definitiva ma di uno stop temporaneo per mettere sotto pressione Zelensky e convincerlo a trattare. Prima dell’annuncio Vance, parlando all’anchor di Fox New Sean Hannity, aveva dichiarato che “non ci sono abbastanza vite ucraine, non ci sono abbastanza soldi americani e non ci sono abbastanza munizioni per finanziare questa cosa indefinitamente. L’unica via realistica per portare questa cosa a un accordo è la via del Presidente Trump. Incoraggiamo sia il Presidente Zelensky che il Presidente Putin a seguire quella via”.

Usa, all’Ucraina imposto uno stop temporaneo

E proprio a Fox News è stato confidato il fatto che Trump aveva pronta questa decisione, con un anonimo funzionario che ha dichiarato che “gli aiuti militari rimarranno sospesi finché i leader ucraini non dimostreranno un impegno a proseguire in buona fede i negoziati di pace”. In sostanza, ha detto il funzionario, “stiamo sospendendo e rivedendo i nostri aiuti per assicurarci che i nostri partner contribuiscano a una soluzione”.

Comunque la si pensi, un dato chiaro emerge: la visita alla Casa Bianca non ha fatto bene a Zelensky. L’atteggiamento di Trump e Vance è stato indubbiamente aggressivo ma il presidente ucraino è arrivato senza un piano diplomatico, dalla ricerca di sponde con gli Usa per porre fine alla guerra alla volontà di prendere ciò che c’era di pragmaticamente raggiungibile nel negoziato con gli Usa (avviato da Kiev peraltro) sull’accordo minerario tra Ucraina e Stati Uniti. Del resto, nel colloquio un dato è emerso: mai Trump e Vance hanno negato il sostegno militare a Kiev. Anzi, Trump ha pure rivendicato di esser stato il primo presidente Usa, tra il 2017 e il 2018, a fornire equipaggiamento pesante all’esercito ucraino.

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Lo scivolone di Zelensky, negoziatore inadeguato

Come ricorda il New York Times, “gli ucraini hanno insistito sul fatto che non deporranno le armi se non riceveranno garanzie di sicurezza, sostenute dagli Stati Uniti, che impediscano al Cremlino di riorganizzarsi e attaccare nuovamente”. Ma allora perché Zelensky è volato a Washington per dialogare su un accordo non concluso senza tali garanzie e mettendo a repentaglio anche la sua affidabilità per l’attuale amministrazione? La sensazione che il 28 febbraio abbia segnato una svolta e non solo per la rottura personale tra Zelensky e il duo Trump-Vance è palese.

Del resto, la decisione di Trump arriva a valle del summit europeo di Londra in cui se da un lato è emerso che il Vecchio Continente ha ancora voglia di sostenere Kiev e le sue aspirazioni di libertà dall’invasione russa, dall’altro tutti i maggiori Paesi, a partire da Regno Unito e Francia, hanno esplicitamente pensato a proposte di pace inquadrate nel negoziato guidato da Washington, non in antitesi ad essa.

Morale: l’attore-chiave per l’Ucraina restano gli Stati Uniti. E National Interest ricorda con amarezza che Zelensky “si è rivelato inadeguato come negoziatore” e l’Ucraina “ha ora due opzioni: allinearsi dietro Trump per fare un accordo con la Russia o agire da sola senza il supporto degli Stati Uniti. È chiaro che gli europei non hanno la forza per sostituire l’America in questa guerra” e con lo stop alle forniture di armi Trump intende ricordarlo con durezza a Trump. Una strategia sicuramente diretta ma che in un’ottica realista riflette la visione del presidente Usa basata sui rapporti di forza, che spesso Zelensky si è rifiutato di considerare. E questo, al netto di ogni discorso sul cinismo delle motivazioni di Trump, sta contribuendo a mettere in profonda difficoltà la capacità dell’Ucraina di proseguire la guerra

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