Il macellaio di San Pietro Clarenza dietro le estorsioni nel Catanese


CATANIA – Prende il nome dall’attività lavorativa di Orazio Giuseppe Santonocito, ritenuto il principale indagato e titolare di una macelleria equina a San Pietro Clarenza, l’operazione di oggi a Catania denominata “Old Horse“. Secondo le indagini, dal 2016 Santonocito avrebbe ricoperto il ruolo di responsabile della famiglia Santapaola-Ercolano per i territori di San Pietro Clarenza e Belpasso. La sua macelleria non sarebbe stata solo un’attività commerciale, ma anche il luogo di incontro per riunioni con affiliati e vittime di estorsione. Il soprannome “il macellaio di San Pietro Clarenza”, usato dagli stessi membri del clan, veniva evocato per incutere timore e obbligare gli imprenditori locali a cedere alle richieste estorsive.

Il ruolo del macellaio di San Pietro Clarenza e il nome dell’operazione di oggi a Catania

Santonocito, secondo le accuse, svolgeva un ruolo chiave nelle estorsioni, fungendo da mediatore nel recupero crediti per conto del clan, con metodi intimidatori e violenti. Oltre a somme di denaro, il gruppo avrebbe ottenuto indebiti vantaggi sotto forma di beni materiali, come generi alimentari destinati agli affiliati detenuti.

Le indagini

L’operazione è frutto di un’inchiesta condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Gravina di Catania tra marzo 2021 e aprile 2023. Sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia. L’indagine si basa su dichiarazioni di collaboratori di giustizia e su riscontri investigativi derivanti dalle operazioni precedenti “Sotto Scacco” (2021) e “Black Lotus” (2019). Quest’ultime avevano già delineato l’organigramma dei gruppi criminali affiliati alla famiglia Santapaola-Ercolano, operanti a Belpasso e San Pietro Clarenza.

Le intercettazioni e le ulteriori attività investigative avrebbero confermato il controllo mafioso della zona da parte del clan, con particolare interesse nelle estorsioni e nello spaccio di droga.

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Su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, con il supporto della Compagnia di Intervento Operativo (C.I.O.) del XII Reggimento “Sicilia”, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di nove persone.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso armato, estorsione, acquisto, detenzione e cessione di stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso.

La struttura del gruppo criminale

Secondo gli inquirenti, il gruppo era altamente organizzato e gerarchico, con ruoli ben definiti. Oltre alla gestione diretta delle attività illecite, gli affiliati avrebbero mantenuto rapporti con altre organizzazioni criminali, utilizzando intimidazioni e violenza per consolidare il proprio potere sul territorio.

Come da tipico modus operandi mafioso, il clan gestiva una “cassa comune”, alimentata dai proventi delle estorsioni e del traffico di droga, destinata anche al sostegno economico dei detenuti affiliati.

Il traffico di droga

Sebbene l’attività principale del gruppo fosse l’estorsione, lo spaccio di marijuana sarebbe stato gestito da Alfio Caruso, ritenuto il braccio destro di Santonocito. Il traffico di droga avrebbe avuto anche la funzione di impedire l’ingresso di altri gruppi criminali nel territorio di San Pietro Clarenza e Belpasso.

Arresti in flagranza e sentenze

Durante le indagini, i Carabinieri hanno già eseguito tre arresti in flagranza di reato per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Uno degli episodi riguarda un’imposizione estorsiva nei confronti di un imprenditore locale.

Per questa vicenda, è già stata emessa una condanna in primo grado nei confronti di alcuni imputati, tra cui Orazio Giuseppe Santonocito e Alfio Caruso. Le nuove contestazioni includono ulteriori episodi di estorsione che non erano stati contestati al momento degli arresti in flagranza.

Conclusioni

L’operazione “Old Horse” rappresenta un duro colpo alla famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano e alla sua capacità di controllo del territorio. Gli indagati restano presunti innocenti fino a sentenza definitiva, ma le prove raccolte delineano un’organizzazione radicata, dedita all’imposizione del pizzo e al traffico di droga, con una struttura efficiente e pericolosa.

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