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cos’è l’alternativa per la crescita delle imprese italiane #finsubito prestito immediato


Roma, 7 dicembre 2024 – Gli imprenditori fanno sempre più fatica a crescere attraverso i veicoli tradizionali: sbarcare in Borsa o chiedere un prestito a banche e altre società di investimento è spesso complicato, complice una congiuntura economica poco favorevole. Per questo guardano con crescente attenzione a nuove modalità di sviluppo, come i mercati privati. Tra le strade percorribili si sta affermando in particolare il modello dei club deal. Introdotto in Italia per primo da Tamburi Investment Partners di Giovanni Tamburi, i club deal hanno preso piede nel nostro Paese e oggi rappresentano una realtà consolidata. A fare scuola è stata anche ABC Company, società benefit guidata da Stefano Taioli. Nel corso di un evento a Bologna, Taioli ha illustrato le ultime operazioni della società e i vantaggi per investitori e aziende di investire in un club deal piuttosto che in un veicolo differente. Vediamo quali.  

Come funziona un club deal

I club deal sono sempre più diffusi in Italia tra imprenditori e grandi investitori interessati a puntare su società promettenti senza affidarsi ai fondi tradizionali. Un gruppo di investitori privati si unisce sotto la guida di manager esperti, spesso provenienti da fondi o banche d’investimento, che individuano le migliori opportunità. Alla guida di questo gruppo ci sono manager esperti, spesso provenienti dal mondo dei fondi o banche d’investimento, che mettono le loro competenze a disposizione per individuare le opportunità migliori. L’operazione si basa su un veicolo di investimento temporaneo, controllato da una holding che detiene la maggioranza e coordina il progetto, mentre gli altri investitori partecipano con quote minori. L’obiettivo è aumentare il valore della società target per poi procedere alla exit, cioè la vendita a un prezzo più alto. Una volta conclusa l’operazione, il veicolo viene sciolto, sfruttando vantaggi fiscali come il regime della participation exemption. I club deal rappresentano una formula snella e mirata, ideale per investire con il supporto di esperti e senza i vincoli dei fondi tradizionali.

Numeri in forte crescita

Negli ultimi anni i club deal hanno registrato una crescita significativa sia in Italia che a livello globale. In Italia il 2022 è stato un anno di forte sviluppo, con un ulteriore incremento nel 2023, anno in cui secondo i dati dell’osservatorio sugli investimenti diretti e i club deal di PwC si sono registrate 194 operazioni. A livello globale secondo un rapporto di McKinsey del 2020, il valore degli asset investiti nei mercati privati è stimato a 6.000 miliardi di dollari, con oltre il 50% negli Stati Uniti e circa il 30% in Asia. Una recente survey di PwC inoltre mostra come i family office continuino a preferire i club deals e i co-investimenti, perché le famiglie ritengono storicamente molto importante sia la presenza di un management altamente qualificato, sia di un contesto di mercato favorevole per l’azienda target.

Le società target

Nel mirino di un club deal ci sono società solitamente di piccola-media dimensione, con le quali si cerca di avviare un percorso di crescita collettivo. “Le società target per noi devono essere società in salute, che riconoscono di aver bisogno di un po’ di denaro e competenze per avviare un progetto di crescita”, segnala in questo senso Taioli. “Guardiamo a chi intende crescere in vari modi: per linee esterne, per acquisizioni, per incremento della quota di export”. L’obietto di queste realtà, e la promessa dei club deal, è quella di “crescere al meglio senza essere soffocati: ci confrontiamo con imprenditori che auspicabilmente vorremmo rimanessero alla guida”. Una volta individuata la società target “avviamo una due diligence che abbraccia vari aspetti dell’azienda: legale, fiscale, contabile, di business, di governance, Esg. L’aspetto della sostenibilità in particolare “per noi è costitutivo. È uno degli elementi che rende investibile o no l’asset, è bianco o nero”. E quanto alla scelta degli imprenditori, “ci interessa trovare un imprenditore che ci scelga a sua volta, non siamo solo noi a scegliere lui ma è anche lui che sceglie noi”, aggiunge specificando che si tratta quindi di un contesto non competitivo, a differenza del private equity.  

Le differenze con il private equity

Il modello del club deal è più flessibile rispetto a altri veicoli legati ai mercati privati, come il private equity. “Consente di portare maggiori competenze industriali, grazie alla possibilità di coinvolgere esperti specifici per ogni operazione”, evidenzia Taioli ricordando che anche “dal punto di vista dei costi, il club deal è molto più competitivo sia per gli investitori che per la società target. Inoltre, riduce significativamente il rischio di conflitti di interesse”. Secondo il manager la flessibilità del modello si manifesta in diversi aspetti: tempi, durata e struttura degli investimenti, oltre alla forma stessa dell’operazione. Con i club deal si possono acquisire sia partecipazioni di maggioranza che di minoranza, a seconda delle esigenze degli investitori. Un altro vantaggio per è che non vi è alcun obbligo di partecipare a ogni operazione: ciascuno può decidere volta per volta se investire o meno. “Questo è molto diverso dal private equity, dove l’investitore sottoscrive il fondo in anticipo e attende i rendimenti a lungo termine, senza avere voce in capitolo sugli investimenti. Nel club deal, invece, non solo gli investitori possono scegliere se partecipare, ma hanno anche un ruolo attivo nel processo decisionale”, conferma Taioli.  

I prossimi passi di ABC Company

A oggi ABC Company ha strutturato tre club deal più un investimento in Giotto Cellino Sim a luglio 2024. Tra gli imprenditori di spicco coinvolti nelle operazioni ci sono Marco Ruini, tra i principali azionisti del gruppo Bomi attivo nella logistica e a oggi parte del gruppo mondiale Ups e Mattia Ravizza, presidente e amministratore delegato di Haemotronic Spa a partire dal 2005. Abc Company è partecipata per un 20% da investitori istituzionali, per un 40% da family office e per un ultimo 40% da imprenditori. Guardando ai prossimi passi, Taioli spiega che “abbiamo una pipeline molto fitta e numerosa. Abbiamo già firmato tre lettere di intenti e contiamo di farequalche annuncio a breve. Stiamo guardando ad altre operazioni di acquisizione strategiche che dovrebbero essere simili a quella di Giotto Cellino Sim, per rimanere nel nostro perimetro e creare un ecosistema di servizi alle nostre società target”.  

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