L’analisi di Ferruccio de Bortoli sulla politica industriale che fa troppe promesse vane, i piani del cioccolato Gobino e della pasta salutare Andriani
L’industria italiana è in declino? Oggettivamente sì, sul piano del contributo alla produzione di ricchezza nazionale. Ma si può vivere solo di turismo e servizi? Obiettivamente no, anche perché il loro sviluppo dipende pure dall’industria. Quindi? Serve un piano coordinato di rilancio dell’economia del Paese a partire proprio dall’industria, che non s’innesti però su incentivi variabili, legati agli strattoni dell’attualità. Bisogna agevolare chi si prende il rischio d’impresa e investe.
Lo sostiene Ferruccio de Bortoli che sull’Economia del Corriere della Sera, in edicola domani gratis con il quotidiano, affronta il tema, a ridosso della conclusione dei finanziamenti del Pnrr.
Il nodo delle automobili
«Il contributo dell’industria alla formazione del prodotto interno lordo continua a diminuire — scrive de Bortoli —. Era al 19,91% nell’era pre Covid. A settembre scorso l’Istat lo calcolava al 18,15%. Il governo promette di intervenire, è vero però che sta limitando gli strumenti a sua disposizione. Nel 2025 si assottiglieranno gli incentivi per l’innovazione e la produttività, diminuiranno i crediti d’imposta, scadranno infine le facilitazioni di Industria 4.0 e 5.0». Certo, c’è il paradosso di quel «residuo di bilancio tra gli 800 e i 900 milioni di incentivi» all’automotive: «Perché non sono stati usati?», si chiede de Bortoli. Che qui sollecita gli imprenditori a impegnarsi «anche con capitale di rischio proprio». E lo Stato a cercare, sì, i coinvestimenti privati, mantenendo però un equilibrio: che «non può essere raggiunto trasferendo sullo Stato il rischio d’impresa». Ed evitando la schizofrenia di plaudire alla ricerca di campioni nazionali, salvo poi arroccarsi davanti a operazioni paneuropee come Unicredit-Commerzbank.
Nell’industria in crisi, un posto di primo piano è occupato dall’automotive e dietro la clamorosa frenata del settore in Europa c’è la scalata della Cina, con i suoi motori elettrici e le vetture innovative immesse in Occidente a minor costo. L’Economia approfondisce l’argomento e dedica la copertina a Wuang Chuanfu, fondatore, presidente e ceo di Byd. Partendo dalle batterie dei telefonini, il miliardario cinese che ha superato Tesla nella vendita di auto elettriche sbarca nella Germania della Volkswagen: un problema per le case europee. Lancia l’allarme Cina anche Sonia Bonfiglioli, socia e ceo del gruppo omonimo della meccatronica. «L’automotive è solo la punta dell’iceberg — dice —. La Cina sta sviluppando colossi in tutti i settori, può davvero superare l’Europa». Mentre in Italia, rivela L’Economia, si polarizzano anche i sindacati: più forte nella rappresentanza la Cgil, molto deboli gli autonomi.
Pasta e cioccolato
Tra i personaggi della settimana c’è Michele Andriani, presidente e ceo del gruppo Andriani. Produce la pasta Felicia a base di legumi e cereali senza glutine, prevede di raddoppiare i ricavi in quattro anni. Guido Gobino invece festeggia i 60 anni dell’azienda del cioccolato di famiglia e prepara il rilancio con la terza generazione.
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