Banana Yoshimoto contro Amazon: in vendita un libro a sua firma scritto con l’AI. L’autrice giapponese annuncia una battaglia legale


Il fantastico mondo del commercio online e l’intelligenza artificiale hanno sbattuto contro il muro della contraffazione letteraria, scatenando la giusta reazione di una delle più lette e amate scrittrici giapponesi nel nostro paese. Banana Yoshimoto è stata allertata a fine febbraio grazie a lettori e lettrici che le chiedevano a proposito del suo nuovo libro in vendita sulla piattaforma e intitolato “Sekai ni wa Jikan ga Nai” (Il mondo non ha più tempo), che l’autrice però non ha mai scritto. Yoshimoto ha così reclamato e minacciato di prendere provvedimenti legali contro Amazon, che il giorno stesso ha ritirato il libro – quasi certamente creato usando l’Intelligenza Artificiale generativa – e chiesto scusa per l’incidente. “Visto che non ho scritto questo libro, andrò certamente per vie legali. E chiedo con urgenza ai miei lettori e lettrici di non comprarne una copia per sbaglio. Tutto ciò è davvero oltraggioso” ha scritto Yoshimoto su X, aggiungendo: “Dovrebbe essere facile usando AI capire se un libro sia davvero attribuibile a un autore/autrice, o da qualcuno che ne prende il nome. Amazon deve essere più rigorosa e utilizzare dei filtri”. Stessa cosa è capitata tempo fa a un’altra autrice giapponese molto famosa sia in casa che all’estero: Ogawa Yoko si è vista attribuire un’opera mai scritta, venduta su Amazon per il Kindle. Dopo le sue proteste, il testo è sparito ma rimane il problema di come potersi difendere da queste truffe letterarie e distinguere le opere originali da quelle “fake”.

Dalla letteratura alla Giustizia. A inizio settimana la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha eletto il giudice Iwasawa Yuji nuovo presidente del principale organo giurisdizionale delle Nazioni Unite. L’ex professore di diritto internazionale all’Università di Tokyo e presidente del Comitato per i diritti umani dell’Onu prende il posto di Nawaf Salam, nuovo primo ministro del Libano, e rimarrà in carica fino al 2027. La Corte, che ha sede nel Palazzo della Pace all’Aia, ha come compito la gestione delle dispute tra le nazioni e viene spesso confusa con la Corte di Giustizia Penale sempre con base all’Aia, che si occupa invece dei reati commessi da persone sospettate di crimini di guerra e contro l’umanità.

Il nuovo presidente settantenne, nato a Tōkyō, dovrà coordinare la risoluzione di diversi casi di alto profilo, uno tra tutti quello sollevato dal Sud Africa lo scorso anno, secondo cui Israele ha commesso cinque gradi di genocidio: l’uccisione di massa dei palestinesi, procurato gravi danni mentali e fisici, dato corso al dispiegamento forzato, consentito l’attacco al sistema sanitario di Gaza e attuato misure per prevenire le nascite nella Striscia. Oltre a questo caso, la Corte sta cercando di deliberare sull’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, così come si occupa della responsabilità delle nazioni a proposito del cambiamento climatico. Iwasawa coordina un gruppo di 15 giudici ed esercita un ruolo principalmente formale, il suo voto conta esattamente come quello degli altri componenti tranne che in caso di parità, quando il presidente potrà incidere sul risultato finale.

Intanto a Tōkyō si attende di sapere come si comporterà l’amministrazione Trump rispetto ai dazi sulle importazioni, quelle del settore automotive in particolare, visto la recente decisione del presidente statunitense di ritardare di un mese il 25% imposto a Canada e Messico. I mercati festeggiano e i 225 titoli guida del Nikkei hanno segnato un 0,77% di crescita, ma a proposito del ritardo delle tariffe, il capo segretario di Gabinetto, Hayashi Yoshimasa, ha detto che il governo giapponese valuterà la mossa e agirà di conseguenza. L’Associazione dei produttori di auto, per voce del suo presidente Katayama Masanori (anche presidente di Isuzu Motors), ha tuttavia espresso la propria preoccupazione al ministro del Commercio Muto Yoji, il quale dovrebbe al più presto recarsi negli Stati Uniti (probabilmente domenica) per discutere con Trump. Circa il 60% delle auto nipponiche vendute negli Stati Uniti vengono lì prodotte, quindi gli effetti dei dazi non sarebbero gravi più di tanto, tuttavia ogni produttore si appoggia a diversi fornitori, alcuni in Messico o in Canada, e le preoccupazioni sono evidenti.

La paura crescente che Trump decida di imporre dazi anche al Giappone sta facendo compiere scelte precise: la Honda Motors ha per esempio deciso di produrre un nuovo modello di auto negli Stati Uniti e non più in Messico. Stessa cosa per Japan Display che fornisce schermi LCD all’industria automobilistica e che sta prendendo in considerazione di produrre in parte negli Usa, e così via. Tra l’altro lunedì, in una delle sue molte esternazioni, Trump ha accusato Giappone e Cina di mantenere intenzionalmente molto basse le proprie valute, cosa negata dal governo nipponico.



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