All’albo degli infermieri di Lecco, che conta 2200 iscritti, altri 11 professionisti hanno comunicato il proprio trasferimento all’estero ma il loro numero potrebbe essere maggiore perché alcuni scelgono di restare comunque iscritti all’albo italiano. Non abbiamo una tracciabilità completa
, fa sapere il presidente dell’Opi di Lecco, Fabio Fedeli, esprimendo preoccupazione per l’inarrestabile perdita di infermieri lecchesi che, a causa di retribuzioni inadeguate e condizioni lavorative spesso sfavorevoli, decidono di lasciare l’Italia per cercare migliori opportunità professionali in altri Paesi. Questi dati confermano purtroppo il trend negativo sul territorio ma temiano che in futuro sarà peggio
, commenta tenendo conto altresì che nell’ultimo anno sono stati ben 55 gli infermieri che hanno chiesto la cancellazione, lasciando la provincia e che si sono registrate soltanto 42 nuove iscrizioni.
Continua la fuga da Lecco, l’allarme dell’Ordine degli infermieri
In futuro la carenza di professionalità si avvertirà ancora di più – sottolinea -. Togliere il numero chiuso non basta più. Bisogna valorizzare la professione e aumentare gli stipendi
, esorta.
Piuttosto che contare sui diecimila infermieri provenienti dall’India che stanno arrivando in Italia su iniziativa del Ministero della Salute per cercare di fronteggiare la crisi profonda del personale infermieristico nel Ssn, il presidente Opi Lecco rimarca la necessità di attuare interventi strutturali per far rientrare gli infermieri italiani.
Gli infermieri indiani non saranno comunque pronti prima di un paio d’anni, anche assegnando loro un tutor
, avverte Fedeli sottolineando come la formazione degli infermieri stranieri sia alquanto eterogenea.
Il problema è che dal 2021 è in atto una deroga rispetto alla procedura di riconoscimento del titolo di studio da parte del Ministero della Salute, che non effettua più le verifiche, così che gli infermieri che provengono dall’estero possono esercitare in Italia presentando semplicemente il titolo di studio del Paese d’origine
, spiega.
In virtù di questa disposizione gli infermieri stranieri non devono pertanto più presentare un’istanza di riconoscimento del titolo, né sostenere un esame di lingua né iscriversi all’albo italiano. Gli infermieri italiani hanno invece l’obbligo di rispettare la deontologia, di assicurarsi, di avere il dominio digitale e di fare formazione
, aggiunge.
Che sia necessario riportare in Italia gli infermieri italiani espatriati, riconoscendo loro valore e competenze aumentando gli stipendi, ne è convinto anche Massimo Coppia, segretario Generale Uil Fpl del Lario secondo cui la decisione di assumere diecimila infermieri indiani è una misura d’emergenza che solleva perplessità. Ritiene che bisognerebbe infatti interrogarsi piuttosto sul perché gli infermieri italiani se ne vadano.
La risposta è semplice. Per stipendi bassi, turni estenuanti, mancanza di progressione di carriera e condizioni di lavoro logoranti – precisa -. Nonostante siano considerati una colonna portante del nostro sistema sanitario, i nostri infermieri sono tra i meno retribuiti d’Europa, con uno stipendio che spesso non rispecchia il livello di formazione e la responsabilità che questo ruolo comporta
, conclude.
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