Crisi abitativa e lavoro povero sono un problema anche per i Centri antiviolenza – Zic.it


Nove operatrici della Casa delle donne gestiscono una media di 190 percorsi di fuoriuscita dalla violenza simultanei, che si allungano per la difficoltà di riconquistare casa e reddito. Il coordinamento regionale dei Centri conferma la tendenza. Oggi le piazze di Non Una Di Meno per l’8 marzo: “Ddl femminicidio? Più carcere non è la soluzione”.

08 Marzo 2025 – 14:09

Per il secondo anno consecutivo, nel 2024, il numero di donne che si sono rivolte alla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna è stato il più alto di sempre, 990, dopo le 964 del 2023. Un dato che va ricondotto a una maggiore emersione di un fenomeno che resta in grande parte sommerso, più che a un aumento della violenza. Ma sempre un numero molto alto: tanto che il centro di via Masia, alla vigilia della giornata di sciopero transfemminista, ha lanciato l’allarme sul carico di lavoro sulle spalle delle nove operatrici alle prese con una media di 190 casi simultanei di fuoriuscita dalla violenza. A rendere tutto più difficile c’è anche che i percorsi diventano sempre più lunghi: secondo la Casa delle donne, uno dei motivi è il contesto economico, con la conseguente difficoltà a raggiungere un’autonomia abitativa e lavorativa.

Crisi abitativa, mercato del lavoro e welfare “al collasso” allungano i percorsi anche secondo il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna, che a questa contingenza riconduce in parte la crescita del 10,4% del numero delle donne accolte l’anno scorso rispetto al 2023. Sono state 5.358 le donne che nel 2024 si sono rivolte ai 15 centri emiliano-romagnoli. Di queste 5.025- pari al 93,8%- hanno subito un tipo di violenza fisica, psicologica, economia o sessuale e 3.507 (69,8%) hanno chiesto aiuto per la prima volta, il 3,7% (124 unità) in più rispetto all’anno precedente.

Intanto anche quest’anno è un 8 marzo “di lotta e di sciopero” quello che caratterizza Bologna nelle piazze promosse da Non Una Di Meno: stamattina microfono aperto e laboratori sul Crescentone di piazza Maggiore, poi nel pomeriggio il corteo che partirà alle 16,30 da porta Saragozza. Una giornata di “sciopero politico, dal lavoro produttivo e riproduttivo. Quindi da quello che svolgiamo sul posto di lavoro e salariato, ma anche dal lavoro di cura che svolgiamo nelle nostre case e non solo, sia nello spazio privato che pubblico”: un lavoro “non pagato e anche questo sfruttato”, spiega un’attivista di Non Una Di Meno da piazza Maggiore.

Bocciato il riconoscimento del femminicidio come reato, secondo il Ddl approvato ieri dal Governo: “Un provvedimento che inasprisce le pene semplicemente è molto giustizialista e noi non crediamo che la punizione carceraria sia la soluzione. Crediamo che la soluzione sia piuttosto di educazione e sensibilizzazione rispetto a quello che viviamo tutti i giorni e al contrasto alla violenza patriarciale di genere. Sbattere una persona in carcere per tutta la vita è una soluzione tappabuchi, ma non è questo che ci ridarà le compagne e sorelle ammazzate di femminicidio”. Una misura “giustizialista e carceraria che però non non risolve affatto il problema alla radice”.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Le forze politiche al Governo “continuano a inasprire gli interventi punitivi agendo quando ormai è troppo tardi”, afferma Non Una Di Meno: “Rispondiamo che la sicurezza è educazione alla sessualità, alle emozioni e al consenso come materia curriculare fin dalle primarie. La sicurezza sono servizi sociali, centri antiviolenza femministi con finanziamenti adeguati e strutturali, diritto alla salute e all’autodeterminazione, all’aborto libero, sicuro e gratuito, supporto ai percorsi di affermazione di genere”.

La sicurezza “è finanziare veri percorsi di autonomia per uscire dalle relazioni violente”, continua Non Una Di Meno, “la sicurezza è salario minimo, stipendi dignitosi e contratti adeguati, reddito di autodeterminazione”. E poi: “Sicurezza è un piano casa, affitti calmierati, quartieri vivibili con spazi verdi e di socialità contro solitudine ed emarginazione. La nostra sicurezza è riconoscere la cittadinanza alle seconde generazioni, abrogare le leggi sull’immigrazione volte a creare clandestine e clandestini, rompere gli accordi italo-libici, aprire le frontiere e chiudere i Cpr in Italia e in Albania”.

E mentre dal microfono si delinea la piattaforma dell’8 marzo di Non Una Di Meno, parte un flash-mob contro il ReArm Europe. “Contro la politica del riarmo rispondiamo che sicurezza è demilitarizzazione”, affermano le attiviste: “Scioperiamo contro la guerra perché l’escalation bellica è esponenziale, è un’orribile realtà nelle vite di milioni di persone. Dal genocidio a Gaza e in Cisgiordania la guerra dilaga in tutto il Medioriente, spacca l’Europa sul confine russo-ucraino, divampa in Congo e in Sudan. Non vogliamo esserne né vittime né complici”.

Ma oggi si sciopera anche “contro il governo Meloni e l’asse dei Governi ultrareazionari”, dice Non Una Di Meno, aggiungendo che “non riconosciamo il femminismo transfobico salito sul carro governativo: sostenere le lobby antiabortiste nei consultori e negli negli ospedali, togliere fondi ai percorsi di affermazione di genere, negare i diritti ai minori delle famiglie omogenitoriali è incompatibile con un orizzonte di libertà”. Infine la piazza lancia un messaggio contro Ddl Sicurezza e zone rosse, sottolineando che “nemmeno la nostra città è immune a queste politiche repressive”.



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