PADOVA – C’è chi guida le autoradio, chi fa rilievi scientifici, chi indaga in operazioni antidroga, chi si ritrova a gestire violenze sessuali e chi invece è il primo contatto con i cittadini in caso di denunce. Tutto questo con quel “tocco rosa” che sta aggiungendo sempre più valore all’Arma dei Carabinieri. Tra adattamento, dedizione, passione e intimo convincimento essere una donna carabiniere non è solo combattere il crimine ma è anche saper ascoltare, consigliare e stare vicino alle persone in difficoltà. Una qualità, quella dell’ascolto, che è sempre più un’arma fondamentale nelle donne che ogni giorno indossano una divisa per rendere la città un posto sempre più sicuro e migliore. Decidere di entrare nell’Arma è spesso una vocazione, un sogno che nasce da bambini e che si concretizza con la consapevolezza di voler mettere la propria vita al servizio degli altri.
Le storie
«Volevo mettermi al servizio della comunità – spiega il maresciallo Katia Sgarbossa, in servizio all’aliquota operativa della Compagnia di Cittadella – poi a spingermi è stato il desiderio di mettermi in gioco, svolgere indagini ed esplorare aspetti di questa professione che non avevo avuto modo di conoscere prima».
«Sin da bambina mi affascinava tutto ciò che riguardava la pattuglia che vedevo in città – aggiunge l’ufficiale scelto Michela Taschetti della centrale operativa di Padova -. Nel mio piccolo, ho sempre avuto questa predisposizione ad aiutare gli altri. Se hai dentro questa vocazione, affronti qualsiasi situazione con determinazione». Il percorso di formazione per entrare nell’Arma non è semplice, è rigoroso e segna profondamente chi lo affronta. «Vengo da una vita completamente civile – racconta il carabiniere Maria Benedetta Piermattei della stazione di Boara Pisani – conservatorio e prima liceo scientifico. La disciplina militare è una trasformazione radicale: la sveglia all’alba, l’alzabandiera, gli orari scanditi. Ti forma, ti allena alla realtà e ad affrontare la vita di tutti i giorni». Il ruolo del carabiniere, però, non si limita più all’azione sul campo, ma passa anche attraverso l’ascolto e il sostegno. «Molte persone si rivolgono a noi anche per un consiglio e un conforto – spiega il maresciallo Arianna Franceschini, vice comandante della stazione di Piazzola sul Brenta -. Capita spesso che anziani ci chiamino per enfatizzare piccoli problemi solo per scambiare due parole. Creare un clima di fiducia ed empatia è essenziale, soprattutto nei casi di violenza di genere quando spesso una donna si sente più “sicura” a parlare con un’altra donna». Ci sono poi le esperienze dirette sul campo alcune difficili da dimenticare per la carica di tensione ed emozioni che trasmettono. «Una volta abbiamo arrestato un uomo in flagrante mentre rincorreva la moglie con i figli – racconta il maresciallo Sgarbossa -. La donna, terrorizzata, è corsa a piedi fino alla caserma. In quel momento ho capito quanto il nostro intervento potesse essere determinante».
L’esperienza
«Durante una notte di servizio avevamo ricevuto una nota di ricerca per tre rapinatori che avevano aggredito una persona e gli avevano rubato degli oggetti – aggiunge il carabiniere Eleonora Rita Salaris della sezione radiomobile di Padova -. Mentre rientravamo in sede, siamo riusciti ad arrestarli e a recuperare la refurtiva. È stata un’operazione che ci ha dato grande soddisfazione, nonostante la stanchezza. Spesso non sappiamo quando iniziamo il turno, ma mai quando finiremo». Non solo pattuglie e operazioni sul campo, ma anche indagini scientifiche che eseguite minuziosamente portano alla risoluzione di diversi casi. «Il nostro è un lavoro specialistico che richiede dedizione e precisione – spiega il maresciallo Sara Zanelli, in servizio nella squadra rilievi del nucleo investigativo di Padova -. Il nostro obiettivo è raccogliere prove e contribuire alle indagini con rigore e metodo. Ogni scena del crimine è una storia a sé, ogni caso ha le sue peculiarità e ogni dettaglio può essere decisivo». Per le giovani ragazze che desiderano intraprendere questa carriera, tutte concordano su un unico messaggio: provarci. «È un lavoro che richiede determinazione e preparazione. Il concorso è impegnativo, ma una volta dentro si capisce il vero significato di questo lavoro».
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