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IncentiviItalia, via al processo: Claudia Ghiso imputata per truffa #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Savona. Ha preso il via ieri in tribunale a Savona il processo per truffa a carico di Claudia Ghiso, fondatrice e amministratrice di IncentiviItalia, la startup savonese – fallita quasi un anno fa – che operava a livello nazionale fornendo consulenza per la partecipazione a bandi regionali, nazionali ed europei.

Ghiso, rappresentata dall’avvocato Marco Augimeri, è accusata di truffa da circa 70 clienti da tutta Italia (tra loro anche una decina di savonesi). La sua azienda, dopo una prima consulenza gratuita per valutare l’idea imprenditoriale del possibile cliente, chiedeva una fee d’ingresso (la più bassa era di 1800 euro, ma poteva salire fino a 4500) per occuparsi di individuare i giusti bandi e ottenere i finanziamenti. Secondo i querelanti, però, spesso venivano scelti bandi non inerenti all’attività o palesemente inadatti, e quindi nella maggior parte dei casi le richieste venivano bocciate. E, quando accadeva, l’azienda si rifiutava di restituire la fee d’ingresso sebbene il contratto stipulato prevedesse una vera e propria “garanzia” (chiamata “Zero Bandi”) che prevedeva appunto la restituzione del compenso iniziale in caso di insuccesso.

Una condotta che il pubblico ministero Massimiliano Bolla stigmatizza nelle carte: secondo lui “il bando di volta in volta proposte da IncentiviItalia era del tutto incoerente rispetto alle caratteristiche del richiedente“, scelto “in modo del tutto illogico e al solo fine di giustificare il già avvenuto pagamento del compenso alla società“. Secondo l’accusa inoltre Ghiso “imponeva ai propri dipendenti, in una logica di mero profitto, di assicurare falsamente ai potenziali clienti che per finanziare i loro progetti esistevano contributi comunitari con percentuali di fondo perduto del 100%, anche laddove l’attività economica svolta dal potenziale cliente fosse, fin dal principio, manifestamente incompatibile con qualsiasi bando comunitario“.

Ma non solo. Il pm ha chiesto ieri al giudice Roberto Amerio di modificare un capo d’imputazione, aggiungendo alla truffa l’aggravante della “sostituzione di persona”: secondo l’accusa, infatti, la CEO di IncentiviItalia avrebbe fatto creare regolarmente dai propri dipendenti degli “indirizzi mail fittizi, formalmente intestati agli stessi clienti, ma in realtà gestiti in tutto e per tutto dai suoi dipendenti“, per poter ricevere il materiale ad essi destinato e impedire così che potessero conoscere “di prima mano” lo stato di avanzamento delle pratiche. Un modus operandi che – almeno stando a quanto si legge nelle carte dell’accusa – alcune dipendenti avrebbero provato a contestare, trovandosi però davanti “atteggiamenti ritorsivi e vessatori” come demansionamenti, richiami o ritardi negli stipendi.

La mossa del pm è motivata anche dalla linea difensiva di Claudia Ghiso. Il suo avvocato ha contestato molte querele, chiedendo che vengano considerate non procedibili a causa di vizi di forma, ad esempio perché presentate via Pec anziché di persona: una tesi che, se accolta, avrebbe potuto portare a un processo senza parti offese e quindi al “non doversi procedere”. Ma con la nuova aggravante contestata da Bolla il reato diventa procedibile d’ufficio, e quindi a prescindere dalle querele presentate.

Nel mirino degli inquirenti, infine, anche altri due aspetti. Il primo riguarda la pubblicità dell’azienda sui social network dove, scrive Bolla, “millantava la possibilità di poter far ottenere ai propri potenziali clienti finanziamenti a fondo perduto nella musica del 100% del capitale previsti dai Bandi europei – in particolare Horizon – per qualsiasi attività imprenditoriale“. Mentre ai clienti veniva inviato un format in cui “millantava una percentuale di successo pari al 99% laddove, in realtà, la percentuale di pratiche che avevano ottenuto il richiesto finanziamento non superava l’1%“.

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Il secondo è legato alle recensioni sul portale TrustPilot: secondo Bolla Ghiso “procedeva sistematicamente a cancellare dal web le reali recensioni negative sull’operato di IncentiviItalia“, e contrastava le critiche con una serie di messaggi positivi che però, è l’ipotesi dell’accusa, sarebbero stati postati dalla stessa azienda con degli account fake.

L’indagine era iniziata quasi due anni fa con un blitz della Guardia di Finanza. Il 9 marzo 2023, due auto senza contrassegni e una decina di militari si erano presentati nella sede di Corso Italia a Savona per acquisire documentazione utile alle indagini. L’accertamento delle Fiamme Gialle era scattato proprio in seguito alle denunce di alcuni clienti in diverse città d’Italia, in cui venivano segnalate presunte irregolarità o la mancata restituzione della “fee d’ingresso”. Nove mesi dopo, nel dicembre 2023, è arrivato il fallimento dell’azienda in seguito alle denunce presentate da 11 diversi ex lavoratori per il mancato pagamento di stipendi e/o Tfr. Ora il processo: la prossima udienza è in programma a febbraio.

Le auto della GdF davanti alla sede di IncentiviItalia

La nascita di IncentiviItalia

L’azienda è nata a Savona da una idea di Claudia Ghiso: all’epoca giovane mamma, dopo 12 anni di esperienza presso studi professionali e multinazionali aveva aperto nel 2016 una partita IVA offrendo un servizio di consulenza per privati per aiutarli ad ottenere agevolazioni e ad accedere ai bandi locali, nazionali ed europei. L’idea aveva funzionato e così, l’anno dopo, era nata IncentiviItalia srl. In seguito la start-up aveva allargato il proprio campo d’azione, iniziando a fornire consulenza anche alle imprese. Da lì era partita una ascesa importante che a un certo punto aveva portato l’azienda di Ghiso ad avere 66 dipendenti e ad aprire un ufficio a Milano.

Tutto grazie, raccontava l’imprenditrice, a un database da lei stessa realizzato – che, scrive il pm Bolla nel capo d’imputazione, era in realtà “un semplice file Excel” – che permetteva di individuare in tempi rapidi i bandi più adatti: “E’ la nostra ricetta della Coca-Cola” spiegava nelle interviste. Una ricetta che aveva dato non pochi risultati: una partnership con Parma Calcio e Sampdoria, il riconoscimento tra le 10 migliori startup innovative alla fiera Smau dell’ottobre 2021, il ruolo di Innovation Manager per la stessa Claudia Ghiso. Anche sui social IncentiviItalia era diventata un fenomeno, su Instagram – dove venivano regolarmente annunciati i bandi vinti – ma soprattutto su TikTok, dove le dipendenti più giovani si scatenavano in balletti in ufficio tra una pratica e l’altra.

incentivitalia claudia Ghiso

Claudia Ghiso

Il caso Trustpilot: clienti in rivolta

Fino a inizio 2022, insomma, la barca sembrava viaggiare a gonfie vele. Nel corso del 2022, però, evidentemente qualcosa si era rotto e su un noto portale online, Trustpilot, erano comparse le prime recensioni negative. Alcuni clienti puntavano il dito sull’operato di Incentivi Italia: continui cambi di consulente, difficoltà nell’ottenere risposte o dettagli sui bandi, proposte non in linea con le esigenze del cliente. Dopo alcuni mesi in cui il malcontento era cresciuto e le recensioni si erano moltiplicate, nel novembre 2022 la stessa Ghiso era stata costretta a intervenire, rispondendo sia su Trustpilot che attraverso i propri canali social, soprattutto con un video nel quale raccontava di uno “schema” montato ad arte, una “campagna persecutoria” portata avanti, per ragioni personali, da pochi individui.

Le reazioni, però, erano arrivate copiose. E anche le segnalazioni ai giornali, incluso IVG, di clienti sempre più scontenti e sospettosi. Alle accuse di scarsa professionalità e incompetenza iniziavano ad aggiungersi quelle di truffa: chi, insoddisfatto del servizio, decideva di esercitare la “garanzia Zero Bandi” che prevedeva la restituzione del compenso iniziale (si partiva da 1500 euro + iva per il pacchetto base, a salire per quelli più evoluti) in caso non fosse stato trovato un bando adatto al cliente, sosteneva di trovarsi davanti un muro fatto di mancate risposte alle mail, oppure promesse di trovare in breve tempo bandi adeguati.

Accuse leggibili nero su bianco su TrustPilot fino a quando sono state segnalate come “nocive” e oscurate dal portale, sostituite da molte recensioni positive: la maggior parte entusiastiche, altre più prudenti (con accenni alle critiche dei mesi precedenti, ad esempio sulla scarsa comunicazione o sulla rotazione dei consulenti) ma sostanzialmente positive. E in qualche caso l’azienda replicava ringraziando gli utenti per testimonianze. Anche questo aspetto è approdato nel fascicolo dell’accusa: secondo gli inquirenti, infatti, quelle recensioni sarebbero state false, postate da finti utenti creati ad hoc.

Le denunce di clienti e dipendenti

I clienti più agguerriti però non si erano accontentati di TrustPilot e si erano rivolti alle forze dell’ordine. Erano così arrivate le prime denunce, a Savona ma anche in altre parti d’Italia. Storie differenti ma con tratti in comune già emersi su TrustPilot: la difficoltà nell’ottenere dettagli e risposte sul lavoro fatto, la rotazione incessante dei consulenti assegnati alla pratica, la ricezione di proposte di bandi poco attinenti all’attività scelta. E il rifiuto di restituire la cifra versata a inizio consulenza.

Consulenza fiscale

Consulenza del lavoro

Il caso era approdato in Procura, che aveva quindi dato il via agli accertamenti e all’accesso delle Fiamme Gialle negli uffici di IncentiviItalia, per accertare se ci fosse qualcosa di vero in quelle segnalazioni e, in caso affermativo, comprendere – al di là di una eventuale imperizia di alcuni consulenti o a carenze nel modello gestionale – se si potessero realmente ravvisare gli estremi di un reato (che in quanto tale presuppone la volontarietà di quanto accaduto).

Oltre a quello rappresentato dai clienti scontenti si era nello stesso periodo aperto un secondo fronte: quello rappresentato da chi, avendo lavorato per Incentivi Italia, sosteneva di vantare delle pendenze nei loro confronti (Tfr o altri crediti di fine rapporto). Alcuni ex dipendenti si erano rivolti a differenti studi legali per capire come agire: qualche caso era finito all’Ispettorato del Lavoro, mentre altri avevano scelto la strada dei decreti ingiuntivi. “Solo io ho fatto almeno 12 ingiunzioni – raccontava un anno fa l’avvocata Federica Suliano, che rappresentava diversi lavoratori – sempre senza risultato”.

ex incentiviitalia incentivitalia sede chiusa

L’immagine della sede di Corso Italia chiusa

Ed è proprio questo filone ad aver decretato la liquidazione giudiziale di IncentiviItalia, con il fallimento sancito nero su bianco a dicembre 2023 di una azienda che, per qualche tempo, aveva rappresentato un vero e proprio “successo di provincia”, una piccola realtà partita da Savona e diventata leader in Italia. Un fallimento che, per inciso, Claudia Ghiso aveva provato pubblicamente a smentire nonostante la sentenza fosse stata pubblicata sul Portale dei creditori e di libera consultazione.





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