Un mare di energia: ecco il progetto per l’elettricità green dallo stretto di Messina


Generare corrente dalle correnti marine: è questo uno degli obiettivi di Seapower, azienda italiana che vuole sfruttare l’area dello stretto di Messina per produrre energia pulita grazie alla forza del mare. Tra le società presenti al Key di Rimini, Seapower si è presentata per i suoi molteplici progetti, ferma restando la specializzazione nell’elettricità green ottenuta dai movimenti ondosi e le correnti di marea.

Due divisioni, un obiettivo – “Facciamo progettazione per lo più di servizi di ingegneria, ricerca e sviluppo – spiega Francesco Lioniello, vicepresidente dell’azienda – e lo facciamo molto anche per le pale eoliche in mezzo al mare. Siamo organizzati in due divisioni una prima e più anziana divisione ha maturato trent’anni di vita. Nasce da un gruppo di ricerca dell’Università Federico II di Napoli e tutt’oggi continua a fare attività di ricerca applicata in vari settori dell’ingegneria industriale, molto nell’energia e in particolare per quello che riguarda il settore dell’offshore Floating Wind, quindi le turbine eoliche galleggianti. La seconda divisione invece fa servizi di ingegneria, quindi progettazione fino a l’accompagnamento in cantiere, direzione lavori e coordinamento della costruzione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili”.

Decarbonizzare – “Tocchiamo quasi tutte le tecnologie disponibili, quindi fotovoltaici, agricoltrici, eolici, a terra, a mare e biogas e abbiamo diciamo una specializzazione particolare nel campo delle energie dal mare. Infatti siamo promotori di alcune tecnologie nostre proprietarie, una per sfruttare le onde e un’altra e sfruttare le correnti marine e le correnti di marea, che sono assolutamente prevedibili. Il che toglie dal campo uno delle principali debolezze del settore delle rinnovabili appunto all’imprevedibilità”.

Colonizzare il mare? – “Nel Mediterraneo esistono tre spot concorrenti sufficienti a produrre energia in modo diciamo profittevole, che sono i Dardanelli, il Gibilterra e lo Stretto di Messina. Noi in Italia abbiamo questa preziosa fonte, appunto, che è la corrente dello Stretto di Messina, al momento non sfruttata. Noi da 15 anni abbiamo tecnologie in grado di sfruttarla. Abbiamo fatto molta fatica per arrivare ad ottenere brevetti consolidati, depositati, rilasciati, che al momento sono in fase di internazionalizzazione. Ci poniamo come obiettivo quello di iniziare a colonizzare nel senso buono, la parte utile dello stretto che non dia intralcio alla navigazione, non dia intralcio alle attività di pesca e permette lo sfruttamento della risorsa. Le sfide sono legate ad abilitare una più ampia gamma di tecnologie idonee a produrre energia pulita. Quindi appunto l’energia dal mare che è il nostro campo”.

I limiti italiani – “Una volta aperto un campo, un settore bisogna approfondire appunto la ricerca per portare quella fonte ad essere competitiva economicamente con le fonti fossili. In Italia questo limite c’è, ci sarebbe bisogno di un supporto governativo mirato, per facilitare queste queste attività. C’è stato con il Perdue si poteva fare anche di più dal punto di vista invece della produzione delle fonti classiche di fotovoltaico ed eolico. Dal mio punto di vista il limite normativo non c’è, c’è bisogno di una migliore infrastruttura di rete. Ora il problema è infrastrutturale. Terna, Enel hanno grandi programmi di investimento che chiaramente però hanno bisogno di tempo per realizzarsi e quindi siamo alla porta cioè se aspettiamo che ciò avvenga la tecnologia eolica e la tecnologia fotovoltaica sono mature e la produzione di energia da queste fonti è già più competitiva della produzione da petrolio o da carbone e anche da nucleare”.

Un futuro da scrivere – Cosa bisogna ancora fare per allargare la platea di tecnologie? “Si può lavorare, come detto, di ricerca e sviluppo, ma questo non permette di superare un livello di prezzo. Questo permette di dare la possibilità a ogni specifico sito, ovunque nel mondo, di sfruttare le proprie fonti. Quindi l’isola delle Filippine sfrutterà le correnti di marea. I siciliani possono sfruttare le correnti dello Stretto di Messina, i tedeschi magari vanno oltre. Lo svantaggio è che c’è bisogno di tanto effort, in primis politico. Oggi il mondo politico al di fuori dell’Italia parla di fossili, parla di ritornare un passo indietro sulle politiche ambientali, parla di nucleare di tipo classico: sono scelte opinabili” conclude Lioniello.

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