Valentino, collezione autunno inverno 2025-26 by Alessandro Michele. Password: Intimità.
Il titolo Il meta-teatro dell’intimità (nell’originale francese: Le Méta Theâtre des Intimités).
Il rapporto tra l’intimità e il potere trova nei vestiti la sua perfetta fusione: non c’è nulla di più intimo di un vestito per il corpo. Gli si poggia addosso, lo ricopre o lo scopre allo stesso tempo, partecipa alla sua forma adattandosi ma costringe il corpo ad adattarglisi. È un gioco magnificamente perverso che produce quel potere che ha ognuno di noi di trasformarsi attraverso il vestito per dare agli altri l’immagine che vogliamo.
Questo Meta-Teatro del rapporto quotidiano tra il corpo e il vestito, Alessandro Michele lo mette in scena per Valentino in una rappresentazione emozionale all’interno di un bagno pubblico ricostruito in una struttura effimera. Cento porte, lavandini all’esterno, luci rosse: luogo dell’intimità partecipativa. Cioè di un’intimità svelata ma con riserva: se si presenzia a un rito l’intimità è salva per tutti i partecipanti anche nel momento in cui ci si svela.
“L’idea del bagno o dello spogliatoio mi frullava in testa da tempo. Ho lavorato su questo progetto in sovrapposizione con la collezione per la Couture. La moda è un grande teatro. Al centro c’è la vestizione, il rapporto di intimità che c’è con il vestito” dice Alessandro Michele dopo lo show andato in scena in un meta-teatro ai piedi dell’Institut du Monde Arabe, il palazzo dalla facciata merlettata in acciaio progettato da Jean Nouvel inaugurato nel 1987.
Ed è proprio la facciata di quest’opera dell’architettura contemporanea che diventa la metafora del concetto teorico della collezione: gli ingranaggi in acciaio che si aprono e si richiudono a comando trasformando aspetto e superficie sono la perfetta rappresentazione di un’intimità che si svela e si nasconde sia nel rapporto tra l’abito e il corpo sia tra noi e gli altri. E questo è il grande potere della moda: essendo l’unica creatività che atterra su un corpo umano ha necessariamente con esso una relazione intima indissolubile e innegabile.
Nel tempo limitato del dopo show, con il ritmo di chi ha appena concluso una rappresentazione, Alessandro Michele dice di aver voluto creare un ponte ideale tra la moda di Valentino (Garavani) degli anni Sessanta e quella degli anni Ottanta. Ed è vero, perché molti abiti che sfilano in questa “powder room” esplosa in uno spazio enorme sembrano usciti da un boudoir della memoria di Palazzo Mignanelli a Roma e colti nel viaggio necessario per raggiungere l’atelier di Place Vendôme a Parigi. Ogni abito di questa collezione Valentino FW 25-26 sembra l’incarnazione del concetto che Michele esprime così: “Tanto vale capire che anche la più profonda delle intimità è, in fin dei conti, un teatro. O meglio un meta-teatro nel teatro dell’esistenza: uno spazio-tempo dietro le quinte che, tuttavia, manifesta i caratteri di una messinscena mai conclusa”.
Una cagoule in testa e i tiranti usati nella chirurgia estetica partecipano a questo rito intimo come se fossero gli attrezzi dell’ideologia della bellezza giovane e perenne: un inganno anche questo. “La vita è inganno e gli inganni inganni son” scriverebbe Calderon de la Barca oggi sostituendo i suoi “sogni” con i nostri “inganni”.
L’inganno del vestito, però è quello che svela la nostra intimità: lo fa per forza. Gonne, pantaloni, abiti con le ruches e le balze, jeans, giacche profilate, i tailleur, le giacche doppiopetto, i soprabiti kimono, i cappottini smilzi, i colli di pelliccia.
Se c’è una cosa che va contestata a questa intimità e la sua sovrabbondanza di messaggi. Del resto, confessa Michele “a ogni collezione mi impongo di fare meno e di fare cose più semplici. Ma non ci riesco”. Confessione intima che fa il paio con quella che espone a chi gli chiede conto della nudità che ci si aspetta ma manca in questa teorica esposizione di intimità. “La mia nudità è fatta di vestiti. Per me era importante capire quanto il vestito sia lo strumento che ti mette a nudo”.
E ci risiamo: siamo ritornati al potere del vestito e, con esso, al potere della moda. Che, come tutti i poteri, non è mai neutro.
“Dovremmo saperlo: nessuna intimità può denudarci in maniera definitiva, nessun velo può essere strappato per porci di fronte al nostro vero sé perché l’idea che possa esserci un sé autentico, immune dalle determinazioni della vita, è un inganno” scrive Michele nella sua introduzione alla collezione. E se questa non è una questione di potere, il potere che cos’è? Forse è un mistero dell’intimità. O un bell’inganno come un vestito che ci riveste nel modo che vogliamo.
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