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Condono edilizio in zona vincolata, scacco matto: quando il comune non può negarlo | Articoli #finsubito prestito immediato


Il comune non può negare un’istanza di terzo condono edilizio, ai fini della condonabilità delle opere abusive realizzate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico che non implica l’inedificabilità assoluta, prima di aver richiesto il parere favorevole dall’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo.

Attenzione alla sentenza 2182/2024 del Tar Salerno perché concede una speranza non di poco contro per il condono edilizio in zona vincolata, fornendo un appiglio a chi si è vista negata l’istanza di sanatoria presentata in forza delle regole del DL 269/2003 (cd. Terzo condono).

 

Cambio d’uso con opere: la richiesta di condono negata e il ricorso

Si dibatte su alcuni interventi interni di modifica d’uso al quinto livello a servizio di una struttura alberghiera, che formavano oggetto di istanza di condono edilizio in un’area vincolata, ai fini paesistici (D.M. 23.01.1954).

Il Comune rigettava l’istanza di condono edilizio ex legge 326/2003, assumendo che le opere avrebbero determinato incremento di volumi e superfici utili e, pertanto, rientrerebbero nella categoria della nuova costruzione (Tipologia 1) per la quale non opererebbe la sanatoria del c.d. terzo condono edilizio in area vincolata

L’ente locale respingeva inoltre l’istanza di autorizzazione paesaggistica ai sensi della L. 308/2004 e ingiungeva la demolizione delle opere oggetto di sanatoria.

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Secondo il ricorrente:

  • la modifica d’uso, nell’ambito dei volumi autorizzati, ricade nella categoria del risanamento (Tipologia 5) e, dunque, è sicuramente condonabile ex art. 32 legge 326/2003, ovvero assentibile ai sensi dell’art. 36bis d.p.r. 380/2001; per le destinazioni alberghiere, concorrono al carico urbanistico tutte le superfici complessive di ogni singolo piano dell’edificio, indipendentemente dalla loro utilizzazione interna;
  • il diniego di condono edilizio è illegittimo, per carenza del preventivo parere (obbligatorio e vincolante) della Autorità di Tutela, ai sensi dell’art. 32 L. 326/2023, che ha prescritto espressamente l’obbligo di acquisizione del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, prima di definire la istanza di condono edilizio.

 

Terzo condono edilizio: serve il parere dell’amministrazione preposta al vincolo

Il TAR Salerno accoglie il ricorso, perché il comune non ha richiesto il previo parere alla Soprintendenza.

In pratica, secondo i giudici amministrativi, sussiste il vizio procedimentale della carenza del preventivo parere all’organo preposto alla tutela del vincolo.

La decisione è particolare perché in altri casi la giustizia amministrativa si era comportata diversamente, cioè dichiarando superfluo il parere nel caso in cui l’abuso edilizio appartenesse a una delle categorie non condonabili in zona vincolata per le regole del terzo condono, cioè quelle della Tipologia 1, 2 e 3 dell’Allegato al DL 269/2003.

Invece qui si evidenzia che, come ritenuto da un consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cons. St., sez. VI, 18 maggio 2015, n.2518; sez. IV, 19 maggio 2010, n.3174; sez. VI, 2 marzo 2010, n.1200), dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, il c.d. terzo condono (previsto dall’art. 32, comma 27, del d.l. n. 269 del 2003 e dall’art. 2 della legge regionale Lazio n.12 del 2004) esige, per quanto qui interessa, ai fini della condonabilità delle opere abusive realizzate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico che non implica l’inedificabilità assoluta, il parere favorevole espresso dall’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo.

 

Condono edilizio del soppalco in zona vincolata: le regole per la sanatoria straordinaria

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Il procedimento di sanatoria ‘tacito’ può formarsi per effetto del silenzio-assenso soltanto se la domanda di sanatoria presentata possegga i requisiti soggettivi e oggettivi per essere accolta, ma in zona vincolata il terzo condono è possibile solo per gli abusi edilizi minori, cioè restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria.

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Abuso edilizio in zona vincolata: il condono non è automaticamente impossibile

In aggiunta, il TAR richiama la pronuncia 7381/2024 del Consiglio di Stato, dove si è affermato che il fatto che l’intervento ricada in un’area protetta da un vincolo paesaggistico relativo non comporta un impedimento automatico del condono, ma postula, al contrario, una verifica di compatibilità delle opere con le esigenze di tutela implicate dal vincolo, che compete all’Autorità incaricata dell’amministrazione del regime di tutela, e non al Comune, che deve provvedere in via definiva sull’istanza di condono e che resta, quindi, onerato, prima di definire il procedimento, ad acquisire il parere della competente Soprintendenza.

La previsione della non sanabilità delle opere realizzate su immobili soggetti a vincolo, di cui all’art. 32, comma 27, lett. d) DL 269/2003, non può che essere intesa come riferita alle sole ipotesi in cui il regime di protezione implichi l’inedificabilità assoluta dell’area, e non anche ai casi di inedificabilità relativa, in cui, quindi, la indefettibile valutazione della compatibilità dell’intervento edilizio con la disciplina di tutela resta rimessa all’apprezzamento dell’Autorità preposta all’amministrazione del vincolo.

Letteralmente, “l’affermazione dell’inesistenza di qualsivoglia automatismo tra la vigenza di un vicolo paesaggistico relativo e la non sanabilità delle opere abusive realizzate sull’area interessata dal pertinente regime di tutela comporta l’obbligo dell’amministrazione comunale destinataria dell’istanza di condono di acquisire, prima di definire il procedimento, il parere dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo circa la compatibilità con quest’ultimo dell’intervento edilizio considerato“.

Di conseguenza, il provvedimento negativo impugnato, assunto in difetto della previa acquisizione della valutazione, da parte della Soprintendenza, della compatibilità paesaggistica delle opere realizzate con il vincolo paesaggistico, che, nella specie, non comportava l’inedificabilità assoluta nell’area protetta, è illegittimo.

La richiesta di condono va dunque riesaminata dal comune dopo aver richiesto la valutazione dell’organo preposto alla valutazione della compatiblità paesaggistica delle opere.


LA SENTENZA E’ SCARICABILE IN ALLEGATO



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