Emozionato, neanche un po’. Semmai curioso: «La politica è una droga, è una passione che ti digita e non passa, anzi aumenta se possibile con l’età. Non vedo l’ora di rimettere dopo tanti anni piede in Parlamento e capire che clima si respira». L’appuntamento è per oggi pomeriggio alla Camera, dove Roberto Formigoni parteciperà ad un affollato convegno sui vent’anni della riforma dell’istruzione professionale nella parte dedicata a «I politici visionari». Ci saranno due ministri, Anna Maria Bernini e Giuseppe Valditara, un robusto parterre di personalità di primo piano invitate da Forza Italia.E poi lui che torna con tanto di upgrade, e la didascalia «I politici visionari» per il suo intervento, nel Palazzo da cui era uscito nel 2018. «A febbraio 2019 ero in carcere, a Bollate, per scontare una condanna che reputo ingiusta perché ero e sono innocente, ma non mi sono mai abbattuto, non sono mai stato abbandonato dagli amici, ho continuato a leggere e studiare. E poi già il primo giorno il mio compagno di cella, un ergastolano, l’unico presente perché gli altri due erano al lavoro, mi disse: Formigoni, lei sarà esentato dai lavori di pulizia, li faremo noi perché lei merita la gratitudine di tutti i cittadini per quello che ha fatto».
Sul crinale dei 78 anni, Formigoni riserva sempre sorprese: «Lavoro come consulente, tengo rapporti in Italia e all’estero, mi aggiorno e non escludo una candidatura nel futuro. Mai dire mai. In questi anni sono stato corteggiato ma ho deciso di prendermi ancora questo periodo, poi si vedrà». Per ora il Celeste si affaccerà fra sale e corridoi dove i 5 Stelle votarono di corsa la Spazzacorrotti, anche per mandare in carcere lui che aveva appena passato i settant’anni. «Ho fatto cinque mesi a Bollate, due anni e mezzo ai domiciliari, infine un anno e mezzo con i bambini disadattati. La fede mi ha aiutato, ma mi è stata di conforto anche la stima di molte persone e di tanti cittadini. A Bollate facevo su e giù per le scale in continuazione, mi chiamavano dieci volte al giorno per la posta. Ho ricevuto quattromila lettere in cinque mesi. Tutte positive, spesso per chiedere consigli, qualche volta nel segno del rimpianto. Una sola volta, in mezzo alla strada, uno in bicicletta mi ha gridato Pirla, allora gli ho risposto con un termine che preferisco non ripetere».
Risata. Formigoni corre con le parole, mischia aneddoti personali e analisi di geopolitica, sembra vivere tre vite in una. «Mi hanno tagliato pesantemente la pensione, quasi dimezzandola non correttamente, dunque ho fatto ricorso: io ho versato migliaia e migliaia di euro di contributi per trentasei anni, tanti quanti ne ho passati in Regione, al Parlamento europeo, alla Camera e al Senato e ora voglio proprio vedere se qualche 5 Stelle, incrociandomi al convegno, mi criticherà per qualche ragione». Formigoni a Montecitorio spiegherà che anche sul versante della formazione la Lombardia fece da battistrada, anticipando una svolta che in seguito fu recepita da tutto il Paese con tanto di legge nazionale. «Allo studente fu data finalmente la possibilità di scegliere il suo istituto tecnico, senza essere costretto a frequentare quello deciso dallo Stato. Magari scadente. Fu una rivoluzione culturale. Lo stesso meccanismo introdotto nella sanità. Sento dire che io avrei privilegiato i privati e mi ribolle il sangue: io ho dato la chance al cittadino, il cittadino qualunque, di decidere dove farsi curare. Oggi la sanità è in crisi un po’ ovunque perché la legge è vecchia, datata 1978, e ce ne vuole una nuova ma il cambiamento che ho portato, dalla parte dei cittadini, è stato metabolizzato e fa parte della cultura del Paese».
Ma l’ex Presidente della Lombardia non sembra malato di nostalgia. Tutt’altro, si butta nella mischia del disordine contemporaneo: «Sono sempre vicino al centrodestra, e in Europa il mio punto di riferimento è il cancelliere in pectore Friedrich Merz che sta suonando la sveglia alla Ue e alla Germania». Trump? «Ho fatto il tifo per lui, contro i Democratici che sono la peggior sinistra mondiale, ma oggi Trump sta sbagliando.
Non si può trattare così l’Ucraina che fino a prova contraria è stata aggredita. E mi preoccupano i dazi, anche se occorre distinguere gli annunci dalle misure concrete». E le opposizioni al governo Meloni? «Mi piacciono quelli a cui non piace la Schlein». E Formigoni sorride divertito.
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