Gli atti d’accusa sono quattro ma nega quasi tutto il 47enne cittadino italiano a processo davanti alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Marco Villa. L’uomo deve rispondere del reato principale di ripetuto furto per quindici episodi commessi tra il luglio 2017 e il settembre 2024 nel Luganese, Bellinzonese e Locarnese (refurtiva di 72mila franchi). A questi si aggiungono un’infrazione alle norme della circolazione (commessa a Mendrisio), un ripetuto furto a Lugano (di due biciclette elettriche; in questo caso l’imputato si è opposto al decreto d’accusa) e violenza e minaccia contro le autorità e i funzionari (secondo l’accusa avrebbe tentato la fuga dal Civico durante un ricovero colpendo l’agente di guardia). Nei suoi confronti la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis ha proposto 4 anni di detenzione e 10 anni di espulsione dalla Svizzera (senza iscrizione al Sistema informativo Schengen). L’avvocato Christian Wolff si è invece battuto («è stato il mio cliente a chiedermi di fare questa proposta di pena») per una condanna non superiore ai due anni e mezzo con un massimo di 6 mesi da espiare e si è opposto all’espulsione. La Corte pronuncerà la sentenza domani alle 15.
Dichiarazioni ‘fantasiose’
Come detto, l’imputato riconosce solo una minima parte dei reati prospettati dall’accusa. Nato e cresciuto in Svizzera interna, prima di un trasferimento della famiglia in Italia, il 47enne è stato arrestato una prima volta nel gennaio 2024 (dopo i fatti di Mendrisio) e rilasciato dopo un giorno. Il secondo arresto risale all’agosto scorso a Lugano, a seguito di una segnalazione dell’occupazione di un posteggio privato. Giunta sul posto, la polizia ha trovato un furgone con due veicoli d’epoca all’interno (da qui l’accusa di ricettazione, l’imputato ha rivendicato la proprietà dei mezzi) e un dogo argentino. Dopo la scarcerazione, il 47enne è stato nuovamente arrestato a inizio settembre a Bellinzona dopo che gli accertamenti hanno evidenziato corrispondenze a suo carico. Al culmine di una discussione con l’Ufficio del veterinario cantonale per il cane, è stato allontanato, riferendo che avrebbe aspettato all’esterno. «Nemmeno la detenzione gli ha impedito di delinquere – ha sottolineato Canonica Alexakis –, visto che ha ripetutamente interessato la giustizia: se è pur vero che un imputato può non collaborare, con questo comportamento ha ostacolato l’inchiesta a suo carico senza motivi validi». Parlando del reato principale di furto ripetuto, in alternativa furto aggravato, l’accusa ha definito «fantasiose» le dichiarazioni dell’uomo che, nonostante la presenza di «svariate prove come il suo Dna sul luogo dei fatti e le immagini della videosorveglianza di Lugano, si è ostinato a negare l’evidenza dei fatti». Per l’accusa è «fantasioso» anche quanto accaduto a metà gennaio all’ospedale Civico dove il 47enne è stato portato dopo «un episodio di sanguinamento di origine non chiara». Per fermarlo dopo aver fumato una sigaretta, «l’agente ha dovuto usare lo spray da difesa, anche se l’imputato ha dichiarato di non volere fuggire ma di aver voluto raggiungere una bambina, che pensava fosse sua figlia, vicino agli ascensori».
‘Non ci sia presunzione di colpevolezza’
Per la difesa, la difficoltà maggiore del processo è quella di «non lasciarsi sedurre dalla presunzione di colpevolezza» del 47enne dato che «negli ultimi due atti d’accusa emerge una certa tendenza del Ministero pubblico a supporre a priori la sussistenza di un illecito anche senza elementi fattuali». A mente dell’avvocato Wolff c’è quindi «spazio per una sfrondatura degli atti d’accusa e per il proscioglimento dei reati non ammessi». Nelle sue ultime parole prima della camera di consiglio, l’imputato ha spiegato di «aver sbagliato tanto ma non l’ho fatto per vivere: sono 30 anni che lavoro (nel settore delle automobili, ndr) e non ho bisogno di rubare spicci o biciclette per vivere». Qualche bici elettrica l’ha sì rubata, «ma non avevo intenzione di venderla ma di usarla perché non ho la patente. Ho solo bisogno di tornare a lavorare e dimostrarvi che non sono quello descritto negli atti d’accusa».
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