L’iter è appena partito. La Provincia vuole procedere spedita per arrivare al più presto alla realizzazione dell’inceneritore (o termovalorizzatore): la progettazione entro il 2025 e l’inizio dei lavori entro il 2026. Ma quanto ci costerà l’impianto? Qualche tempo fa la Fondazione Bruno Kessler, con il direttore del Centro per l’energia sostenibile Luigi Crema, aveva fatto i conti. In totale si arriva a una spesa di 315 milioni di euro in 20 anni. Senza la vendita di energia termica – cosa probabile se si decidesse di realizzare l’impianto alla discarica di Ischia Podetti, a Trento – sarebbe un buco milionario. Converrebbe continuare a esportare i rifiuti indifferenziati fuori provincia.
Discariche al capolinea
Il problema dei rifiuti nasce dalla saturazione delle discariche trentine, arrivate tutte al capolinea. A breve dovrebbe entrare in funzione il nuovo deposito a Ischia Podetti, il catino nord da 230mila tonnellate. Ma la Provincia – in accordo con i sindaci del Consiglio delle autonomie locali (Cal) – ha deciso di chiudere il ciclo dei rifiuti con un impianto. Basta discariche: inquinano troppo, sono onerose e posticipano solamente il problema.
I costi dell’inceneritore
In Trentino il rifiuto residuo si attesta sulle 55mila tonnellate. In più ci sono altre 10mila tonnellate di rifiuti da pulizia stradale e ingombranti (lavatrici, frigoriferi, televisori). Non solo. Ci sono altre 20mila tonnellate di scarti da raccolta differenziata, cioè quei rifiuti che non vengono differenziati bene. Si arriva così a circa 85mila tonnellate di rifiuti indifferenziati all’anno: questo è il quantitativo che il Trentino deve, in qualche modo, smaltire.
Non a caso Fbk, nel suo studio, ha preso come riferimento un inceneritore con una capacità massima di 100mila tonnellate, e un ciclo di vita di 20 anni. I conti sono stati fatti sul trattamento di 80mila tonnellate all’anno.
Il costo totale dell’impianto – comprensivo di tutto, anche delle spese impreviste – è stato stimato in 155 milioni. Il costo di gestione annuale, invece, si aggira intorno agli 8 milioni (160 milioni in 20 anni). Per l’intero arco di vita dell’impianto, dunque, la spesa ammonterebbe a 315 milioni, 15,7 all’anno.
La principale fonte di ricavi di un inceneritore consiste nella vendita di energia termica. Considerando il prezzo attuale dell’energia, la stima dei ricavi oscilla tra i 20 e i 23 milioni annui. L’impianto, dunque, viaggiain attivo solo se c’è anche una rete di teleriscaldamento.
Nei prossimi mesi Provincia e Comuni, riuniti sotto il nuovo consorzio Egato, dovranno decidere la sede dell’impianto. Le opzioni sono due: ai Lavini di Marco di Rovereto oppure alla discarica di Ischia Podetti. La soluzione più quotata, attualmente, è la discarica di Trento. In questo caso, però, la resa di un’eventuale rete di teleriscaldamento sarebbe ridotta.
Export
Intanto oggi si spendono 11 milioni all’anno per bruciare i rifiuti fuori provincia. Le principali destinazioni includono gli impianti gestiti da Ecocenter di Bolzano (13mila tonnellate), Rea Dalmine di Dalmine, Bergamo (10.200 tonnellate), Ecology Transport di Vallelaghi (7mila tonnellate, poi portate a Brescia), Pa Service di Cortaccia, Bolzano (4mila tonnellate). Il secco residuo prodotto nel territorio comunale di Trento, 8mila tonnellate l’anno, è al momento conferito autonomamente da Dolomiti Ambiente all’impianto Tea di Mantova.
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