Un tema delicato che oltrepassa gli schieramenti politici e tocca la sfera più intima dell’essere umano. Il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, è intervenuto personalmente questa mattina in Consiglio Regionale per riferire sul primo caso di suicidio medicalmente assistito avvenuto in Lombardia presso l’ASST Fatebenefratelli-Sacco. Dopo le sue dichiarazioni, in aula è seguito il silenzio.
Il caso e la procedura seguita
Il Presidente ha ricordato come la Regione si sia mossa in un contesto normativo frammentato, facendo riferimento alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale che “ha introdotto una condizione di non punibilità per il reato di istigazione o aiuto al suicidio”, stabilendo precise condizioni per l’accesso al suicidio medicalmente assistito. In questo quadro, la Direzione Generale Welfare ha garantito “un adeguato approfondimento delle tematiche in oggetto”, sottolineando però che:
“la Regione prioritariamente verifica la necessaria informazione e la concreta attuazione della rete di cure palliative e di tutti gli strumenti di assistenza disponibili per alleviare le sofferenze del paziente”.
Nel caso specifico, Fontana ha spiegato che “l’ASST Fatebenefratelli-Sacco è stata depositaria di una richiesta di suicidio medicalmente assistito”. Dopo la nomina di un Collegio valutativo e la consultazione del Comitato Etico territorialmente competente, che ha certificato la presenza dei quattro requisiti stabiliti dalla Corte, la procedura è stata autorizzata.
“Si precisa che la procedura di autosomministrazione non ha interessato il Servizio Sanitario Regionale – ha puntualizzato il Presidente, aggiungendo che – la prescrizione del farmaco è stata effettuata dal medico di fiducia individuato dalla paziente ed il farmaco è stato fornito dall’Azienda sanitaria territorialmente competente”.
Lega: decisione presa per evitare ricorsi legali
L’informativa del Presidente ha aperto la strada a un dibattito acceso, che ha messo in crisi anche la solidità della maggioranza. Alessandro Corbetta, capogruppo della Lega in Lombardia, ha espresso pieno sostegno a Fontana e alla sua Giunta, trovatisi a fare i conti con un vuoto normativo. Ricordando come proprio il Consiglio Regionale, lo scorso 19 novembre, abbia votato una pregiudiziale di costituzionalità sul progetto di legge di iniziativa popolare promosso dall’Associazione Luca Coscioni, ritenendo di non avere competenza a trattare la materia del fine vita in assenza di un quadro normativo nazionale.
Fratelli d’Italia: la Regione si doveva fermare
Più critica invece la posizione del capogruppo di Fratelli d’Italia Christian Garavaglia, che nel suo intervento in aula ha affermato “su questa tematica le nostre posizioni sono distanti e differenti”, e ha proseguito ponendo l’accento sull’importanza delle cure palliative.
“Le terapie del dolore sono gli unici strumenti idonei per accompagnare i sofferenti al termine della loro esistenza. Ci fa piacere oggi ascoltare che venga sottolineata l’importanza di destinare risorse al sistema delle cure palliative del nostro sistema sanitario. Riteniamo che Regione Lombardia oggi si sia spinta troppo in là. Il suicidio medicalmente assistito non è un tema di cui si deve occupare Regione Lombardia” ha concluso Garavaglia
Le opposizioni attaccano: il risultato di una maggioranza divisa
Il consigliere Nicola Di Marco, capogruppo del Movimento 5 Stelle, è stato il primo ad intervenire tra le opposizioni, attaccando le divisioni della maggioranza, che utilizzano come “scusa” il fatto di non poter legiferare in materia.
“E’ chiaro che non ci sarà mai un intervento nazionale su questo tema, perché dividerebbe la maggioranza, e quindi la risposta che diamo ai cittadini è arrangiatevi”
Anche il Pd nella figura del capogruppo Pierfrancesco Majorino e della consigliera Maria Rozza hanno sottolineato come, non si tratti di “fare una legge sul fine vita” ma di applicare delle norme già esistenti, approvate dalla Corte Costituzionale.
“Serena, come tante persone ha chiesto di applicare una sentenza della Corte Costituzionale, che come tutti noi sappiamo, al di là di ciò che altri vogliono far credere, è legge. E le leggi si applicano, piaccia o non piaccia. Qui si continua a giocare sui termini, noi come Consiglio Regionale non andavamo a definire nessun principio nuovo, nessuna norma nuova, andavamo semplicemente a regolamentare quanto stabilito dalla legge costituzionale, che incarica il servizio sanitario nazionale della declinazione organizzativa” ha affermato la Rozza.
L’appello al Parlamento
Anche dalle opposizioni poi è arrivata la sollecitazione al Governo nazionale per prendere provvedimenti rispetto a quanto deciso dalla Corte Costituzionale. In particolare dalla consigliera Lisa Noja di Italia Viva, e dalla consigliera Michela Palestra di Patto Civico.
La discussione, ha messo in luce come il tema del fine vita rappresenti una delle questioni etiche più complesse del dibattito pubblico, anche in Regione Lombardia. In grado di dividere non solo lungo le tradizionali linee di partito ma anche all’interno degli stessi schieramenti politici.
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