Il turismo nelle città secondarie genera 5 mld di euro. E ora sono nel mirino delle catene


Secondo gli esperti di Un Tourism e Ocse, che ne hanno delineato le caratteristiche durante un recente incontro del G20, con il termine città secondarie si intendono i centri urbani di secondo o terzo livello rispetto a un sistema gerarchico definito, su scala nazionale, in base alla popolazione. Una classifica nella quale invece le città primarie, o metropoli, coincidono quasi sempre con le capitali, politiche o economiche. Proprio come accade lungo la Penisola, dove infatti sono rispettivamente Roma e Milano a far parte della categoria ‘superiore’. Una caratteristica che però hanno le città secondarie italiane, rispetto ad esempio a quelle di altri Paesi con storia e tradizione meno antiche o ‘nobili’, è quella di avere un appeal turistico davvero interessante. Anche senza riferirsi a città secondarie già amatissime dai viaggiatori come Firenze e Venezia, basta pensare a centri dalla storia e dai monumenti millenari come Palermo o Napoli per capire come si stia parlando di una categoria di destinazione che ha un fascino che in altre Nazioni possiedono solo le capitali. La storia dell’Italia – dall’epoca dei Comuni a quella delle Repubbliche Marinare – ha fatto sì che lo Stivale abbia tuttora una tradizione secolare di città secondarie, centri che costituiscono una solida rete territoriale e che quindi usufruiscono già indipendentemente dai flussi turistici di servizi e infrastrutture.

AUMENTANO I RICAVI

Secondo quanto emerso durante il Forum Internazionale del Turismo, evento andato in scena a Firenze subito prima del G7 dedicato interamente al travel globale, l’industria delle vacanze sta evolvendo verso forme sempre nuove. In questo senso, grazie a diversi fattori esogeni come ad esempio le scelte di viaggio in chiave esperienziale delle generazioni più giovani, anche le destinazioni meno convenzionali stanno guadagnando terreno e consensi. Secondo l’analisi dei consumi turistici dell’Osservatorio Nazionale del Turismo, presentata durante il forum fiorentino, si è rilevato negli ultimi anni un incremento significativo della spesa da parte dei turisti, e in particolare di quelli internazionali, in tutte le aree del Paese comprese quelle ‘secondarie’. Questi luoghi, ha spiegato la ricerca, stanno non solo vedendo un aumento del flusso turistico, ma anche contribuendo significativamente all’economia grazie alle spese dei vacanzieri. L’Osservatorio stima infatti che il turismo in queste zone generi ogni anno oltre cinque miliardi di euro del Pil italiano, con un impatto anche a livello fiscale, con oltre 2,3 miliardi di euro di entrate per lo Stato. Senza contare che dal punto di vista occupazionale, l’indotto del turismo nei centri minori coinvolge circa 90mila persone. Un trend importante che ha visto ulteriore conferma durante l’estate 2024 quando lo studio ha rilevato come in alcune province meno note si sono fatti notare alti volumi di spesa da parte dei turisti stranieri. Accanto alle grandi città, soprattutto Roma, Venezia e Milano, è stato segnalato infatti un sorprendente elenco di destinazioni che hanno attirato l’attenzione, e le spese, dei viaggiatori internazionali. Tra queste figurano Bolzano, Sassari, Salerno e Brescia, province che, nel periodo estivo dell’anno appena terminato, hanno contribuito con il 13% alla spesa complessiva in Italia. Sempre nell’estate 2024, secondo un’indagine del canale di promozione indipendente Visit Italy, nella top five delle città italiane più visitate dai turisti ci sono state due ‘secondarie’ come Palermo e Bari.

I CASI DI NAPOLI, TORINO, PALERMO

Tra i centri di secondo livello che stanno crescendo già bene nel turismo oggi in Italia spicca Napoli. “La città – ha spiegato l’assessore al Turismo del Comune Teresa Armato – sta vivendo una trasformazione fino a poco tempo fa impensabile: da città di passaggio, verso le isole o le Costiera, a destinazione di rilievo internazionale che affascina i viaggiatori stranieri, soprattutto. Grazie per esempio alla bellezza artistica della metropolitana realizzata da grandi nomi della scena contemporanea. E un lavoro prezioso è anche quello svolto dalla ‘destination management organization’ partenopea Destinazione Napoli, che ci permette di costruire azioni di promozioni concrete e diversificare l’offerta turistica, presentandoci anche all’estero. Tanto che per il 2024, la città ha registrato che i principali flussi provengono da Francia, Stati Uniti, Germania, Spagna e Regno Unito”. Francesi e americani sono anche i più presenti a Torino, altra secondaria che negli ultimi anni ha performato sempre meglio, come ha raccontato Fabio Borio, presidente di Federalberghi Torino. “La città si conferma destinazione turistica e continua ad attrarre turisti che generano un impatto positivo sull’intero tessuto economico cittadino. Dopo un anno eccezionale come il 2023, per il 2024 era logico attendersi una flessione. I flussi invece sono rimasti simili: segno che il posizionamento turistico della città è ormai forte”.

Dal capoluogo piemontese a quello siciliano, Palermo: in questo caso è un investimento a testimoniare quanto la città sia anch’essa entrata in un percorso virtuoso di destinazione in ascesa. Da poco infatti lo storico albergo cinque stelle Grand Hotel et Des Palmes, icona storica dell’ospitalità cittadina, è entrata nell’orbita di uno dei più importanti gruppi italiani dell’ospitalità, Mangia’s. “Crediamo in questo progetto di sviluppo – ha spiegato Marcello Mangia, CEO di Aeroviaggi, società proprietaria della catena alberghiera Mangia’s – non solo perché la nostra azienda è palermitana di origine. Da questa città sempre più richiesta dal mercato internazionale infatti abbiamo compiuto il primo passo nel lancio della nostra strategia dedicata ai city hotel luxury che intendiamo estendere ad altre città italiane. Anche in questo caso intendiamo perseguire una strategia di partnership con importanti brand dell’ospitalità internazionale, come accaduto nel recente passato per altre strutture”.

IL RUOLO DELLE CATENE

Proprio le grandi company globali peraltro hanno da tempo ampliato la loro strategia di ingresso nel mercato italiano attraverso la ‘porta’ delle città secondarie. Sia per una questione di spazio di manovra maggiore rispetto alle metropoli Milano e Roma, nelle quali le aperture in pipeline sono già numerose, sia perché anche la domanda della loro clientela internazionale sempre più spesso chiede di soggiornare in queste destinazioni emergenti. “Durante la prima metà del 2024 – ha raccontato la chief assets and development officer di Minor Hotels Laia Lahoz – in Italia, i ricavi sono aumentati del 4%, con Venezia e, soprattutto, con le città secondarie che hanno superato per giro d’affari le città principali, Milano e Roma. In queste ultime infatti la crescita è stata moderata, ma si confrontano con le straordinarie performance del 2023”. Presente in Italia oggi con oltre 50 alberghi di diversa categoria e sei brand, il gruppo ha visto buone performance dei prezzi medi e lievi aumenti dell’occupazione che portano la sua visione a guardare ancora più da vicino allo Stivale. “Per il futuro pensiamo ci siano città come Napoli, Modena o Firenze, nelle quali i nostri brand upscale e upper-upscale Nh, Nh Collection e Nhow abbiano opportunità di crescere”.

Ampliarsi in Italia è oggi anche una priorità del gruppo alberghiero americano Hyatt, il cui piano di sviluppo prevede di arrivare a triplicare gli alberghi presenti lungo la Penisola entro i prossimi cinque anni. “L’Italia già rappresenta il terzo mercato europeo del gruppo – ha spiegato Felicity Black Roberts, vicepresidente senior sviluppo Emea di Hyatt – e per noi il prossimo allargamento del mercato nel Belpaese passerà sia dalle mete di mare, sempre più considerate anche a livello globale, che proprio dalle città ‘secondarie’, ovvero da quelle destinazioni uniche che solo l’Italia può offrire come sono ad esempio Genova e Torino”. In quest’ottica il gruppo guarda a possibili affiliazioni di hotel indipendenti che entrando nel circuito distributivo Hyatt potrebbero ottenere in cambio una nuova forza commerciale. “La strategia che abbiamo messo a punto per sviluppare la nostra presenza in Italia punta infatti a creare partnership con proprietà familiari su segmenti di mercato legati maggiormente al lifestyle e riconducibili a quei brand, quali ad esempio Thompson o JdV by Hyatt”.

Oggi presente in Italia con 72 strutture (e 21 hotel in pipeline) soprattutto di fascia lusso e upper scale (22% lusso, 46% premium), anche un ‘gigante’ come Marriott guarda a una più ampia e variegata distribuzione sul territorio nazionale. “Attualmente – ha detto Filippo Papa, director development Italy di Marriott International – oltre il 60% della nostra presenza in Italia è concentrata in quattro città principali: Roma, Milano, Firenze e Venezia. Sebbene vediamo ancora opportunità di crescita in queste città, stiamo focalizzando i nostri sforzi su mercati come Torino, Verona, Genova, Bologna e Napoli, dove la presenza di brand internazionali è ancora limitata”.



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