BRINDISI – “Presenteremo degli emendamenti in favore dell’indotto della filiera. Chiederemo garanzie immediatamente esigibili”. Il presidente del comitato Sepac (task force regionale per le emergenze industriali), Leo Caroli, chiarisce i motivi per cui la Regione Puglia, rappresentata dal medesimo Caroli, non ha sottoscritto il protocollo sulla chimica di base che lunedì (10 marzo) è stato siglato presso il Mimit (ministero delle Infrastrutture e del Made in Italy), al termine di un lungo confronto fra il ministro Adolfo Urso, i sindacati e le altre Regioni in cui opera Eni Versalis: Sicilia, Lombardia, Veneto. Oltre alla Regione Puglia, al momento non hanno aderito al documento anche la Cgil e le Regioni Sicilia e Veneto. Leo Caroli fissa i seguenti principi, alla base di un eventuale accordo: “Sostenibilità ambientale, sostenibilità economica, sostenibilità istituzionale, sostenibilità sociale, che qui salta – spiega il presidente del comitato Sepac – perché, per noi, passa dalla difesa dell’occupazione”.
Per quale motivo non avete sottoscritto il protocollo?
Le ragioni sono semplici, basta leggere il documento. Intanto c’è una ragione di metodo. Alcuni sindacati e alcune Regioni avevano il protocollo già da giorni. Avevano potuto leggere, approfondire, emendare e aggiustare. La Regione Puglia non lo ha mai ricevuto. La questione è singolare. Mi chiedo se la Provincia di Brindisi e il sindaco di Brindisi, che pure ospitano il petrolchimico e gestiranno in trincea la crisi, ne conoscessero il contenuto. Intanto prendo atto che sono stati del tutto ignorati. Ed è una cosa grave. Se non ascolti Comune, Provincia e Regione, c’è un problema di sostenibilità delle istituzioni: del loro rapporto con il governo.
La convince il piano industriale previsto per il sito di brindisi, che prevede la realizzazione di una giga factory?
Per quello che avviene a Brindisi, ci sono degli impegni generici rispetto alla cosiddetta ‘intensità di produzione’. Io sfido il più bravo degli economisti e degli industrialisti a spiegare cosa significa. Continuità sugli stessi livelli, tali da determinare gli stessi livelli occupazionali dei dipendenti diretti? Non lo si capisce. E oltre la genericità delle dichiarazioni a favore dell’occupazione (‘ci sarà un’occupazione superiore a quella attuale’; ‘tutti saranno ricollocati?), tutto è declinato al futuro e tutto è rivolto esclusivamente ai lavoratori dipendenti di Versalis. Non c’è un impegno concreto per l’indotto, neanche a regime, nel 2029. Solo un passaggio generico. Impegni concreti ed esigibili, in quel documento, non ce ne sono. Nell’incontro che abbiamo fatto a Bari, sindaco, Provincia e Regione eravamo tutti d’accordo sul fatto che questa chiusura, senza tutele, ci preoccupava. La Regione Puglia è favorevole alla giga factory. Non comprendiamo perchè si debba chiudere cracking, mentre si realizza la giga factory.
Teme ripercussioni anche sulla filiera?
La filiera è completamente ignorata. Se chiudi il cracking, inevitabilmente ci saranno delle ripercussioni sulla filiera. Non c’è una parola sulla filiera. Cosa succede, cosa facciamo, come la proteggiamo? E l’indotto della filiera, come garantiamo quei livelli occupazionali? Ci sono solo slogan e non un impegno immediatamente, realmente, esigibile, a favore dell’occupazione. Tutto questo non ci ha convinto, ci preoccupa. Avevamo proposto il differimento della chiusura, in modo da avere più tempo per confrontarci, ragionare e superare le contraddizioni.
La Regione continuerà a insistere sulla richiesta di differimento della chiusura del cracking, prevista entro il 31 marzo?
Il ministro Urso ha detto che già nei prossimi giorni ha appuntamento con i suoi colleghi della Polonia, che presiede la Commissione Europea, della Francia e degli altri ministri europei, per confermare la strategicità della chimica industriale, in Europa e quindi in Italia. E per quale motivo chiudi tutti i cracking? Ma allora non chiudere. Completa questo percorso di confronto e quando sarà chiaro quale sarà stato il futuro della chimica in Europa, magari anche cambiando alcune rigidità che ci sono oggi, che forzano la transizione, ne riparliamo. Tutta questa serie di contraddizioni ci preoccupano, perché poi nel territorio ci siamo noi. Mica ci sta il governo. Nel territorio bisognerà governare le conseguenze di un protocollo che se dovesse rimanere così com’è, sarebbe sciagurato.
Ci sono dei margini perché possiate aderire al protocollo?
Già abbiamo ottenuto un grande risultato, ottenendo la possibilità di emendare. Entro l’inizio della prossima settimana presenteremo degli emendamenti in favore dell’indotto della filiera, chiedendo garanzie immediatamente esigibili, oggi, su impegni concreti. Qualora gli ammendamenti non fossero accolti, ci riserveremo di decidere. Non escludo, certo, che a quel punto sarà difficile firmare il protocollo.
Il fronte sindacale non è compatto.
Sì, è così. Però bisogna prenderne atto, con rispetto, perché penso che comunque si tratta di decisioni sofferte per tutti. Ma il rispetto così come lo si dà, poi lo si deve anche ottenere. Quando manca, e ultimamente mi sembra che sia mancato verso le istituzioni, la cosa infastidisce un po’. Però ci sentiamo forti della oggettività delle osservazioni fatte. E forti di una battaglia onesta, sincera e convinta a difesa dell’occupazione e dell’industria chimica italiana.
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