La ricerca della Cgia di Mestre: anche Roma e Milano in vetta. La Campania domina la top ten con tre province
La provincia di Napoli fa registrare il record d’imprese potenzialmente controllate o collegate alla camorra e alle altre organizzazioni criminali di stampo mafioso. A rilevarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha analizzato la profondità economica del fenomeno mafioso in Italia. In tutto il paese sarebbero 150 mila le imprese nell’orbita dell’economia malavitosa: ‘ndrine, cosche e famiglie mafiose di queste 18.500 sarebbero sul territorio partenopeo, facendo di quella napoletana la provincia che guida la classifica italiana dell’infiltrazione mafiosa nell’economia.
Sul podio salgono Roma (16.700) e Milano (15.650). La classifica è stata stilata attraverso l’incrocio dei dati dell’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, che raccoglie ogni anno le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette, e di quelli della Direzione Antimafia.
La Campania domina la top ten con ben tre province: Caserta, quasi 6 mila aziende che sarebbero collegate o controllate dalla criminalità organizzata, è la quarta d’Italia e Salerno è settima, circa 4 mila imprese; mentre Avellino è trentasettesima con oltre mille aziende «in odor di mafia» e Benevento quarantaquattresima (807). Se i dati disegnano il tessuto economico campano come quello più infiltrato d’Italia, la mafia è però un fenomeno nazionale e dimostrarlo è il giro di affari delle organizzazioni criminali che la Cgia calcola di 40 miliardi di euro all’anno, pari al 2% del Pil italiano. Una tale dimensione finanziaria fa delle mafie uno dei grandi player economici nazionali. Se infatti si paragona questo «fatturato» dell’industria del crimine a quello degli altri attori industriali italiani si nota che le mafie sono il quarto grande gruppo industriale del nostro Paese. Del resto, 40 miliardi sono quasi il triplo del fatturato di Leonardo (15,3) e di Telecom (16,1); il doppio di quello di Stellantis (27), mentre in Italia fatturano più della mafia spa solo l’Eni (93,7), l’Enel (92,9) e Gse (55,1).
D’altronde i capitali mafiosi spaziano su più campi di interesse e d’investimento a partire dagli ambiti tipicamente criminali come il narcotraffico, lo smaltimento illegale di rifiuti, il traffico di armi, la tratta di esseri umani, l’usura, il contrabbando e la prostituzione, per arrivare a moderni campi come le criptovalute e la vendita illecita sul darkweb. Davanti a queste enormi organizzazioni occulte impossibili da misurare quantitativamente, per avere una misura dell’infiltrazione economica di ogni territorio la Cgia prende in esame le denunce per estorsione. Un fenomeno aumentato negli ultimi dieci anni in tutta Italia con tassi superiori al 100% nel Nord. La Campania ha avuto una crescita ridotta (+33%), che se incrociata al numero di aziende «in odor di mafia» mostra il peso della criminalità organizzata sull’economia locale. Ancora una volta sono i dati a raccontarci con la loro crudezza come le mafie siano un colosso dell’economia globale che hanno in Campania un quartier generale che però non distribuisce benefici e ricchezza al territorio ma lo sfrutta, ne condiziona lo sviluppo e ne annichilisce il futuro.
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