Restano le 2 regioni “meno care”: l’indice lucano dei prezzi al consumo non più così distante dalla media nazionale
A novembre l’inflazione sale a +1,3%, tornando allo stesso livello del luglio scorso. La nuova accelerazione del ritmo di crescita dei prezzi al consumo, secondo l’Istituto nazionale di statistica (Istat), riflette dinamiche inflazionisti- che concentrate in alcuni settori: si acuiscono le tensioni sui prezzi dei be- ni alimentari, che registrano un’accentuazione della loro crescita su base annua, e dei beni energetici, la cui spinta deflazionistica risulta fortemente ridimensionata. In accelerazione tendenziale sono anche i prezzi dei Servizi relativi ai trasporti. A novembre, il tasso di crescita dei prezzi del “carrello della spesa” sale a +2,3% mentre l’inflazione di fondo si attesta a +1,9%. Il comparto dei beni alimentari mostra nel complesso un profilo tendenziale in accelerazione (da +2,4% a +2,6%; +0,6% dal mese precedente). Più in dettaglio, i prezzi degli Alimentari lavorati aumentano il loro ritmo di crescita su base annua (da +1,7% a +1,9%; +0,3% il congiunturale). Nel settore degli Alimentari non lavorati, le spinte al rialzo (da +3,4% a +3,8%; +1,2% la crescita su base mensile) sono imputabili ai prezzi dei vegetali freschi o refrigerati diversi dalle patate (da +9,4% a +10,9%; +1,1% il congiunturale), mentre quelli di frutta fresca o refrigerata restano stabili (a +2,7%; +4,1% da ottobre). I TERRITORI Con riferimento alle cinque ripartizioni del territorio nazionale, a novembre, si registra una generale accelerazione del tasso d’inflazione. La variazione percentuale sui dodici mesi è più alta di quella nazionale nel Centro (da +1,1% di ottobre a +1,4%), nel NordEst (da +1,0% a +1,4%), è pari nel Sud (da +0,8%) e nel NordOvest (da +0,7%), mentre risulta inferiore nelle Isole (da +1,0% a +1,1%). In riferimento all’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), la Basilicata (a +1%, mentre a ottobre era +0,1%) comunque presenta un tasso d’inflazione leggermente inferiore rispetto alla media nazionale (+1.3%), e, inoltre, è risultata ancora una volta, a novembre in compagnia dell’Umbria, la 2° regione meno “cara” d’Italia. Meglio, soltanto la Valle d’Aosta (0,8%). A chiudere il terzetto di coda, il Molise (1,1%) e Toscana (1,1%). All’opposto, invece, il Lazio (1,9%), appaiate il Trentino Alto Adige (1,8%) e la Liguria (1,8%), e il Friuli Venezia Giulia (1,5%). Tra i capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluoghi di regione con più di 150mila abitanti l’inflazione più elevata si osserva a Bolzano (+2,1%) e a Roma e Genova (entrambe a +2,0%), mentre le più contenute si hanno ad Aosta (+0,8%) e a Livorno e Modena (entrambe a +0,7%). Per Potenza, così come per Campobasso, Brescia, Perugia e Messina, Nic al +1,1%.
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