È possibile concordare con l’avvocato un compenso pari al 50% della somma che si ottiene con la sentenza di risarcimento danni?
Un nostro lettore, trovandosi in un periodo di grande difficoltà dopo un infortunio e non avendo i mezzi per pagare un avvocato, ha deciso di concordare con questi un compenso pari al 50% dell’indennizzo che gli sarebbe stato riconosciuto con la sentenza, a titolo di risarcimento. Tuttavia, ora che il giudice ha condannato la controparte a versare un sostanzioso indennizzo, si ritrova a dover versare oltre 100.000 euro di parcella al legale. Ci chiede se un tale accordo possa essere considerato eccessivamente sproporzionato. È lecito un contratto che preveda metà del risarcimento all’avvocato come compenso?
La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza. Ci sono due aspetti da analizzare:
- la legittimità del cosiddetto “patto di quota lite”, ossia la previsione di un compenso parametrato alla misura del risarcimento danni;
- l’eventuale previsione di un limite che la percentuale riconosciuta al legale non possa superare.
Cerchiamo di fare il punto della situazione analizzando separatamente tali aspetti.
Avvocato pagato a percentuale: è possibile?
L’accordo tra cliente e avvocato che preveda una retribuzione pari a una quota del diritto fatto valere si chiama patto di quota lite. Tale contratto è legittimo solo se:
- previsto in anticipo e per iscritto;
- la percentuale è applicata sulla richiesta inizialmente fatta valere e non su quanto viene effettivamente riconosciuto all’assistito.
Facciamo un esempio pratico.
Un cliente concorda con il proprio difensore una parcella pari al 10% del risarcimento da chiedere all’assicurazione. La domanda che viene formulata al giudice indica una somma di 100mila euro a titolo di danni patrimoniali e alla salute. Il giudice ne riconosce solo 70mila. Il 10% dovuto al legale dovrà essere calcolato su 100mila e non su 70mila.
Il mancato rispetto di tali regole determina la nullità del patto di quota lite. Se così fosse, l’avvocato avrà comunque diritto a essere retribuito ma sulla base dei parametri fissati dal DM n. 55/2014 (quindi sicuramente in misura inferiore).
Che fare se la percentuale all’avvocato è troppo elevata?
L’articolo 29 del Codice di deontologia forense prevede che il legale non possa richiedere compensi o acconti manifestamente sproporzionati all’attività svolta o da svolgere.
Secondo la giurisprudenza, l’accordo sulla parcella dovuta all’avvocato, anche se fissata in percentuale alla domanda giudiziale, deve sempre rispettare il dovere deontologico previsto dal citato all’art. 29 co. 4 del Codice deontologico. Pertanto, sia il giudice quanto l’ordine deontologico di appartenenza possono ridurre a equità la somma del corrispettivo in questione: possono cioè sindacare il patto di quota lite se prevede compensi manifestamente sproporzionati in relazione all’attività svolta.
In un caso, deciso dal Consiglio Nazionale Forense (sentenza n. 286 del 28 giugno 2024), una cliente conferiva mandato al suo difensore per ottenere il risarcimento dei danni sofferti a causa della morte del marito in un incidente stradale. Nel contratto riconosceva al legale un compenso pari al 50% del risultato ottenuto, ovvero la somma di 329mila euro. In applicazione del principio appena citato, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per un anno e la nullità del patto.
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