Egregio direttore,
l’ex ministro degli Interni e oggi dei Trasporti è stato assolto. Un peana di pareri positivi ha occupato pagine e pagine del giornale da Lei diretto. Praticamente nulla invece sull’assoluzione di Renzi. Io non simpatizzo per nessuno dei due anche se il più pericoloso è il medievalista Salvini a cui danno man forte Fedriga e la Meloni.
G.B.
Padova
La risposta del direttore del Gazzettino Roberto Papetti
Caro lettore,
capisco, dai toni delle sue considerazioni, che lei avrebbe preferito che Matteo Salvini fosse condannato o che almeno fosse assolto con una motivazione meno definitiva de “il fatto non sussiste”. Non è il solo. Ma anche nel valutare lo spazio che si dà alle notizie bisognerebbe non farsi condizionare dai propri giudizi e pregiudizi politici. O dalla propria delusione.
Anche la sentenza che ha prosciolto Matteo Renzi, e a cui il nostro giornale ha comunque dedicato diversi articoli, è stata importante e indicativa di un certo modo di condurre inchieste da parte di alcuni pm. Anche nel caso della sentenza Open, la Fondazione vicina all’ex premier che secondo l’accusa avrebbe violato le leggi sul finanziamento dei partiti, un leader politico è stato tenuto sulla graticola giudiziaria per anni, salvo poi essere riconosciuto senza colpe. Anche in quel caso il sospetto di una deriva politica dell’azione giudiziaria ha animato il dibattito.
Ma l’importanza della sentenza su Salvini non ha paragoni sul piano politico e giudiziario con quella che ha riguardato Renzi. Perché Salvini è uno dei due vice premier del governo in carica e una sua eventuale condanna, non solo l’avrebbe fortemente indebolito, ma sarebbe stata usata ovviamente dall’opposizione per chiederne le dimissioni immediate e per cercare di mettere in crisi il governo Meloni. Perché la sentenza tocca un tema cruciale non solo per il nostro Paese, quella della gestione dei flussi migratori e degli sbarchi nel Mediterraneo. Perché la vicenda, come poche altre, aveva suscitato un clamore internazionale. Perché quell’indagine era diventato il simbolo di un controverso rapporto tra magistratura e politico.
E’ quindi del tutto evidente che una vicenda come questa, comunque si fosse risolta, avrebbe occupato per giorni le pagine dei giornali e i notiziari televisivi. Non poteva essere diversamente. Ed è abbastanza naturale che a parlare oggi siano soprattutto coloro che danno un giudizio positivo della conclusione del processo. Gli altri hanno poco da dire. Se non prendere atto della sentenza e della sconfitta. O dell’occasione mancata. Ma questo, ancora una volta, dimostra quanto sia sbagliato delegare battaglie politiche alla magistratura.
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