Nel 2025 assisteremo a diverse novità riguardanti il cosiddetto “Decreto Salva Casa”. Ecco una piccola panoramica
L’introduzione della Legge n. 105/2024, che converte il Decreto Legge n. 69/2024, noto come “Decreto Salva Casa”, ha segnato un cambiamento significativo nel panorama normativo riguardante gli abusi edilizi in Italia. Il governo ha cercato di rispondere alle crescenti esigenze di regolarizzazione delle opere abusive e di adattamento delle strutture esistenti alle nuove necessità abitative e urbanistiche.
Tuttavia, come evidenziato dalla recente sentenza del Consiglio di Stato (11 dicembre 2024, n. 10000), ci sono ancora molte questioni irrisolte in questo ambito. Le modifiche apportate dal Decreto Salva Casa si concentrano su due aspetti principali: le procedure di sanatoria e il cambio di destinazione d’uso.
Come cambia il “Decreto Salva Casa”
Il caso esaminato dal Consiglio di Stato riguardava la richiesta di sanatoria presentata da un proprietario per alcune opere considerate abusive. In particolare, l’appellante cercava di annullare la decisione del T.A.R. che aveva rigettato la sua richiesta di sanatoria, sostenendo che le opere in questione non rispettavano le normative urbanistiche. Le violazioni comprendevano:
- Cambio di destinazione d’uso di un locale cantina trasformato in un’unità abitativa.
- Costruzione di un box auto e un deposito su aree comuni del condominio.
- Realizzazione di opere senza le necessarie concessioni edilizie e in una zona soggetta a vincoli paesaggistici.
Nella sua sentenza, il Consiglio di Stato ha ribadito alcuni principi fondamentali riguardanti la regolarizzazione degli abusi edilizi. In primo luogo, ha sottolineato l’importanza di ripristinare la legalità urbanistica, affermando che le ordinanze di demolizione sono vincolanti e devono essere eseguite, indipendentemente dalla responsabilità del proprietario attuale. Questo significa che anche se l’abuso è stato commesso da un precedente proprietario, la responsabilità di rimuovere l’abuso grava sul proprietario attuale.
Inoltre, il Consiglio di Stato ha chiarito che spetta al proprietario dimostrare la conformità dell’opera alle normative urbanistiche sia al momento della realizzazione che al momento della domanda di sanatoria. Nel caso specifico, la trasformazione del locale cantina non ha rispettato le regole urbanistiche previste, e pertanto non è stata concessa la sanatoria.
Uno dei punti salienti trattati dalla sentenza riguarda la natura dell’ordine di demolizione. Il Consiglio di Stato ha stabilito che le ordinanze di demolizione non sono influenzate dal tempo trascorso dall’abuso, né dalla responsabilità dell’attuale proprietario. L’ordine di demolizione deve essere eseguito senza necessità di motivazione aggiuntiva, se non quella di ripristinare la legalità violata. Questo approccio è in linea con un precedente orientamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che ha ribadito l’obbligo di demolire anche in caso di ingiunzioni tardive.
La sentenza ha quindi respinto la richiesta di sanatoria, evidenziando che il cambiamento di destinazione d’uso era di natura “urbanisticamente rilevante” e non ammissibile. Questo aspetto pone un freno alle possibilità di regolarizzazione di opere che comportano modifiche sostanziali alla configurazione edilizia originale.
In sintesi, la sentenza del Consiglio di Stato ha chiarito che non tutte le opere abusive possono essere sanate, specialmente quando esse comportano un cambiamento significativo nella destinazione d’uso o violano norme di tutela ambientale e paesaggistica. Questo orientamento è destinato a influenzare le decisioni future, soprattutto in relazione alle nuove normative introdotte dal Decreto Salva Casa.
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