Una lunga linea che punta verso il basso racconta le difficoltà dell’edilizia pubblica veneziana: se nel 2009 gli alloggi di proprietà dell’Ater affittati erano 9.277 su un totale di 9.688, nel 2023 solo 7.400 su 9.750 avevano al loro interno degli inquilini.
Gli appartamenti sfitti sono cresciuti di duemila unità, passando dai 411 del 2009 agli attuali 2.350.
Non significa solo case vuote, in balia del progressivo deterioramento, ma anche duemila famiglie che avrebbero potuto aver bisogno di un alloggio a prezzi calmierati e non l’hanno avuto.
La situazione negli ultimi anni
«Negli ultimi 15 anni non c’è un solo anno in cui le case sfitte siano diminuite» commenta l’osservatorio sulla residenzialità Ocio. «Se il problema è generale, sappiamo anche che la percentuale veneziana degli sfitti non ce l’ha nessuno in Veneto. Dagli anni ’90, l’edilizia pubblica non è più una priorità».
Dati alla mano, Ocio mostra le cifre investite dall’Ater nella ristrutturazione, recupero, manutenzione straordinaria e acquisto degli immobili: se nel 2009 i fondi erano pari a 18 milioni e 400 mila euro, nel 2023 sono scesi drasticamente a sei milioni e mezzo.
Questo perché i finanziamenti regionali, dopo il Piano casa che ha coperto le annualità dal 2013 al 2020, sono stati ridotti in maniera significativa.
«È evidente che la dimensione degli investimenti disponibili è del tutto incompatibile non solo con l’obiettivo di risanare l’intero patrimonio degradato, ma anche – più modestamente – di evitare il continuo aumento degli alloggi non occupati perché inagibili. Il presidente stesso dell’Ater ha ammesso che le risorse impegnate non sono sufficienti per riuscire a riconsegnare agli assegnatari gli alloggi che vengono restituiti per cessata locazione, a causa della progressiva vetustà del patrimonio immobiliare. E infatti nel 2023, a fronte di 77 alloggi sfitti recuperati e riassegnati, Ater ha registrato 213 alloggi restituiti per disdetta del contratto».
Reperire risorse per restaurare il patrimonio residenziale pubblico, ampliando l’offerta abitativa, è da sempre l’obiettivo dichiarato per giustificare la vendita delle abitazioni di Erp. «Dal 2000 al 2023» conferma Ocio, «a tal proposito, sono stati venduti 1.758 alloggi e l’Ater è diventata una vera e propria azienda economica e strumentale della Regione».
I grafici
Alloggi da assegnare
Tuttavia, negli ultimi anni anche le vendite sono crollate e, di conseguenza, anche gli introiti. «L’ultimo piano di vendita quinquennale risale al 2020 e prevedeva la vendita di 983 alloggi, di cui 224 sfitti. Numeri troppo elevati, la stima realistica è di al massimo un centinaio, quindi del 10%, ovvero 20 sfitti e 80 assegnati».
Dall’operazione, Ater stima di ricavare circa 5 milioni, con cui potrebbe restaurare 305 alloggi sfitti.
Drammatica anche la situazione delle morosità: dai 3,9 milioni di euro del 2009, nel 2023 ha raggiunto il record degli 8,3 milioni.
Dal 2020, le conseguenze socio-economiche della pandemia hanno portato una buona fetta di inquilini in Social Housing – ovvero con un affitto a canone concordato – all’autoriduzione dei canoni d’affitto, in quanto, a differenza degli inquilini assoggettati alla normativa dell’Erp, non possono ottenere un canone ridotto in caso di peggioramento della situazione economica.
Gran parte di questi contratti è stata rinnovata tra il 2021 e il 2022, con un significativo aumento dei fitti mensili, che ha comportato, secondo la relazione al bilancio consuntivo 2023, un ulteriore aggravamento delle situazioni di morosità.
Nordio: «Trecento milioni per le ristrutturazioni»
Ogni anno una corsa alla sistemazione degli appartamenti riconsegnati, al recupero degli alloggi sfitti, qua e là interventi di manutenzione ordinaria a cui si deve far fronte spesso in maniera tempestiva, per non creare un disagio agli inquilini. Fabio Nordio, presidente dell’Ater di Venezia, spiega le difficoltà che ogni giorno si incontrano nel gestire il patrimonio immobiliare pubblico, spesso con fondi insufficienti rispetto ai bisogni.
Qual è la situazione attuale dell’Ater?
«Ogni anno cerchiamo di rimettere sul mercato circa 300 alloggi, eseguendo tutti gli interventi del caso sugli appartamenti che ci vengono riconsegnati dagli inquilini, ma abbiamo anche un aumento delle case sfitte».
Fabio Nordio, presidente dell’Ater di Venezia
Appartamenti che hanno bisogno di interventi di manutenzione importanti?
«Sì, molti si trovano in cattivo stato, un po’ perché sono alloggi molto datati e poi perché spesso è da diversi anni che sono vuoti».
Per sistemarli, quindi, c’è bisogno di un investimento importante, i fondi che ricevete dalla Regione sono insufficienti?
«Il problema non è dovuto solo alla Regione, ma generale. Ci servirebbero 300 milioni di euro, per recuperare duemila case sfitte».
Invece di quanto disponete?
«Quest’anno la novità introdotta dalla Regione è la possibilità per l’Ater di tenere lo 0,4% degli incassi dei canoni, che fino ad oggi le versavamo. Parliamo di circa 5 milioni di euro, da dividere tra le sette Ater del Veneto».
«Noi siamo la realtà più grande, visto che la ripartizione dipende dal numero di alloggi. Dovremmo riuscire a incassare circa 200 mila euro».
Comunque pochi rispetto ai 300 milioni di cui avreste bisogno per recuperare le case sfitte.
«Dovrebbero arrivare anche 14 milioni da parte del Governo, ma bisognerà capire se andranno all’edilizia residenziale pubblica (Erp) solo dei comuni o anche dell’Ater. Nel Bilancio è previsto un miliardo e 300 mila euro per gli alloggi Erp, si tratta di fondi previsti dall’Europa, bisognerà vedere quanto riceveremo».
Gli alloggi sfitti sono un problema soprattutto in centro storico: quanti sono?
«Cinquecento. Abbiamo siglato una convenzione con lo Iuav, all’interno del progetto Città Campus, per duecento di questi, tutti non Erp, per la progettazione della riqualificazione».
Poi a chi andranno, una volta pronti?
«A studenti e lavoratori, penso ai dipendenti degli enti pubblici, della sanità, a prezzo calmierato».
Un modo per ripopolare la città, anche lei crede che tutto parta dalla casa?
«È un aspetto fondamentale, ma da solo non basta per ripopolare Venezia. È necessario creare lavoro, se si vuole risolvere il problema della residenzialità, ed è importante che sia di qualità, altrimenti non si hanno i mezzi per sostenere i costi».
L’osservatorio Ocio: «Edilizia pubblica marginale»
La battaglia per la casa incrocia il tema della residenzialità, soprattutto in una Venezia che perde residenti. Orazio Alberti da anni è tra le menti e i cuori che portano avanti l’Osservatorio Ocio, una rete di occhi attenti sulla situazione abitativa in città.
A che punto siamo in fatto di politiche per la casa?
«Il Comune in tutti questi anni ha finanziato in maniera inadeguata l’intervento sul patrimonio abitativo, mentre è importante mantenere gli alloggi in buono stato. Le politiche abitative, però, prevedono altri interventi, dalle politiche urbanistiche al sostegno all’affitto, dimenticato dallo Stato e che il Comune non ha più integrato».
Nel bilancio del 2023 però è stato approvato un Piano Casa.
«Dopo anni di finanziamenti del Pon Metro e avanzi della Legge Speciale, a finanziamenti finiti, è stato costretto a metterci i propri soldi».
Il problema degli alloggi sfitti colpisce di più i poveri o il cosiddetto ceto medio?
«A Venezia non ci sono più affitti residenziali, anche il ceto medio non trova una casa, per questo le domande di partecipazione ai bandi sono così tante. D’altronde, l’espansione incontrollata delle locazioni brevi ha portato alla mancanza di appartamenti da affittare ai residenti».
Le domande di partecipazione ai bandi sono in crescita?
«Sì, anche quest’anno ci sono state duemila domande per l’Edilizia residenziale pubblica, nonostante le duemila assegnazioni del bando precedente».
Da quest’anno Ater non dovrà versare lo 0,4% sugli incassi alla Regione, un modo per avere più risorse?
«Una proposta fatta dalla consigliera Ostanel anni fa, accolta solo ora. Non si va da nessuna parte con queste proposte, se non vengono messe in atto politiche sul turismo e sulla residenza».
In cima all’ordine delle necessità cosa c’è?
«Un piano pluriennale sulla casa con finanziamenti certi a livello nazionale».
Non è una priorità per la politica?
«Se restano solo queste proposte, vuol dire che l’edilizia pubblica è marginale, a tutti i livelli: dal Comune alla Regione e, infine, allo Stato».
«Sì, Sono preoccupatissimo, quella dell’edilizia pubblica è una crisi strutturale che mi fa venire una domanda: a cosa serve un’azienda che ha come unico scopo mantenere il proprio patrimonio se non riesce a sistemarlo e resta sfitto? Domanda che andrebbe posta anche alla Regione ma anche allo Stato».
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