Reimmettere nel circuito industriale scarti di lavorazione per trasformarli in nuovi prodotti è una tendenza che si sta affermando sempre più, grazie alle crescenti collaborazioni tra mondo delle imprese, enti di ricerca e università su progetti legati alla sostenibilità. Tra le sperimentazioni in atto, ce n’è una a Salerno che ha l’obiettivo di dare una seconda vita agli scarti della rucola, un ortaggio del quale già si conoscono le proprietà rimineralizzanti, rigeneranti e antiossidanti ma che resta, pur sempre, associato all’alimentazione.
Il progetto “100% Rucola”, finanziato nell’ambito del Psr Campania 2014-2020, e i cui primi risultati sono stati presentati presso l’Istituto Profagri di Salerno, intende invece estrarre dagli scarti della rucola molecole utili per il comparto farmaceutico, suggerendo un nuovo sbocco produttivo alle aziende della Piana del Sele, dove si coltiva circa il 70% della rucola italiana Igp. Partner del progetto, infatti, sono l’Azienda Agricola Busillo Vito, Terralavoro Giampaolo, Azienda Agricola Cascone Annamaria, il Consorzio di Tutela Rucola della Piana del Sele Igp, oltre ad Eng4life (uno spin-off accademico composto da professori e ricercatori dei dipartimenti di Ingegneria industriale e di Farmacia dell’Università di Salerno) e la Fondazione Saccone (nata proprio per contribuire allo sviluppo socioeconomico del territorio attraverso attività di studio e ricerca, di trasferimento tecnologico e formazione specialistica).
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L’ESTRAZIONE
Il processo messo in campo dal progetto consente di estrarre dagli scarti della rucola l’erucina, una molecola naturale dalle straordinarie proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e chemiopreventive. Grazie a biotecnologie avanzate, l’erucina può essere trasformata in bioprodotti destinati al mercato farmaceutico, aprendo nuovi orizzonti per l’economia locale e il settore agroalimentare. «L’idea è quella di recuperare una materia che potrebbe sembrare uno scarto e trasformarla in qualcosa di utile», spiega il professor Gaetano Lamberti, responsabile scientifico del progetto e docente del dipartimento di Ingegneria industriale dell’ateneo salernitano, che aggiunge: «Dal residuo di produzione o dagli invenduti è possibile ricavare molecole di grande interesse che, se non estratte, finirebbero in discarica.
Tra queste, la più importante è l’erucina, una sostanza della quale sono allo studio una serie di caratteristiche farmacologiche: probabilmente ha una attività antitumorale, anti-ulcere gastriche, ed è promettente anche in altri campi, ma in questo momento la buttiamo via.
Noi la recuperiamo estraendola in forma liquida e rendendola fruibile, adatta alla creazione di integratori alimentari e altre applicazioni future».
LA PRODUZIONE
Il professor Lamberti, inoltre, sottolinea come ci si sia concentrati sulla creazione di un progetto facilmente scalabile, in modo da rendere semplice l’applicazione sul piano produttivo: «Abbiamo già immaginato una realizzazione industriale spiega con la creazione un impianto relativamente piccolo, che ogni azienda agricola può installare in un angolo di un suo capannone e che non richieda particolari competenze per l’utilizzo». A ribadire l’importanza del progetto è il presidente della Fondazione Saccone, Giorgio Scala: «Mettendo insieme ricerca, istituzioni e sistema produttivo dice – abbiamo dato vita a un modello scalabile e replicabile, frutto di un sistema produttivo che necessita di efficientamento, abbattendo costi e impatto ambientale». Per Vito Busillo, presidente del Consorzio di Tutela Rucola della Piana del Sele Igp, «è importante dare valore a un prodotto simbolo di un intero territorio e che possiede caratteristiche uniche. L’erucina sottolinea – è un vasodilatatore eccezionale, un elemento distintivo che vogliamo rafforzare presentando un sistema di agricoltura sostenibile, simbolo di un perfetto processo di economia circolare». D’accordo l’agronomo Marco Valerio Del Grosso: «Riusciamo finalmente a trasformare un rifiuto in una risorsa, abbattendo i costi e generando reddito e nuove opportunità», afferma. L’assessore regionale all’Agricoltura, Nicola Caputo, infine, sottolinea: «I prodotti campani si stanno affermando sempre di più sui mercati, grazie a imprese solide e strutturate e a materie di prima qualità. Ora dobbiamo spingere l’acceleratore verso una sostenibilità ambientale maggiore per compensare l’elevato sfruttamento che l’agricoltura richiede».
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