Nei mesi scorsi si era partiti dalle archiviazioni della procura, passaggio che aveva già creato problemi a pm e gip: «Un’archiviazione che, manualmente, impegnava qualche minuto, fatta tramite app ci occupa ora mezz’ora»
Nel pomeriggio, quando gli sos lanciati da presidenti di sezione e gip, avvocati e cancellieri raggiungono i vertici del Tribunale, il presidente facente funzioni, Lorenzo Pontecorvo, firma un decreto che restituisce (provvisoriamente) le certezze perdute e certifica fin dal titolo — «Malfunzionamento dell’applicativo App» — la debacle amministrativa. Le app 1 e 2 introdotte nel sistema giudiziario per accelerare la digitalizzazione che dovrebbe assicurare al Paese i fondi del Pnrr zoppicano o non rispondono affatto.
Il decreto del ministro Nordio
Ora, con un decreto protocollato il 27 dicembre scorso, anziché registrarne la messa a punto, il ministro della Giustizia Carlo Nordio prescrive a pm e giudici di potenziarne l’uso: vuoi la produzione di prove contro gli accusati/imputati, vuoi l’acquisizione di memorie difensive, vuoi, insomma, i molti passaggi che compongono le fasi di un’inchiesta, di un’udienza preliminare, di un dibattimento. Tutto deve passare per la fragile (e sovraccarica) app.
Le lentezze
Nei mesi scorsi si era partiti dalle archiviazioni, un passaggio che aveva già creato problemi a pm e gip: «Un’archiviazione che, manualmente, impegnava qualche minuto, fatta tramite app ci occupa ora mezz’ora», ammette un gip esperto. I fascicoli si accumulano negli armadi dei giudici con buona pace della velocizzazione del processo penale promessa. Il problema sembra essere l’estrema rigidità dello strumento app, configurato da ingegneri capaci sotto il profilo tecnico ma inesperti di metodi processuali. Anche nelle archiviazioni — ossia in quei provvedimenti che dispongono il proscioglimento di un indagato — la strada appariva in salita o per così dire di difficile amministrazione.
App incompleta
Lo stesso gip di prima aggiunge: «A un’archiviazione ci si può opporre oppure no ad esempio, aspetti che la app tiene in nessuna considerazione». La conclusione è contenuta nelle poche pagine del provvedimento con il quale i giudici di Roma derogano all’utilizzo della app almeno per il mese di gennaio: «Considerato che si sono al momento riscontrate alcune criticità… con veri e propri blocchi e rallentamenti difficilmente compatibili con lo svolgimento ordinario dell’attività giudiziaria». Una quarantina di udienze tra dibattimentali e preliminari sono andate praticamente in tilt.
«Nessuna formazione al personale sulle app»
Gli avvocati si sono visti nell’impossibilità di condurre un controesame a sorpresa o di depositare una memoria difensiva. Impossibile, scrive ancora Pontecorvo, risolvere tutto con una chiamata al tecnico dei sistemi: «Tali numeri non rendono realisticamente ipotizzabili interventi risolutori con l’apertura di specifici ticket…». Oltre al fatto che in Tribunale ne risulta in servizio uno solo per l’intera palazzina. Capitolo a parte la formazione che è mancata: il personale non ha infatti ricevuto i necessari rudimenti sulla App 2 e poco anche sulla 1. Ragione in più per trasecolare di fronte al decreto ministeriale. Sulla questione interviene il presidente dei penalisti romani, l’avvocato Giuseppe Belcastro: «Si sta perdendo, di provvedimento in provvedimento, il senso della realtà. Ovunque si afferma un tecnicismo che soffoca l’idea liberale della professione degli avvocati e l’attività intellettuale dei giudici».
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