Il Tribunale di Lecce, con la recente ordinanza in oggetto, in accoglimento della istanza di sospensiva presentata dall’esecutato in un giudizio di opposizione ex art. 615, c. 1 c.p.c., sospende l’efficacia esecutiva del titolo azionato dalla cessionaria stante la carenza di legittimazione ad agire dell’istante.
La vicenda trae origine dalla conclusione di un contratto di mutuo con un Istituto bancario, il cui credito, nell’ambito di una operazione unitaria di cartolarizzazione ai sensi della Legge 130, veniva ceduto a una SPV.
La mandataria della cessionaria notificava all’esecutato atto di precetto con l’intento di recuperare quanto asseritamente alla stessa dovuto. L’atto veniva prontamente opposto e, in via preliminare ed assorbente, si deduceva la carenza di legittimazione attiva dell’istante.
L’opposta, costituitasi in giudizio, sosteneva la propria legittimazione producendo l’estratto della Gazzetta Ufficiale in cui era annotata la pubblicazione del contratto di cessione, nonché dichiarazione resa dalla cedente, nella quale si afferma l’inclusione del credito in questione nella operata cessione.
Il Tribunale, in pieno accoglimento delle deduzioni spiegate nell’interesse dell’esecutato, pone a fondamento della decisione l’inidoneità della documentazione versata in atti dall’istante al fine di provare il contratto di cessione dei crediti in suo favore.
A dimostrazione della sussistenza dei gravi motivi per la concessione della sospensione dell’esecuzione, l’opponente evidenziava come, in sede di costituzione in giudizio, l’opposta, che si dichiarava essere successore della parte originaria ai sensi dell’art. 58 TUB, non avesse prodotto il contratto di cessione dei crediti che, come da consolidata giurisprudenza, tanto di merito quanto di legittimità, è l’unico documento atto a provare la legittimazione attiva della cessionaria.
È stato evidenziato, inoltre, che la produzione in giudizio dell’estratto della Gazzetta Ufficiale, come da granitica giurisprudenza sul punto, è da ritenersi un mero elemento indicativo dell’esistenza materiale di un fatto di cessione, intervenuto tra due soggetti in un dato momento, ma non è certamente sufficiente, nella sua minima struttura informativa, a fornire specifici e precisi contorni dei crediti che vi sono inclusi o esclusi. Nel caso di specie, peraltro, l’avviso in Gazzetta Ufficiale rimandava a un sito internet ove è riportato un elenco delle posizioni cedute in cui, per ogni colonna e riga, sono indicate esclusivamente delle serie numeriche.
In ordine alla dichiarazione resa dalla cedente e sottoscritta dal Condirettore Generale, parte opponente evidenziava come trattasi di documento al quale non può essere riconosciuta alcuna valenza probatoria. Difatti, tale dichiarazione, non può costituire in alcun modo prova dell’avvenuta cessione, potendo configurare come prova testimoniale (seppur contenuta in una dichiarazione scritta) e, quindi, posta in violazione dell’art. 2721 cod. civ. Difatti, essendo in presenza di un contratto di cessione di crediti, non può provarsi in forma testimoniale o per presunzioni, restando, la sola prova idonea, il documento contrattuale. Si evidenzia, inoltre, che la dichiarazione in questione era stata resa a posteriori, a seguito della notifica dell’atto di opposizione ex art. 615, c. 1 c.p.c. Da ultimo, è stata richiamata la giurisprudenza per cui, in mancanza della produzione del contratto di cessione, l’insieme dei crediti ceduti non può nemmeno essere ricostruito con sufficiente certezza attraverso la dichiarazione scritta resa a posteriori da un soggetto che non si sa se sia legittimato alla disposizione del credito in contesa e che comunque non può “testimoniare” il contenuto del contratto di cessione, di cui non fornisce nemmeno gli elementi necessari a catalogare la tipologia dei crediti ceduti[1].
Ebbene, il Tribunale, in totale accoglimento della tesi difensiva dell’esecutato, confermando il principio della Suprema Corte[2], per cui spetta a colui che si afferma successore della parte originaria ai sensi dell’art. 58 TUB, l’onere puntuale di fornire la prova documentale della propria legittimazione con documenti idonei a dimostrare l’incorporazione e l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, ha affermato che, nel giudizio de quo, le prove fornite dall’istante non possono ritenersi in alcun modo idonee a provare la cessione, trattandosi di documentazione che investe il solo requisito della “notificazione” della cessione al debitore ceduto, ma non anche la prova dell’effettiva stipulazione del contratto di cessione e, quindi, del trasferimento della titolarità del credito che risulta contestato.
Ricorrendo, dunque, i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, il Tribunale di Lecce ha accolto l’istanza e concesso la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo azionato.
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[1] Cfr. App. Cagliari, Sez. II, 16.07.2024, n. 9.
[2] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. V, 05.11.2020, n. 24798.
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