I debiti fuori bilancio dei Comuni, le transazioni, le passività pregresse

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1. Le transazioni
Si premette che una corretta valutazione degli accordi transattivi – nel rispetto dei princìpi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Costituzione – deve tenere conto della convenienza economica della transazione in relazione all’incertezza del giudizio (cfr., fra tante, Cassazione Sezioni Unite, 17 dicembre 2022, n. 40549/2021 e 18 maggio 2022, n. 15979/2022).
Infatti, se a transigere è “un soggetto pubblico… i parametri valutativi sono decisamente più ristretti e maggiormente, se non quasi esclusivamente, ancorati a risparmi di spesa (sia gestionali che per contenziosi), a tutela delle casse pubbliche e della collettività che vi contribuisce finanziariamente. Un ente pubblico non gode dunque di un arbitrio transattivo, riconoscibile ad un privato, ma deve pur sempre avere come parametro l’equilibrio di bilancio che impone una attenta e oculata valutazione delle poste in transazione…” a presidio di “garanzie costituzionali di buon andamento e di integrità delle finanze pubbliche che esprimono tutela finale dei diritti dei contribuenti e dei cittadini tutti (art. 97 cost.)” (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Lombardia sentenza n. 196/2019 e Corte dei conti, Sezione Controllo Lombardia Parere n. /65 /2020/PAR).
In tema, la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, con deliberazione n. 343/2021, fornisce un quadro generale sull’istituto della transazione, riassumendone i caratteri fondamentali nell’ottica dei principi generali di contabilità pubblica.
Da un punto di vista civilistico, la transazione (cfr., art. 1965 del codice civile) è il contratto con cui le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro.
Secondo consolidata giurisprudenza, oggetto dell’accordo è la differente valutazione delle parti che ha dato luogo, o possa dar luogo, a una lite che però intendono definitivamente risolvere attraverso reciproche concessioni (cfr., fra tante, Corte di Cassazione 24 febbraio 2015, n. 3598 e 6 maggio 2003 n. 6861).
La Corte dei conti, con tale decisione, ha evidenziato che la scelta se proseguire un giudizio o addivenire ad una transazione e l’oggetto della stessa spetta all’Amministrazione nell’esercizio della ordinaria attività amministrativa e che, cometutte le scelte discrezionali, non è soggetta a sindacato giurisdizionale, se non nei limiti della rispondenza delle stesse a criteri di razionalità, congruità e prudente apprezzamento, ai quali deve ispirarsi l’azione amministrativa.
In sintesi, la transazione presuppone da parte della Giunta un’attenta valutazione degli obiettivi da conseguire e delle spese da sostenere, tenendo conto dei criteri di economicità e di efficacia, nonché di un giudizio prognostico sull’esito del contenzioso.
In tal senso la Cassazione (Cass. civile, Sez. I, 17 ottobre 2019, n. 26528) ha in più occasioni chiarito che “in tema di transazione, le reciproche concessioni alle quali fa riferimento l’art. 1965 c.c., comma 1, possono riguardare anche liti future non ancora instaurate ed eventuali danni non ancora manifestatisi, purché questi ultimi siano ragionevolmente prevedibili(Cass. s.u. 8053/2014, Cass. 12320/2005, 2633/1982”.
La transazione è infatti ricostruita in dottrina come negozio a efficacia tipicamente preclusiva, che incide direttamente sui rapporti giuridici sostanziali, precludendo l’azione mercé la exceptiolitis per transactionemfinitae, analoga alla eccezione di giudicato (Consiglio di Stato, Adunanza Sezione I, 20 novembre 2020 n. 1908).
Conseguentemente, deve affermarsi la “necessità che la transazione sia preceduta da una congrua motivazione, nella quale siano esaminati e valutati i rischi connaturati a simile fattispecie, legati ad esempio alla prevedibile durata ed al prevedibile (o imprevedibile) esito di un contenzioso già pendente” (Cons. Stato, Sez. III, 7 luglio 2011, n. 4083).
Con riguardo alla competenza, spetta alla Giunta comunale, su proposta del dirigente competente, il compito di valutare gli interessi in gioco e i contenuti degli accordi transattivi.
Tale valutazione, come si vedrà di seguito, trattando dei debiti fuori bilancio e della competenza, in alcuni casi, specie quelli riconducibili all’art.194 TUEL, spetta al Consiglio comunale, evidenziando fin d’ora che se dalla transazione dovessero derivare spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, la competenza è del Consiglio comunale, ai sensi dell’art. 42 comma 2 lett. i) TUEL.
In merito agli accordi transattivi degli enti pubblici, è utile altresì riportare alcuni fondamentali principi giurisprudenziali elaborati dalla Corte dei conti (cfr., fra tante, Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la regione Emilia-Romagna, deliberazione n. 199/2023/PRSP;Sezione Controllo Regione Lombardia deliberazione n. 80/2017/PRSE; Sezione Controllo Regione Lombardia deliberazione n.1116/2009/PAR; Sezione Controllo Regione per l’Umbria deliberazione n.123/2015/PAR):
– anche gli Enti pubblici possono di norma transigere le controversie delle quali siano parte ex art 1965 c.c.;
–i limiti del ricorso alla transazione da parte degli Enti pubblici sono quelli relativi ad ogni soggetto dell’ordinamento giuridico, e quindi la legittimazione soggettiva e la disponibilità dell’oggetto (trattasi di posizioni giuridiche soggettive disponibili ex art. 1966 c.c., che possono essere estinte in forma negoziale), e quelli specifici di diritto pubblico, e cioè la natura del rapporto tra privati e pubblica amministrazione.

2. I debiti fuori bilancio
I debiti fuori bilancio riguardano quelle somme non previste nel bilancio di previsione, vale a dire quelle spese contratte senza che il Comune ne avesse programmato una specifica copertura finanziaria: debito non perfezionatosi contabilmente in quanto assunto in carenza della necessaria preventiva assunzione dell’impegno di spesa.
Nella sostanza rappresentano un’obbligazione sorta in violazione della normativa contabile che regola i procedimenti di spesa degli enti locali, e quindi si tratta di una obbligazione giuridica legittima, ma sorta al di fuori del regolare procedimento dell’impegno contabile di spesa e del correlato obbligo di registrarlo nelle scritture contabili che, a determinate condizioni ed entro i precisi limiti di cui all’articolo 194 del TUEL, può essere oggetto di riconoscimento e successivo pagamento.
Per meglio dire, se al sorgere dell’obbligazione non sia seguito nello stesso anno regolare impegno e correlativa formazione di residui per gli anni successivi, si costituirà il debito fuori bilancio. Dottrina e giurisprudenza considerano, infatti, il debito fuori bilancio come obbligazione pecuniaria assunta in violazione delle norme di contabilità pubblica che riguardano la fase della spesa e in particolare di quelle che disciplinano l’assunzione di impegni di spesa.
Per il giudice amministrativo (cfr., fra tante, Consiglio di Stato, Sezione V, 29 dicembre 2009, n. 8953) il procedimento di cui all’articolo 194 TUEL, siccome risponde all’interesse pubblico alla regolarità della gestione finanziaria dell’ente locale, è volto esclusivamente a sanare una irregolarità di tipo contabile e non già la carenza di un’obbligazione validamente assunta dall’ente locale.
Per i giudici di legittimità i debiti fuori bilancio sono quelli per i quali non esiste copertura e per i quali la pubblica Amministrazione è tenuta al pagamento in virtù di obbligazioni giuridicamente perfezionate (cfr., fra tante, Corte di Cassazione, Sezione III, 27 aprile 2011, n. 9412).
A ciò va aggiunto che il riconoscimento di un debito fuori bilancio costituisce un procedimento discrezionale che consente all’Ente locale di fare salvi, nel proprio interesse, gli impegni in precedenza assunti tramite specifica obbligazione, ancorché sprovvista di copertura contabile, senza tuttavia introdurre una sanatoria per i contratti nulli o, comunque, invalidi, come quelli conclusi senza il rispetto della forma scritta “ad substantiam”.
L’articolo 194 elenca in maniera tassativa (c.d. numerusclausus) la tipologia di debiti fuori bilancio che, seppure carenti di regolare impegno contabile di spesa, possono essere oggetto di riconoscimento di legittimità e successivo pagamento, per ricondurli all’interno del bilancio secondo il principio di universalità, secondo cui tutte le entrate e tutte le spese devono essere riportate in bilancio non essendo ammessa una gestione extra bilancio, essi sono quelli derivanti da:
1. sentenze esecutive comprese quelle immediatamente esecutive; 2. copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’art. 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;
3. ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile (artt. 2447 e 2482–ter del codice civile) o da disposizioni previste dal decreto legislativo n. 175/2016 e s.m.i.;
4. procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità; 5. Acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191 del Tuel n. 267/2000, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’Ente locale, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
In conclusione, da quanto sopra riportato emerge chiaramente che, nel caso in cui nell’anno di competenza finanziaria non sia stata attivata la procedura di spesa ordinaria, l’unico modo di riportare il debito nella contabilità dell’ente è rappresentato dalla procedura di riconoscimento di legittimità del debito ai sensi dell’art. 194 TUEL, ammessa solo nei casi in esso tassativamente elencati.
Spetta al Consiglio comunale il riconoscimento dei debiti fuori bilancioindicati dall’art.194.TUEL.

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3. Differenza tra accordi transattivi e riconoscimento dei debiti fuori bilancio
Si premette che gli accordi transattivi non sono previsti tra le ipotesi tassative elencate all’articolo 194 del TUEL e non sono equiparabili alle sentenze esecutive di cui alla lettera a) del comma 1 del citato articolo.
Conseguentemente, l’accordo transattivo non può essere ricondotto alla fattispecie di debito fuori bilancio in quanto presuppongono la decisione dell’Ente di pervenire a un accordo con la controparte, per cui è possibile per la pubblica amministrazione definire il sorgere dell’obbligazione e i tempi dell’adempimento, sulla base di una valutazione di convenienza dell’accordo.
In tema la Corte dei conti, sezione controllo, in coerenza aun orientamento oramai consolidato, si è espressa affermando che l’elencazione delle ipotesi di riconoscimento dei debiti fuori bilancio contenuta nell’art. 194 del TUEL “è da considerarsi tassativa”e non può estendersi alle transazioni, in considerazione della “natura eccezionale di detta previsione normativa finalizzata a limitare il ricorso ad impegni non derivanti dalla normale procedura di bilancio” (cfr., fra tante, Sez. Piemonte, deliberazione n. 4/2007; Sez. Basilicata, deliberazione n. 16/2007; Sez. Puglia, deliberazione n. 106/2009; Sez. Umbria deliberazione n. 123/2015; sez. Puglia deliberazione n. 80/2017; Sez. Lombardia deliberazione n. 181/2017).
Tale interpretazione trova sostegno nell’impossibilità di ricondurre gli accordi transattivi alla nozione di debito fuori bilancio (sopravvenienza passiva), precisando che, a differenza dei debiti derivanti da sentenze esecutive – riconducibili al concetto di sopravvenienza passiva perché non previsti, attraverso un impegno di spesa nel bilancio di esercizio in cui i debiti si manifestano – gli accordi transattivi presuppongono, si ripete, la decisione dell’Ente di pervenire a un accordo con la controparte, per cui è possibile prevedere, da parte della pubblica amministrazione, tanto il sorgere dell’obbligazione quanto i tempi per l’adempimento.
Conseguentemente, nel caso di transazioni, l’Amministrazione può e deve attivare le normali procedure contabili di spesa (stanziamento, impegno, liquidazione e pagamento) previste dall’art. 191 del TUEL. Tuttavia, se dalla transazione dovessero derivare spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, la competenza è del Consiglio, ai sensi dell’art. 42, comma 2,lett. i) TUEL. Avuto riguardo alle transazioni oggetto di delibera di Giunta, il collegio contabile precisa che quando ricorrano ipotesi transattive che comportino il finanziamento di operazioni contrattuali in più esercizi finanziari, “non può essere messa in dubbio la competenza a provvedere in capo al Consiglio comunale ai sensi dell’art 42, comma 2 lett. i) del TUEL” (sez. Puglia delibera n. 80/PAR/20.
Secondo la Corte dei conti Puglia, delibera n. 112 del 2021,la transazione tra le parti (di competenza della Giunta) deve avere precise caratteristiche e non deve celare un debito fuori bilancio (di competenza del Consiglio).
E quindi, perché un accordo possa qualificarsi come “atto di transazione” è necessario che risultino gli elementi essenziali del negozio, e cioè:
a) la comune volontà delle parti di comporre una controversia in atto o prevista;
b) la res dubia, ossia la materia oggetto delle contrastanti pretese giuridiche delle parti;
c) il nuovo regolamento di interessi, che, mediante le reciproche concessioni, sostituisca quello precedente foriero della lite o del pericolo di lite (Cassazione 4 maggio 2016, n. 8917 e 4 settembre 1990, n. 9114).
La Corte dei conti Puglia, con la delibera sopra indicata, evidenzia come il ripetuto e massiccio ricorso a negozi transattivi volti a ricondurre a bilancio passività sommerse, costituisca una grave patologia della gestione finanziaria, impedendo lo svolgimento dei procedimenti di spesa secondo canoni di buona amministrazione e di sana gestione finanziaria.
Altresì, nel richiamare il rispetto delle previsioni di cui agli artt. 193 e 194 TUEL, e dell’art. 23, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 – secondo cui “ i provvedimenti di riconoscimento di debito, posti in essere dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art.1, comma 2, del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, sono trasmessi agli organi di controllo e alla competente Procura della Corte dei conti” – invita l’ente locale controllato ad adottare le opportune azioni correttive e idonee misure organizzative, volte a superare le rilevate criticità,riservandosi di valutare l’attività svolta dall’ente nell’ambito dei successivi controlli sui cicli dei bilanci.
Ne consegue che, nel rispetto dell’attuale normativa, non è consentito all’ente locale discostarsi dalle prescrizioni letterali degli artt. 193 e 194 TUEL che garantiscono una maggiore efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa a salvaguardia degli equilibri finanziari dell’ente locale.
Tali princìpi valgono, a maggior ragione, in caso di debiti fuori bilancio di cui alla lett. e) derivanti dall’acquisizione di beni e servizi senza preventivo impegno di spesa (cfr., Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione 13 luglio 2018 n.109 ).
Altresì, in base al quadro giuridico rappresentato, in presenza di una sentenza esecutiva sfavorevole, il Consiglio dovrebbe innanzitutto procedere al riconoscimento della somma determinata in sentenza e, solo successivamente – qualora permangano incertezze sul debito o sul suo ammontare e ci sia la disponibilità tra le parti a procedere con reciproche concessioni – la Giunta potrebbe procedere con una transazione, sempre che la stessa comporti un vantaggio per l’Ente (cfr., Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione 15 marzo 2017 n.57).
A ciò va aggiunto che il tempestivo riconoscimento e finanziamento del debito fuori bilancio, nonché il conseguente pagamento, non esporrebbero l’ente al rischio di azioni esecutive, considerato che il decorso di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo (previsto dall’art. 14, del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30 come modificato dall’art. 147 della legge 23 dicembre 2000, n. 288), comporterebbe l’avvio delle procedure esecutive nei confronti della pubblica amministrazione.
Per mero scrupolo si aggiunge che in senso difforme si è espressa la Sezione di controllo per la Campania deliberazione n.2/2018/ PAR, secondo cui sarebbe possibile effettuare il pagamento prima dell’adozione della deliberazione del Consiglio di riconoscimento del debito fuori bilancio nascente da sentenze esecutive (cfr., anche Sezione di controllo per la Liguria n. 73/2018/PAR) : “…non può rilevarsi un’anomalia nell’assunzione dell’impegno a seguito dell’obbligazione giuridica che sorge e si perfeziona per effetto del provvedimento del giudice. Prima di tale momento ciò non sarebbe neppure stato possibile, come è confermato dal punto 5.2, lett. h) del medesimo principio contabile proprio con riferimento alle obbligazioni passive, solo potenziali, in attesa degli esiti di un giudizio. L’esposta conclusione non significa che la situazione qui considerata fuoriesca dal campo di applicazione dell’art. 194 del TUEL. Anzi, anche in tali circostanze, il procedimento che culmina con la deliberazione consiliare di riconoscimento del debito continua a rappresentare la via ordinaria da seguire, che il legislatore ha evidentemente scelto di prescrivere con il richiamo anche alle sentenze esecutive, in considerazione della possibile, anche se non necessaria, presenza di elementi di irregolarità o di anomalie negli atti o fatti sottesi alla controversia giudiziale. Ove, però, tale strada si riveli non tempestivamente e utilmente praticabile, gli amministratori o funzionari competenti potranno comunque, al verificarsi delle condizioni descritte, ugualmente attivarsi per il pagamento del debito, salvo l’obbligo per i medesimi di adoperarsi contemporaneamente per la definizione della deliberazione consiliare di riconoscimento. Negare tale possibilità, nei casi in cui costituisce l’unico rimedio per evitare maggiori aggravi di spesa per l’ente, condurrebbe questa Sezione a privilegiare un formalismo giuridico che si appalesa all’evidenza non giustificato. Come sarà evidenziato meglio in seguito, infatti, la sottoposizione della fattispecie di spesa da
provvedimento giurisdizionale esecutivo all’esame del Consiglio comunale in un momento successivo al pagamento del debito, lascia inalterati i poteri e i margini di valutazione che competono all’organo nell’ambito della deliberazione di riconoscimento e che potrà esercitare con uguali modalità e, soprattutto, con pari efficacia e rilevanza”.
Notazioni sulla competenza. Secondo l’orientamento prevalente, considerato che la transazione fa sorgere una obbligazione ex novo che trova copertura nel bilancio dell’esercizio cui si riferisce, la competenza spetta alla Giunta, ai sensi dell’art. 48 TUEL.
Le delibere relative a eventuali transazioni di liti pendenti rientrano nella competenza della Giunta, fermo restando il requisito della forma contrattuale scritta.
Invece, la competenza del Consiglio è da ravvisare lì dove la transazione impegni i bilanci di più esercizi (art. 42 TUEL)
Nel caso si tratti di transazione su debito fuori bilancio da sentenza, di competenza del Consiglio, la transazione dev’essere approvata mediante deliberazione recante i pareri ex art. 49 TUEL e dei revisori dei conti ex art. 239 TUEL
Al fine di individuare, in concreto, se l’atto debba essere preceduto dal parere dell’Organo di revisione, non è rilevante la natura della transazione (giudiziale o stragiudiziale) ma se si tratti di atto di procedimento che deve concludersi con delibera del Consiglio, rientrando fra le sue attribuzioni funzionali.
E comunque, si ripete, qualora ricorrano ipotesi transattive che comportino il finanziamento di operazioni contrattuali in più esercizi finanziari, non può essere messa in dubbio la competenza a provvedere in capo al Consiglio comunale.

4. Le passività pregresse e le differenze con i debiti fuori bilancio.
Le passività pregresse, a differenza dei debiti fuori bilancio, sono riconducibili a impegni contabili regolarmente assunti nell’esercizio in cui è sorto il rapporto obbligatorio che, però, non risultano bastanti a coprire integralmente la spesa quando essa viene a evidenza (Corte dei conti della Sardegna, deliberazione n. 33/2021).
Trattasi di spese che riguardano debiti per i quali, ai sensi dell’art. 183 TUEL, si era proceduto alla regolare costituzione del rapporto obbligatorio, e quindi al conseguente impegno contabile che per diverse ragioni, spesso riconducibili alla natura della prestazione, è divenuto insufficiente e richiede l’assunzione di un impegno di spesa aggiuntivo per coprire i maggiori oneri rilevati.
Le passività pregresse non rientrano tra i debiti fuori bilancio e quindi non vanno riconosciuti come tali (cfr., Corte dei conti, sezione regionale di controllo Campania, parere n. 9/2007; Corte dei conti, sezione regionale di controllo Lombardia, parere n. 441/2012).
Le passività pregresse, pur rispettando l’iter procedurale sull’impegno contabile, risultano insufficienti per fronteggiare spese in origine stimate congrue e che possono trovare copertura nel bilancio di competenza, essendo oneri che, per quanto risalenti nel tempo, si sono manifestati nell’esercizio corrente.
In merito alla questione, si evidenzia un importante pronunciamento (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la regione Lombardia, parere n. 290 del 12 dicembre 2023), in risposta a un quesito posto dal comune di Milano.
Con il citato parere la Corte dei conti ha rilevato che la questione proposta comporta un approfondimento del discrimen tra le c.d. “passività pregresse” (riconducibili nell’art. 191 del TUEL) e i “debiti fuori bilancio” (disciplinati dall’art. 194 del TUEL), su cui la giurisprudenza contabile ha avuto modo di soffermarsi sia in sede consultiva, che di esame dei rendiconti degli enti locali.
Il parere evidenzia, come già da tempo chiarito dalla stessa sezione (Lombardia/n. 436/2013/PAR) e più recentemente dalla Sezione regionale di controllo della Sicilia: “la procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio è una disciplina eccezionale relativa a ipotesi tassative e di tendenziale stretta interpretazione” (cfr., Sezione regionale di controllo per la Sicilia, deliberazione n. 81/2022).
Conseguentemente, le problematiche relative alle passività pregresse non si risolvono con il riconoscimento di cui all’art. 194 TUEL, ma con l’iscrizione del relativo importo in bilancio, costituendo debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio in cui si manifestano e che, con l’integrazione dell’impegno, sono riconducibili all’ordinaria procedura di spesa (art. 191 TUEL), accompagnata dall’eventuale variazione di bilancio necessaria a reperire le risorse qualora siano insufficienti (articolo 193 TUEL).
Diversamente dai debiti fuori bilancio “Le c.d. “passività pregresse” o arretrate, sono, invece, spese che, a differenze dei debiti fuori bilancio, si collocano all’interno di un ordinario procedimento di spesa. Si tratta, infatti, di spese per le quali l’Amministrazione comunale ha proceduto a un regolare impegno, ma che, per fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della prestazione, hanno dato luogo a un debito non assistito da idonea copertura ex art. 191 del Tuel 267/2000, che può rilevare come insufficienza dell’impegno contabile. Ponendosi, quindi, all’interno di una regolare procedura di spesa, la passività pregressa esula dalla fenomenologia del debito fuori bilancio, costituendo debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio di loro manifestazione. Lo strumento procedimentale, in casi come questi, è costituito di fatto dalla procedura ordinaria di spesa disciplinata dal citato art. 191, accompagnata dalla eventuale variazione di bilancio finalizzata al reperimento delle risorse ove queste risultino insufficienti (art. 193 TUEL)” (cfr., Corte dei conti Lombardia n. 175/2023/PAR).
A sua volta, la Corte dei conti della regione Sardegna (Sezione regionale di controllo, parere n. 33/2021/PAR), così si è espressa:“Le passività pregresse derivano da impegni contabili assunti regolarmente ma che non risultano sufficienti a far fronte alla spesa in modo integrale, quando essa viene ad evidenza. Esse si verificano allorché, all’esito dell’assunzione del formale impegno, taluni fatti imprevedibili, talvolta (ma non necessariamente) legati alla natura della prestazione, sfuggono sia alla voluntas che all’auctoritas del soggetto che ha assunto l’obbligazione per conto dell’ente, incidendo, appunto, sulla misura del costo. I debiti fuori bilancio hanno, invece, la loro genesi in obbligazioni assunte in assenza di un regolare impegno di spesa e che, a determinate condizioni ed entro i precisi limiti di cui all’art. 194 Tuel 267/2000, possono essere oggetto di riconoscimento e successivo pagamento. L’esigenza del riconoscimento consiliare, peraltro, come è stato osservato da autorevole giurisprudenza di questa Corte, sorge per il fatto che dette obbligazioni devono essere ricondotte nell’alveo del bilancio di cui è dominus l’organo consiliare che, diversamente, sarebbe esautorato dal loro vaglio di legittimità ed utilità per l’ente locale (Sezione delle Autonomie, n. 27/SEZAUT/2019/QMIG del 21 novembre 2019), precisa che le passività pregresse si riferiscono a spese comunque sorte nel rispetto delle regole contabili, presentando l’impegno originariamente assunto unicamente caratteristiche di in capienza, per cui non se ne può desumere, da un lato, che esse siano sorte in violazione delle regole del bilancio e, dall’altro, che sia necessaria la manifestazione di una loro ratifica da parte dell’organo consiliare. Le stesse, pertanto, possono trovare copertura nel bilancio di competenza, essendo oneri che, per quanto risalenti nel tempo, si sono manifestati in corso di esercizio”.
Le passività pregresse, dunque, collocandosi all’interno di una regolare procedura di spesa, esulano dalla tipologia dei debiti fuori bilancio e costituiscono debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio di loro manifestazione; in tali ipotesi, quindi, si procederà con l’ordinario procedimento di spesa, seguito, all’occorrenza, da una variazione di bilancio necessaria a reperire le risorse se insufficienti.
La pubblica amministrazione, quindi, deve prestare massima attenzione nell’individuare la disciplina da applicare al caso concreto, stabilendo se il debito sia da classificare “passività pregressa” o “debito fuori bilancio”, considerato che i due fenomeni seguono, come visto, procedimenti differenti sia dal punto di vista amministrativo che contabile.
Stessa attenzione dovrà essere prestata per la corretta applicazione dell’art. 194 TUEL (debiti fuori bilancio) e delle transazioni in generale.

Angela Bruno

Avvocato dirigente, dottore in scienze delle pubbliche amministrazioni. Mi occupo soprattutto di diritto amministrativo e degli enti locali, materie per le quali ho pubblicato articoli e saggi. Scrivere di diritto mi ha fatto scoprire la magia di scrivere d’altro: è stata una truvatura di bellezza. Credo, come Trilussa, che ci siano infinite cose che sorpassano il sapere, senza che a nulla possano li chissà, li come e li perché. Mi piace l’aria di mare e i profumi di zagara e di gelsomino della campagna. Amo le melodie e le visioni della mia Sicilia.



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