La tempesta Vaia, il bostrico e il picchio nero
Un approfondimento sul ruolo delle piante parassitate nel ciclo di vita del picchio nero e sulla conservazione delle foreste alpine.
Dopo la devastazione causata dalla tempesta Vaia, il 60% della popolazione nidificante di picchio nero nel Parco Naturale di Paneveggio-Pale di San Martino ha sfruttato alberi infestati dal bostrico per costruire nuovi nidi. Le cause e le conseguenze sono descritte in dettaglio in uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Animal Conservation. L’indagine fa parte di un progetto pluriennale condotto in collaborazione tra il MUSE, l’Università degli Studi di Milano e il Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino.
Gli effetti di Vaia e del bostrico tipografo
Il 29 ottobre 2018, la tempesta Vaia ha abbattuto vaste porzioni di foreste alpine. In questo contesto il bostrico tipografo (Ips typographus), un parassita degli alberi (soprattutto conifere) che normalmente attacca esemplari anziani o morenti, ha proliferato aiutato da inverni miti e stagioni calde. L’epidemia che ne è derivata ha trasformato ulteriormente le dinamiche ecologiche delle aree colpite.
“È cruciale comprendere come eventi di questa portata influiscano sugli ecosistemi forestali nel tempo,” spiegano Chiara Bettega e Luigi Marchesi del MUSE, autori principali dello studio. “Queste analisi sono fondamentali per definire nuove strategie di gestione, favorendo sia la ripresa delle foreste che la tutela della biodiversità.”
L’importanza del picchio nero
Nelle foreste di conifere, il picchio nero svolge un ruolo essenziale come “architetto” degli habitat naturali. Le cavità che scava nei tronchi fungono da rifugio per molte altre specie, tra cui il picchio muratore, la civetta capogrosso, ghiri, scoiattoli e persino insetti sociali come le api. Tuttavia, Vaia ha messo a dura prova questi equilibri.
La rimozione urgente di legno morto e alberi infestati in seguito alla tempesta ha spinto verso pratiche di taglio intensivo, che ha ridotto spazi naturali utili per la nidificazione. Prima della tempesta, le pratiche di gestione forestale avevano garantito la presenza di elementi essenziali per la biodiversità; dopo, è stato necessario rivedere queste strategie.
La conservazione tra passato e futuro
Nel 2022, un nuovo progetto di monitoraggio dell’avifauna ha preso il via per analizzare le aree più colpite. Questa iniziativa si basa su un programma iniziato nel 2007, che aveva portato alla marcatura sul territorio provinciale di oltre 2.500 alberi contenenti nidi di picchio nero, identificati con una “P” rossa per proteggerli dal taglio. Il 50% di quest piante, però, è stato distrutto dalla tempesta.
Secondo i dati raccolti, a maggio 2024, il 60% della popolazione riproduttiva di picchio nero nidificava su alberi infestati dal bostrico. “Questo fenomeno rappresenta una potenziale trappola ecologica,” avvertono gli autori, “perché la rimozione degli alberi infestati potrebbe eliminare i siti riproduttivi indispensabili.”
Grazie alla collaborazione con l’Agenzia provinciale delle foreste demaniali, è stata avviata una sperimentazione nella foresta di Paneveggio. Questa prevede la marcatura di alberi bostricati con cavità di picchio nero e delle piante circostanti. Questi gruppi di piante saranno preservati dal taglio con l’obiettivo di garantire siti di nidificazione per il picchio nero e altre specie per il futuro.
Riferimenti:
Bettega, C., Marchesi, L., Pedrini, P., Partel, P., & Brambilla, M. (2024). No quiet after the storm: Emergency forestry operations put Alpine forest biodiversity at risk 5 years after major windstorm. Anim. Conserv., n/a(n/a). doi: 10.1111/acv.13008
Fonte: comunicato stampa MUSE
Immagine in apertura: picchio nero, foto di L. Marchesi, via comunicato stampa
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