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Lo stop al gas russo in arrivo attraverso l’Ucraina, insieme a dispute irrisolte sul pagamento di vecchie forniture, hanno creato una vera e propria crisi energetica in Moldova. Particolarmente grave la situazione nella regione separatista della Transnistria

Dal 16 dicembre 2024 la Repubblica Moldova è in stato di emergenza nel settore energetico. La crisi è stata formalizzata già all’inizio dello scorso mese con un voto in Parlamento richiesto dal Primo Ministro della Repubblica Moldova, Dorin Recean.

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La crisi energetica è solo in Transnistria o in tutta la Moldova?

Ma la vera e propria crisi sembra essere stata inaugurata il primo gennaio 2025, quando la Russia ha smesso di consegnare gas alla Transnistria. Fino a quel momento, la compagnia nazionale russa Gazprom forniva gas alla regione separatista attraverso l’Ucraina.

Ma da tempo l’Ucraina ha affermato che non consentirà più il transito di gas russo attraverso il suo territorio una volta scaduto il contratto con Gazprom, valido fino all’inizio del 2025.

Sebbene la Russia potrebbe continuare a inviare gas alla Moldova attraverso il gasdotto transbalcanico che passa attraverso Turchia, Bulgaria e Romania, Gazprom si è rifiutata sostenendo che la Moldova ha ingenti debiti risalenti agli anni precedenti.

Le versioni di Russia e Moldova in proposito sono contrastanti . Già dal 2023 la Russia sosteneva che la Moldova le doveva 709 milioni di dollari in tasse di transito non pagate, mentre l’allora ministro dell’Energia moldavo Parlicov sosteneva, forte dei risultati di un audit indipendente, che il debito ammontasse a circa 8 milioni di dollari.

L’audit aveva anche stabilito che Gazprom stessa aveva consegnato almeno 160 milioni di dollari di gas in meno rispetto alle richieste moldave e aveva edulcorato il debito con tassi di interesse esorbitanti.

Il contratto più recente firmato tra Gazprom e Moldovagaz risale all’ottobre 2021, pochi mesi prima dell’invasione dell’Ucraina, e avrebbe dovuto scadere nel 2026. Secondo questo accordo, il gigante russo avrebbe dovuto fornire alla Moldova 3,3 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Di questi, 2,06 miliardi di metri cubi sarebbero andati alla Transnistria e 1,24 miliardi al resto della Moldova.

Ma già dal dicembre 2022, Gazprom forniva solo il gas destinato alla Transnistria dal momento che la Moldova aveva deciso di smettere di acquistare gas russo per interrompere il finanziamento della macchina da guerra mantenuta coi proventi di gas e petrolio.

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Se, quindi, la Moldova non è dipendente dal gas russo, come mai lo stato di emergenza nel settore energetico coinvolge tutto il paese? La risposta è che la Moldova dipende dalla Transnistria, in particolare dall’impianto di Cuciurgan per la fornitura elettrica, e nessuno degli impianti elettrici della regione separatista funziona in maniera efficiente senza gas. Se in Transnistria mancano quindi luce e gas, nel resto della Moldova la situazione della fornitura elettrica è precaria.

La Transnistria al freddo

La centrale termoelettrica MoldGres nella città di Cuciurgan è passata al carbone , con un consumo giornaliero di mille tonnellate e, insieme alla stazione idroelettrica di Dubăsari, può coprire il fabbisogno di elettricità della regione fino a un massimo di 50 giorni.

Secondo i resoconti dei media, la fine della fornitura di gas russo ha portato alla chiusura della maggior parte delle industrie e migliaia di persone sono rimaste disoccupate da un giorno all’altro.

Una delle più grandi imprese della regione, lo stabilimento metallurgico di Rîbnița, ha interrotto la sua attività e più di duemila dipendenti sono stati mandati in congedo forzato.

Con il gas rimasto negli impianti, le autorità separatiste hanno dichiarato di avere riserve a sufficienza per garantire il funzionamento degli ospedali ancora per 24 giorni .

Nei primi giorni del 2025, le case dei cittadini si disconnettono di continuo dalla rete elettrica e, in molti casi, l’acqua calda non è più disponibile. La mattina del 4 gennaio nella regione sono state registrate circa 160 disconnessioni di emergenza dalla rete elettrica, la maggior parte nei distretti di Tiraspol (23), Bender (30), Slobozia (31) e Dubăsari (36).

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Il governo di Chișinău ha annunciato che le loro istituzioni sono pronte a fornire sostegno alle persone che avranno bisogno di aiuto, ma Tiraspol ha rifiutato l’offerta di “supporto tecnico” nell’acquisto del gas sul mercato europeo. Le autorità separatiste hanno affermato che ciò comporterebbe l’acquisto di gas a prezzi “più alti e instabili”. Eppure, la regione rischia di dover affrontare una vera e propria crisi umanitaria.

La gestione politica della crisi

Già a dicembre poco dopo il rimpasto di governo, in relazione alla situazione del settore energetico il Primo Ministro Dorin Recean aveva chiesto le dimissioni di tre funzionari che riteneva responsabili per l’impasse raggiunta nel settore energetico: il ministro dell’Energia Victor Parlicov, il direttore di Energocom Victor Bînzari, e il membro del Consiglio degli osservatori Sergiu Tofilat.

Recean aveva dichiarato che: “Queste persone hanno bloccato o non hanno agito al momento giusto per acquistare il gas al prezzo più basso. Invece di cercare i colpevoli, avrebbero dovuto fornire il gas naturale al momento giusto”. Il Primo Ministro ha anche chiesto la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione di Moldovagaz.

Da allora Recean ha assunto l’incarico ad interim di ministro dell’Energia e dichiarato lo stato di emergenza ma la situazione non è migliorata.

Dal primo gennaio la cellula di crisi di governo rendiconta ai cittadini come si sia raggiunta la copertura elettrica giornaliera per il paese. In generale, se circa il 50% del fabbisogno totale è garantito da un contratto con la Romania e il 15% è ottenuto da fonti rinnovabili, il resto della fornitura di elettricità viene acquistato giornalmente sul mercato. Il risultato è che le bollette degli utenti raddoppieranno tra dicembre 2024 e gennaio 2025.

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