Operatori pronti per aste eolico offshore Fer2 ma spunta il rischio di spreco di fondi. Le nuove tariffe dell’elettricità potrebbero far risparmiare le aziende. Jindal Steel International e Baku Steel in corsa per Ilva. Mike Manley in corsa per Ceo Stellantis. La rassegna Energia
Gli operatori scaldano i motori per le aste per gli incentivi previsti dal decreto Fer2 per lo sviluppo dell’eolico offshore, ma non mancano le criticità. Il direttore di Renexia, Riccardo Toto, lancia l’allarme: “C’è il rischio che il contingente messo al bando venga saturato, ma poi sia utilizzato solo in parte, solo per i progetti che giungeranno alla fine dell’iter autorizzativo”. Inoltre, ancora non c’è traccia dell’indicazione del ministero dell’Ambiente riguardo i porti interessati dallo sviluppo della cantieristica navale dedicata. Il nuovo sistema di calcolo dei prezzi zonali dell’energia elettrica potrebbe portare risparmi importanti alle aziende, incentivando al tempo stesso lo sviluppo delle fonti pulite. A dirlo sono il Ceo di Althesys, Alessandro Marangoni e Lucia Visconti Parisio, dalle pagine de il Sole 24 Ore. I giochi sono quasi fatti per l’ex Ilva. Sono due le realtà rimaste in corsa alla scadenza dei termini per l’invio delle offerte: Jindal Steel International e Baku Steel. Mike Manley, ex ceo di Fiat Chrysler, potrebbe essere il nuovo amministratore delegato di Stellantis. L’artefice del rilancio del marchio Jeep sarebbe nella short list dei potenziali successori di Carlos Tavares, secondo indiscrezioni riportate da Il Corriere della Sera. La rassegna Energia.
ENERGIA: PIU’ BENEFICI PER AZIENDE CON NUOVE TARIFFE ELETTRICITA’
“Con l’abbandono, dal 1° gennaio 2025, del prezzo unico nazionale dell’energia elettrica (il Pun) è entrato in funzione un nuovo sistema di calcolo dei prezzi zonali, legati alle diverse aree geografiche (con una loro media ponderata chiamata Pun index Gme). Se è ancora presto per vedere spostamenti rispetto all’indice di prezzo nazionale in questa prima fase del regime transitorio – che durerà almeno un anno e che mette in campo meccanismi perequativi proprio per evitare differenze troppo marcate nel Paese – lo strumento traccia una direzione nel contesto di transizione energetica che stiamo vivendo. «È un segnale», commenta Lucia Visconti Parisio, docente di economia dell’ambiente e dell’energia all’Università Bicocca di Milano: «Se in un’area l’elettricità è scarsa o costosa, prodotta con tecnologie superate, si pagherà di più. Diversamente se in una zona la penetrazione delle rinnovabili è elevata, si potrà pagare di meno. Il meccanismo dovrebbe contribuire a incentivare, anche tra i consumatori, lo sviluppo delle fonti pulite. In Italia i prezzi sono ancora legati al gas. Se le rinnovabili – anche con tecnologie promettenti di larga scala come l’eolico offshore – riuscissero a coprire completamente la domanda di mercato potremmo osservare valori pari a zero». (…) la differenza in bolletta non sarà elevata», conferma Alessandro Marangoni, ceo della società di consulenza Althesys: «Tuttavia, il passaggio ai prezzi zonali potrebbe effettivamente favorire le regioni con più energia rinnovabile installata, a patto che anche le altre regioni della medesima zona facciano lo stesso. A oggi solo Calabria, Sicilia e Sardegna presentano confini geografici e di mercato elettrico coincidenti. Ciò porterebbe vantaggi tangibili in termini di riduzione delle bollette, considerando, però, che la materia energia ne è solo una parte”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“«A questo è legato un altro strumento aggiornato nel dl Aree idonee: il burden sharing, che prevede una quota minima di potenza rinnovabile che ogni regione deve aggiungere annualmente fino al 2030, calcolata in base a diversi parametri, tra cui il potenziale teorico di sviluppo (80%), la domanda elettrica (10%) e la situazione economica (Pil, 10%)», spiega Marangoni: «Il burden sharing potrebbe attenuare le attuali differenze tra le zone di mercato e, in prospettiva, anche enfatizzare la funzione dei prezzi zonali. Tuttavia, il futuro decreto Fer X transitorio, la cui bozza è stata da poco approvata a Bruxelles, non prevede l’applicazione dei coefficienti localizzativi che originariamente dovevano essere individuati per indirizzare gli investimenti in maniera coordinata con lo sviluppo delle reti, ma solo di un fattore di correzione per le tecnologie solari. Questo rischia di posticipare gli sforzi necessari per una più omogenea distribuzione territoriale delle nuove rinnovabili»”, continua il giornale.
EOLICO, OPERATORI PREPARANO ASTE PER INCENTIVI DECRETO FER2
“Eolico offshore, in attesa che il ministero dell’Ambiente annunci i porti interessati dallo sviluppo della cantieristica navale dedicata (occhi puntati su Taranto, Augusta, Brindisi e Civitavecchia), gli operatori si preparano alle aste di marzo del Fer 2, che per questa tecnologia mette a bando incentivi per 3,8 GW di capacità. Già i maggiori impianti in sviluppo sulla carta superano il contingente a disposizione. E non mancano ulteriori punti critici. Riccardo Toto, direttore di Renexia, società del gruppo Toto che sta sviluppando Med Wind, parco da 2,7 GW e 9,5 miliardi d’investimento a 80 km al largo di Mazara del Vallo, spiega: «Il decreto Fer 2 prevede la partecipazione all’asta dell’eolico offshore solo con la Via (Valutazione d’impatto ambientale) e non con l’Au (Autorizzazione unica). Statisticamente, solo il 60% di chi ha la Via raggiunge anche l’Au. Questo è un problema: c’è il rischio che il contingente messo al bando venga saturato, ma poi sia utilizzato solo in parte, solo per i progetti che giungeranno alla fine dell’iter autorizzativo. Con i fondi bloccati per 60 mesi, che è il tempo necessario a consegnare l’impianto. Per la parte di eolico onshore invece è richiesto avere sia Via che Au». (…) «Se queste infrastrutture avranno fondi anche dal Mase bene, altrimenti negli investimenti abbiamo già il necessario per le nostre lavorazioni», osserva Toto. Mentre sul sito dove sorgerà il polo produttivo di turbine con MingYang, conferma la valutazione di aree a Brindisi, Taranto, Ortona: «Decideremo entro gennaio»”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“Poi ci sarebbe da lavorare sui livelli di indicizzazione, non paragonabili a quelli del Fer X, tenendo conto dell’inflazione. Per i primi progetti di taglia industriale bisognerebbe prevedere la possibilità di fare economie di scala, di avere maggiore flessibilità. Ci sono strumenti che funzionano in altri mercati come il phasing. (…) «I due impianti pugliesi, uno al largo di Brindisi, l’altro di Lecce, per oltre 2 GW, sono nella fase finale della Via, speriamo di essere in tempo per partecipare alla prima asta del Fer 2. L’investimento da oltre 7,5 miliardi in Puglia comprende anche la parte legata a costruzione, assemblaggio, manutenzione. L’auspicio è che la scelta del governo cada sui porti di Taranto e Brindisi, entrambi strategici per l’offshore». Giulia Lo Bianco, head of Offshore Wind di BayWa r.e. Italia – gruppo tedesco che ha annunciato nel nostro Paese 14 progetti per oltre 9 GW e 6 miliardi di investimenti – conferma la crucialità del momento, con la designazione dei porti e il Fer 2 a spingere lo sviluppo dell’offshore nel nostro Paese: «In Sicilia abbiamo recentemente concluso le indagini ambientali, geofisiche e geotecniche per tre impianti, con l’obiettivo di avviare i lavori di costruzione dei i primi 2 MW entro il 2030. (…) crediamo fermamente che l’Italia abbia tutte le carte in regola per affermarsi come hub strategico dell’eolico offshore nel Mediterraneo»”, continua il giornale.
ENERGIA, IN CORSA BAKU STEEL E JINDAL PER ILVA
“Tempo scaduto per le offerte all’ex Ilva. Oggi, a mezzanotte, sono arrivate sul tavolo del ministero delle Imprese e del Made in Italy. Tutto fa presagire un derby asiatico tra gli azeri di Baku Steel e gli indiani di Jindal Steel International. Fonti vicine a quest’ultimo gruppo «confermano l’interesse a rilevare tutti gli impianti italiani», ovvero Taranto, Novi Ligure e Cornigliano. Proposta che è la corsia preferenziale per il governo e gli addetti vicino al dossier, più inclini a questa opzione rispetto a un effetto spezzatino dell’asset. Anche perché l’esecutivo punta al rilancio industriale in toto, oltre alla tutela dell’occupazione. Più voci dentro la partita riportano che il fondo d’investimento Usa Bedrock Industries si sarebbe via via defilato per «il basso interessamento». (…) Sideralba punterebbe a singoli impianti. Chi gravita intorno a Marcegaglia, inoltre, conferma l’interesse per almeno due tubifici. Con la pista di una cordata con Jindal Steel International a Novi Ligure che resterebbe aperta”, si legge su La Stampa.
“Fino all’ultimo sulla presentazione o meno di una busta nella gara al governo ha pesato il prezzo dell’energia. Un prezzo minimo di offerta è stato fissato da Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. Nel frattempo, proprio i commissari straordinari – Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli – continuano l’opera di stabilizzazione della produzione e di ricucitura delle relazioni con istituzioni e sindacati, messe a dura prova dalla precedente gestione ArcelorMittal-Lucia Morselli. Il quadro produttivo mostra un 2024 chiuso con poco più di 2 milioni di tonnellate di acciaio. Una cifra distante dalle potenzialità di Taranto: solo nel 2021 si parlava di 4,2 milioni annui (…) Il 2025 è perciò un anno di svolta, dove è prevista la rimessa in moto l’altoforno 2, nonché il fermo dell’altoforno 1, che aveva ripreso l’attività ad ottobre, per rifare il crogiolo, mettendolo così in sicurezza”, continua il giornale.
STELLANTIS, MANLEY IN LISTA PER CEO STELLANTIS
“Stellantis punterà sull’usato sicuro? Secondo indiscrezioni, l’ex ceo di Fiat Chrysler, Mike Manley, è fra i manager sondati per assumere la guida del costruttore dopo l’addio di Carlos Tavares. Manley, 60 anni, ha lavorato a lungo per il gruppo Chrysler, poi assorbito da Fiat, ed è stato l’artefice del rilancio del marchio Jeep. Conosce come pochi altri manager il mercato americano, la principale fonte di profitti di Stellantis, diventato però negli ultimi mesi anche la maggior sorgente di preoccupazioni per la casa. Avrebbe quindi le carte in regola per aggiustare la rotta negli Stati Uniti, dove le politiche protezionistiche di Trump richiederanno probabilmente diverse svolte strategiche. (…) Nella rosa dei nomi figurerebbe anche il francese Maxime Picat, ex capo di Peugeot, oggi responsabile degli acquisti e della filiera di Stellantis. Non è poi da escludere una soluzione di transizione con Richard Palmer, l’ex direttore finanziario del gruppo che oggi ha il ruolo di special advisor del presidente John Elkann e potrebbe aiutare a sistemare i bilanci”, si legge su Il Corriere della Sera.
“In attesa di definire la struttura globale di vertice, intanto, Stellantis ha rivisto l’organizzazione per il mercato italiano, affidato alla guida di Antonella Bruno. Sarà la squadra che, fra l’altro, sarà chiamata ad applicare sul campo il nuovo piano per il Paese di Stellantis (…) ieri la premier Giorgia Meloni si è detta «soddisfatta dell’accordo con Stellantis» durante la conferenza stampa di inizio anno. «Cerchiamo», ha aggiunto, «quello che possiamo fare per avere sempre un approccio a tutela dei lavoratori»”, continua il giornale.
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