Parolin in Giordania: tacciano le armi! Cercare la pace e la convivenza tra i popoli

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Il segretario di Stato presiede la Messa per la consacrazione della nuova chiesa del Battesimo di Gesù, in Giordania. Forte il suo appello al cessate-il-fuoco nella regione, alla liberazione degli ostaggi e al rispetto del diritto umanitario: “Il cuore dei responsabili delle nazioni si lasci convincere a cercare la pace e la convivenza tra i popoli. Non sia la violenza a determinare il nostro futuro”. Il patriarca Pizzaballa: “Preghiamo per quanti soffreno per la mancanza di pace”

Isabella Piro – Città del Vaticano

Con un richiamo forte e sentito alla pace e alla speranza, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, legato pontificio in Giordania, ha presieduto stamani, 10 gennaio, la Messa per la consacrazione della nuova chiesa del Battesimo di Gesù, situata sul fiume Giordano (Al-Maghtas), nel luogo in cui Giovanni Battista battezzò il Figlio di Dio.

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Nella sua omelia – pronunciata in lingua araba da un lettore – il porporato ha sottolineato come la propria presenza odierna nel Paese, voluta dal Papa, rappresenti “un segno tangibile della vicinanza di tutta la Chiesa alle comunità cristiane del Medio Oriente”. Una prossimità, ha aggiunto, espressa “in molti modi in questi ultimi mesi, mesi dolorosi e di guerra, soprattutto attraverso le parole di Francesco”.



Un momento della messa

Un seme di speranza

Al riguardo, il segretario di Stato ha fatto riferimento alla lettera che il Pontefice ha inviato ai cattolici del Medio Oriente il 7 ottobre 2024 e nella quale ha messo in luce la loro vocazione ad “essere un seme di speranza, un seme piccolo, un seme circondato dal buio, ma un seme che porta frutto”. Per questo, il cardinale Parolin ha esortato tutti a “non lasciarsi vincere dalle gravi difficoltà di questo momento, nella fiducia che Dio governa la storia degli uomini, anche se questa porta i segni della violenza, del peccato e della morte”.

La violenza non determini il futuro

Pur nella consapevolezza dell’attuale momento storico che la regione sta vivendo, tra tanti “sconvolgimenti seri”, il porporato ha al contempo ribadito l’importanza che “anche i cristiani possano dare il loro contributo a una società giusta e pacifica”. Di qui il suo sguardo si è rivolto “al di là del Giordano” e, guardando in quella direzione, Parolin ha chiesto “che tacciano le armi, che si liberino prigionieri ed ostaggi, che sia garantito il diritto umanitario, che il cuore dei responsabili delle nazioni si lasci convincere a cercare la pace e la convivenza tra i popoli”. Perché, ha rimarcato, “non deve essere la violenza a determinare il nostro futuro!”.

Invocare la vera pace

Soffermandosi, poi, sulla specificità geografica del sito del Battesimo di Gesù, che rappresenta “il luogo più basso della terra”, nel quale si avverte “tutta la sofferenza dei conflitti e della disumanità e del peccato”, il legato pontificio ha affermato che tuttavia è proprio da questo luogo in cui “si è aperto il cielo” che viene invocato “il dono della pace, quella vera, che nasce nei cuori e si diffonde in tutto il tessuto sociale”.

La cerimonia ufficiale sul sagrato della chiesa

La cerimonia ufficiale sul sagrato della chiesa

Le tappe fondamentali per la costruzione della Chiesa

Il porporato ha ricordato anche alcune tappe fondamentali per la costruzione del nuovo tempio: l’identificazione del luogo del Battesimo di Gesù, avvenuta negli anni ’90 del secolo scorso per opera del francescano archeologo Michele Piccirillo; il 25° anniversario del sito come “luogo di pellegrinaggio” e la benedizione della prima pietra, avvenuta per mano di  Benedetto XVI nel corso della sua visita in Terra Santa nel 2009. Perciò, ha aggiunto il cardinale, bisogna rendere grazie a Dio non solo per la nuova chiesa, ma anche per il suo essersi “fatto uomo ed essere passato in mezzo a noi, proprio in questa regione della terra, in questa Terra Santa”.

Un luogo di pellegrinaggio

“Siamo cristiani perché siamo battezzati”, ha aggiunto il segretario di Stato. “Nel Battesimo il dono dello Spirito santo ci purifica dal male, ci fa figli di Dio, ci trasforma interiormente, ci permette di avere in noi la vita di Dio  – ha proseguito -. Il nostro Battesimo è in noi l’inizio della vita immortale. Anche per i Padri della Chiesa, proprio il passaggio del popolo eletto attraverso il Giordano è simbolo del nostro passaggio alla vita eterna attraverso l’acqua del Battesimo”. In quest’ottica, il porporato ha auspicato che il nuovo santuario possa divenire “un luogo privilegiato per ogni fedele per rinnovare il proprio Battesimo, la propria adesione a Cristo morto e risorto, non solo con le parole, ma con tutta la vita”. Il pensiero del celerante è andato quindi al Giubileo della speranza, appena iniziato: “Un anno di perdono e di misericordia, è occasione propizia per il pellegrinaggio” alla nuova chiesa.

Il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin durante la Messa

Il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin durante la Messa

La gratitudine del Papa

Infine Parolin ha ringraziato, anche a nome di Papa Bergoglio, la Casa reale, specialmente il re Abdullah II, e il governo della Giordania “per la cura” che hanno avuto per il sito del Battesimo sin dalla sua identificazione. “Insieme a questo, altri posti nel Regno hashemita testimoniano la presenza di Cristo e della prima Chiesa e di essi sarà oggetto la mostra che a febbraio si svolgerà in Vaticano – ha ricordato inoltre il cardinale Parolin -; così si esprime il legame profondo tra la Giordania e la Santa Sede”. Un ulteriore ringraziamento  lo ha espresso al benefattore Nadim Muasher, cattolico latino giordano che ha donato un contributo sostanziale per la costruzione della chiesa, volendo onorare così la memoria di un figlio, morto improvvisamente, così come ai Padri del Verbo Incarnato che si predono cura del luogo di culto. 

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L’appello del cardinale Pizzaballa per la pace

La Messa per la consacrazione della chiesa è stata preceduta da un momento ufficiale, svoltosi sul sagrato sotto un sole caldo, alla presenza delle autorità religiose e civili, tra cui l’Assemblea degli Ordinari di Terra Santa e diversi esponenti della Casa Reale del Paese, come il principe Ghazi. A prendere la parola, tra gli altri, è stato il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei latini, il quale ha lanciato un forte appello per la pace: “Preghiamo per tutti coloro che stanno soffrendo nel proprio Paese a causa della mancanza di sicurezza, stabilità e pace, soprattutto in Palestina, Libano e Siria, così come in tutte le regioni del mondo che hanno bisogno di pace”. Subito dopo, ha rivolto il suo saluto ai presenti anche Nadim Mouasher. Tra gli altri finanziatori si annovera anche il Patriarcato latino.

La processione iniziale

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Il rito dell’unzione dell’altare

Quindi, accompagnata dai canti intonati da un coro di giovani, si è snodata la processione inziale all’interno della chiesa. Tra i momenti più suggestivi della messa, alla quale ha preso parte anche il nunzio apostolico in Giordania, Giovanni Pietro Dal Toso, risaltano la deposizione sotto l’altare di alcune reliquie di san Giovanni Paolo II e dei santi martiri di Damasco, nonché il rito dell’unzione dell’altare: il segretario di Stato ha versato il sacro Crisma sulla mensa e in alcuni punti delle pareti della chiesa, tracciandovi il segno della croce. È seguito il momento dell’incensazione dell’altare e della sua astersione da parte di alcuni ministranti che poi lo hanno coperto con una tovaglia, disponendovi i candelieri. 

Alcuni dettagli

Con una superficie di 2.200 metri quadrati, il nuovo luogo di culto può ospitare oltre 1.000 fedeli, divenendo così uno dei più grandi del Medio Oriente. Nel 2003, il re Abdullah II di Giordania ha donato 30 dunams di terreno per la costruzione del tempio. Eretta in pietra di tafouhi, una pietra giallastra proveniente da Hebron, la chiesa presenta vetrate realizzate in Libano nello stile della cattedrale francese gotica di Chartres.



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