Dopo il clamore suscitato da alcune indiscrezioni di stampa, il governo di Giorgia Meloni ha cercato di ridimensionare la portata dell’accordo che sta definendo con Elon Musk sul progetto che riguarda Starlink: un progetto che consentirebbe all’Italia di utilizzare i servizi di telecomunicazione satellitare offerti dalla società SpaceX in ambiti istituzionali e militari molto delicati, in cambio di 1,5 miliardi di euro nei prossimi cinque anni. Oltre che a rispondere alle critiche dei partiti di opposizione, le rassicurazioni del governo dovevano servire a superare tra l’altro le consistenti perplessità che intorno al progetto ha da tempo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
I chiarimenti forniti dalla presidente del Consiglio e da altri ministri sono valsi a rendere meno oscuri e preoccupanti alcuni dei punti più controversi del progetto, ma per ora i dubbi dei funzionari del Quirinale rimangono. L’accordo, come negli uffici del presidente Mattarella si ritiene da tempo, riguarda aspetti molto complessi e delicati della sicurezza nazionale e dei rapporti diplomatici dell’Italia con gli alleati europei: resta una radicata convinzione che, oltre alle opportunità, il piano porti con sé anche notevoli rischi, e sarà dunque necessaria una valutazione molto approfondita e nuovi confronti tra il governo, le forze armate, il Quirinale e i servizi segreti.
Sull’accordo, la comunicazione del governo è stata inizialmente un po’ confusionaria e contraddittoria. Informazioni più chiare sono state fornite mercoledì dal ministro della Difesa Guido Crosetto alla Camera. Crosetto ha spiegato che al momento né il governo né la Difesa hanno approvato alcun accordo con SpaceX, ma ha aggiunto che per molte delle attività delle nostre forze armate in Italia e soprattutto all’estero esiste l’esigenza di adottare sistemi di comunicazione più moderni e affidabili di quelli attualmente in uso, e che per farlo si è obbligati a ricorrere ai servizi garantiti dai satelliti in orbita bassa (quelli a meno di 2.000 chilometri dal suolo terrestre).
Crosetto ha insomma fatto capire le ragioni tecniche per cui il governo è orientato a puntare su Starlink: su questo tipo di servizio, al momento e verosimilmente per i prossimi cinque o dieci anni, Starlink è di gran lunga il progetto che sfrutta la tecnologia più avanzata. Sia rispetto a quelle di altri concorrenti privati (come per esempio il progetto Kuiper di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon), sia rispetto a quelle che stanno sviluppando i consorzi pubblici europei. In questo senso, la principale alternativa a Starlink sarebbe IRIS2, un progetto a cui la Commissione Europea lavora da quasi dieci anni e che però procede un po’ a rilento: la costellazione di satelliti europei non verrà installata in orbita prima del 2030, e saranno circa 290.
Starlink ne ha al momento quasi 7.000 in orbita e nel giro dei prossimi sette o dieci anni potrebbe arrivare ad averne oltre 40mila.
Il vantaggio tecnologico delle aziende di Musk è evidente e innegabile, e di fatto Starlink agisce in regime di monopolio. Ma sul progetto rimangono alcune incognite legate alla sicurezza nazionale e all’opportunità politica di affidare sistemi così delicati a un imprenditore spregiudicato e volubile come Musk, che sta per diventare a tutti gli effetti un esponente di un governo straniero. I punti più problematici indicati dai funzionari del Quirinale e da alcuni dirigenti dell’intelligence sono soprattutto tre.
Il primo ha a che fare con la crittografia dei dati che transitano sulle reti di Starlink. Il sistema di comunicazioni servirà a garantire comunicazioni sicure e riservate ai più alti livelli istituzionali, e soprattutto comunicazioni militari che siano stabili anche nelle zone più critiche (deserti, navi in alto mare). Perciò è necessario che questi dati restino inaccessibili non solo a chi volesse intercettarli, ma anche al fornitore del servizio. In altre parole, serve la certezza che Musk non possa accedere a quei dati e sapere cosa si dicono i ministri o i generali dell’esercito italiani.
I consiglieri di Meloni sono sicuri che i dati verranno crittografati da sistemi italiani inaccessibili a Starlink: le infrastrutture di Musk potranno dunque solo far transitare il dato senza conoscerne il contenuto. Crosetto mercoledì ha spiegato che un eventuale affidamento a Starlink «non esclude che un paese sovrano e tecnologicamente avanzato come il nostro possa gestire l’instradamento e la cifratura dei suoi dati sensibili utilizzando apparati e tecnologie proprietarie».
Il problema, però, è che della tecnologia effettivamente utilizzata da Starlink per processare i dati e trasmetterli attraverso i satelliti si sa poco o nulla, e l’azienda comprensibilmente si rifiuta di condividere queste informazioni (almeno col governo italiano). In teoria, dunque, non c’è la certezza che quel dato non venga in qualche modo alterato o penetrato o duplicato durante il transito. E allo stesso modo, non ci sono garanzie totali sul fatto che Starlink non possa rendere illeggibili i dati, e dunque in sostanza sabotare o compromettere le comunicazioni.
Va specificato che questi sono rischi potenziali e teorici: ma la delicatezza degli interessi in ballo fa sì che questi dubbi, per quanto residuali, siano comunque tenuti in considerazione.
Il secondo punto potenzialmente problematico è che non ci sono garanzie che Musk non possa interrompere i flussi di dati. L’“interruttore” del servizio resterebbe nelle mani di SpaceX, che potrebbe decidere di sospenderlo, impedendo per esempio a truppe italiane che operano nel deserto libico di inviare o ricevere segnali e comunicazioni. È, di nuovo, una preoccupazione teorica, e la sicurezza assoluta potrebbe esserci solo avendo una propria costellazione di satelliti in orbita, cioè essendo proprietari dell’infrastruttura: ma questo avrebbe dei costi enormemente maggiori dei 300 milioni di euro all’anno che l’Italia dovrebbe pagare a Musk nei prossimi cinque anni.
Il carattere di Musk, poi, non ispira sempre fiducia. Dopo aver fornito Starlink all’Ucraina, aiutando così l’esercito di Volodymyr Zelensky a mantenere comunicazioni sicure e stabili, Musk decise in un caso di interrompere il servizio in Crimea dopo aver saputo che stava per essere utilizzato dagli ucraini per bombardare delle navi russe, perché temeva che si sarebbe inasprito ancora di più il conflitto.
Per evitare questo rischio, l’idea su cui il governo italiano sta lavorando prevede di avere una sorta di garanzia istituzionale dal governo degli Stati Uniti, di cui Musk farà parte in qualità di consulente. Questa garanzia dovrebbe servire a impedire che i dirigenti di SpaceX possano sospendere o alterare in maniera significativa il servizio di telecomunicazioni.
Un terzo punto delicato dell’accordo riguarda la geolocalizzazione delle antenne, cioè la possibilità di individuare il luogo in cui vengono installati i terminali per ricevere i dati. È un’informazione estremamente sensibile, perché consentirebbe di individuare con precisione dove sono le navi o i mezzi militari che comunicano tramite Starlink, e renderli dunque bersagli. Anche su questo, i promotori dell’accordo nel governo italiano e in SpaceX sono convinti di aver trovato un compromesso utile a garantire una forma di sicurezza.
Al di là di questi aspetti tecnici, al Quirinale ci sono poi, e non da oggi, dubbi di carattere più politico o diplomatico. Affidarsi a Starlink significherebbe infatti discostarsi in maniera significativa da un progetto europeo, quello già citato di IRIS2, di cui l’Italia dovrebbe essere protagonista. Ma nel governo di Meloni sono convinti che non sarebbe proprio così, perché secondo il governo l’accordo con SpaceX non comporterebbe automaticamente l’abbandono del progetto europeo. L’Italia si affiderebbe a Musk fintantoché la costellazione europea non sarà operativa, e a quel punto affiancherebbe i due servizi. D’altro canto, proprio la consapevolezza dei ritardi di IRIS2 sta spingendo diversi governi europei a cercare alternative. Alcuni, come quello francese, avrebbero già in passato cercato di definire delle intese con Musk, senza riuscirci. Altri, come quello britannico, avrebbero invece deciso di puntare sui servizi offerti da Bezos.
In ogni caso, l’opposizione di Mattarella riguardo a questo progetto italiano è nota. Sia pure in forma implicita, l’ha manifestata in più occasioni in maniera perentoria, considerando la tradizionale accortezza del lessico felpato che la sua carica impone. Già nel dicembre del 2023, durante il discorso di fine anno alle alte cariche istituzionali, aveva messo in guardia dagli «oligarchi di diversa estrazione» che «si sfidano nell’esplorazione sottomarina, in nuove missioni spaziali, nella messa a punto di costosissimi sistemi satellitari (con implicazioni militari) e nel controllo di piattaforme di comunicazione social, agendo, sempre più spesso, come veri e propri contropoteri».
A dicembre dell’anno seguente, nel tradizionale discorso agli ambasciatori, Mattarella tornò a evidenziare i rischi per la democrazia connessi con l’attività sempre più invasiva di «operatori internazionali svincolati da ogni patria, la cui potenza finanziaria supera oggi quelli di Stati di media dimensione, e la cui gestione di servizi essenziali sfiora, sovente, una condizione monopolistica».
A complicare le già difficili comunicazioni tra il governo e lo staff del presidente della Repubblica, sul tema, c’è poi l’attivismo spesso confusionario dei referenti di Musk in Italia. Andrea Stroppa, il più in vista dei collaboratori italiani di Musk, ha contribuito anzi a generare ulteriore tensione con alcune sue dichiarazioni e iniziative. Sia al ministero della Difesa sia tra i collaboratori di Meloni c’è chi inizia a esprimere insofferenza per i suoi modi di fare e per il suo protagonismo.
– Leggi anche: Che cos’è Starlink
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