Il mancato rilascio presuppone una “obbligatoria e convincente motivazione”.
Il proprietario di un bene culturale, ovvero di un’opera di autore non più vivente, la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni e con un valore superiore ad euro 13.500, così come di fotografie con più di venticinque anni e di mezzi di trasporto aventi più di settantacinque anni e/o di altre opere tutelate come tali, che intenda far uscire in via definitiva dall’Italia una o più di queste opere
“deve farne denuncia e presentarle al competente ufficio di esportazione, indicando, contestualmente e per ciascuna di esse, il valore venale, al fine di ottenere l’attestato di libera circolazione”.
Lo sancisce l’art. 68 del Codice dei beni culturali, prevedendo così un’eccezione al principio di libera circolazione per le opere che rivestono, comunque, un rilievo eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della nazione.
La ratio della normativa è chiara: “escludere la circolazione del bene culturale anche nel caso in cui l’esportazione, tenuto conto dell’eccezionale rilevanza del bene, metta a rischio l’integrità e la completezza del patrimonio culturale nel suo insieme, e tale normativa incide sulla nozione di eccezione culturale ex art. 36 del TFUE, quale limite alla libera circolazione di opere” (così la sentenza del Consiglio di Stato del 27 dicembre 2023, n. 11204).
Nella valutazione circa il rilascio o il rifiuto dell’attestato di libera circolazione, gli uffici di esportazione competenti sono chiamati ad accertare se i beni presentati, in relazione alla loro natura o al contesto storico-culturale di cui fanno parte, presentano l’interesse culturale prescritto.
Qualora tale interesse venga riconosciuto, il diniego dell’attestato comporta di norma l’avvio del procedimento di dichiarazione di interesse culturale, che conferisce al bene una tutela rafforzata.
L’art. 68 del Codice dei beni culturali attribuisce all’Amministrazione un potere di valutazione tecnica, che deve essere esercitato nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza; tale discrezionalità, tuttavia, può essere oggetto di sindacato quando, per la presenza di figure sintomatiche dell’eccesso di potere (come l’adozione di provvedimenti caratterizzati da illogicità, contraddittorietà o carenza di motivazione), si pone in contrasto con il suddetto principio.
Nel compiere la valutazione, gli uffici di esportazione sono tenuti a svolgere le funzioni di accertamento e di valutazione tecnico-scientifica attenendosi agli indirizzi di carattere generale previsti dal decreto ministeriale n. 537 del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ora Ministero della Cultura, del 6 dicembre 2017 (il “decreto ministeriale”) e, in particolare, devono basarsi su criteri che includano un’analisi approfondita della natura e delle caratteristiche dei beni presentati, considerando:
1. la qualità artistica dell’opera, valutata in relazione a magistero esecutivo, capacità espressiva, invenzione e originalità;
2. la rarità dell’opera, in senso qualitativo, legato alla rilevanza o alla diversità formale, contenutistica, tipologica e alla complessità tecnica di un manufatto, e/o in senso quantitativo, connesso piuttosto alla sussistenza, al livello di presenza o di reperibilità di opere dello stesso autore;
3. la rilevanza della rappresentazione, nel senso che l’opera deve presentare un non comune livello di qualità e/o importanza culturale, storica, artistica, geografica o etnoantropologica;
4. l’appartenenza, sicura o documentabile in vario modo, a un complesso e/o contesto storico, artistico, archeologico, monumentale anche se non più in essere o non materialmente ricostruibile;
5. la testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo;
6. la testimonianza rilevante sotto il profilo archeologico, artistico, storico, etnografico di relazioni significative tra diverse aree culturali.
La costatazione della presenza di tali indirizzi mira ad evitare “giudizi apodittici non sostenuti da una adeguata argomentazione critica e storica” (così sempre il decreto ministeriale), in considerazione dell’indubbia incidenza del provvedimento sul diritto alla proprietà privata riconosciuto dalla Costituzione, e le relazioni a supporto delle relative decisioni dovranno “sempre essere sviluppate in maniera esaustiva, con motivazioni puntuali, riferimenti bibliografici aggiornati, se disponibili”.
In mancanza di vincoli formali esistenti, la deroga al principio della libera circolazione, in una prospettiva anche di valorizzazione internazionale dei beni culturali, richiede infatti una motivazione rigorosa della scelta dell’Amministrazione.
In tale attività, gli uffici di esportazione potranno “avvalersi, specialmente per alcuni ambiti specifici (quali, ad esempio, la numismatica, l’orientalistica, l’etnoantropologica, la storia della scienza e della tecnica) della collaborazione di esperti, provenienti anche dall’ambito universitario, se non disponibili nell’Amministrazione stessa” (così il decreto).
Questo approccio garantisce un supporto tecnico-specialistico e una maggiore accuratezza nell’adozione dei provvedimenti.
Non è sufficiente basare la valutazione sulla costatazione di uno solo di tali indirizzi, ma è necessaria la coesistenza di più criteri per giustificare un eventuale diniego dell’attestato di libera circolazione, risultando invece necessaria la coesistenza di più criteri e non potendo attribuirsi rilevanza alla sussistenza di un solo “parametro che, atomisticamente considerato – pur prescindendo dalle relative valutazioni di merito, insindacabili da questo Tribunale in assenza di manifeste illogicità ed irragionevolezze – non è idoneo a supportare la declaratoria di interesse culturale in contestazione” (TAR Lazio, sentenza del 28 dicembre 2020, n. 14027, che recepisce un preciso e condiviso orientamento giurisprudenziale).
Ma non sempre ciò avviene.
Recentemente, il TAR della Toscana ha infatti annullato i provvedimenti con cui gli Uffici esportazione del Ministero della Cultura avevano negato il rilascio dell’attestato di libera circolazione ad una galleria d’arte per un dipinto del XIX secolo e vincolato il bene, dichiarandolo di interesse culturale particolarmente importante (sentenza n. 502/2024 del 24 aprile 2024).
Con tale sentenza, infatti, il TAR toscano, richiamati gli indirizzi dettati dal decreto ministeriale n. 537/2017, ha riconosciuto che è “imprescindibile”, ai fini della legittimità dell’azione amministrativa in materia di esportazione di beni culturali, “il rispetto delle garanzie formali e procedimentali, tra le quali assume rilievo quella della “obbligatoria e convincente motivazione”; infatti, come richiamato nel provvedimento in esame, “Proprio l’intrinseca insindacabilità nel merito del giudizio tecnico dell’amministrazione procedente rende imprescindibile, ai fini della legittimità dell’azione amministrativa nel settore, il rispetto delle garanzie formali e procedimentali prescritte per addivenire alla corretta formulazione della valutazione conclusiva, ovvero per addivenire alla graduazione d’intensità dell’interesse storico artistico propedeutica alla decisione sul rilascio o meno dell’attestato de quo. Tra tali garanzie assume rilievo quella dell’obbligatoria e convincente motivazione, indispensabile ad assicurare il sindacato sulla decisione maturata in ordine all’istanza, sia nella forma di verifica di legittimità e di merito in sede di ricorso gerarchico, sia nella forma più limitata del controllo esterno proprio del sindacato di legittimità del giudice amministrativo (TAR Lazio, Roma, II quater, 30.7.2008, n. 7757)”.
La sentenza ha inoltre chiarito che dalla previsione di cui all’art. 68 co. 4 del Codice dei beni culturali e dal decreto ministeriale n. 537/2017 risulta desumibile una precisa linea interpretativa che riferisce le valutazioni dell’organo amministrativo deputato ad autorizzare l’esportazione del bene culturale alle “cose presentate” per l’esportazione (in questo caso, il dipinto), piuttosto che alla sola figura dell’autore dell’opera in questione. Di conseguenza, il solo riferimento al valore dell’autore non è sufficiente a determinare il diniego dell’attestato per l’esportazione, in un contesto in cui non sia dimostrato il particolare valore culturale anche dell’opera stessa.
La sentenza evidenzia quindi, ancora una volta, l’importanza di una valutazione accurata e rigorosa, che tenga conto delle caratteristiche specifiche dell’oggetto d’arte, anziché basarsi esclusivamente su elementi generici o presuntivi.
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