di Erika Noschese Dichiarare illegittimo e, di conseguenza, annullare l’articolo 1 comma 1 della legge della Regione Campania numero 16/2024. Questa, in sintesi, la richiesta avanzata dal presidente del Consiglio dei Ministri alla Corte Costituzionale, impugnando la legge della Regione Campania recante “Disposizioni in materia di ineleggibilità alla carica di Presidente della Giunta regionale, in recepimento dell’articolo 2, comma 1, lettera f) della legge 2 luglio 2004, n. 165”, come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 9 gennaio 2025, che di fatto consente al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca di candidarsi per il terzo mandato. Il governo parla infatti di illegittimità costituzionale per contrasto alla legge del 2 luglio 2004. «In sostanza, la norma regionale limita ingiustificabilmente la sfera di applicazione dell’anzidetta legge statale laddove, dopo aver riconosciuto nel primo periodo che “Non è immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi”, prevede, nel secondo periodo, che “Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge”», si legge nel ricorso presentato. La presidenza del Consiglio dei Ministri cita poi la legge regionale del 2009, entrata in vigore il 15 aprile di quell’anno: «Avendo la Regione Campania adottato una propria legge elettorale (n. 4/2009) ed uno Statuto (legge n. 6/2009) che hanno previsto l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale a suffragio universale e diretto, non vi è nessuna ragione per escludere l’operatività del divieto di terzo mandato consecutivo a chi ne abbia già svolti due sulla base della legislazione regionale elettorale su richiamata – si legge ancora nel ricorso – Non appare dubbia, poi, la natura, dichiarata dal legislatore, di principio fondamentale dell’ipotesi di ineleggibilità rimessa alla determinazione della legislazione statale che, appunto, ha ritenuto di stabilire un divieto di rielezione temporaneo e non permanente, nel senso che la norma non preclude – in assoluto – la possibilità di restare in carica per un terzo mandato per chi ne abbia già effettuati due consecutivi, ma la subordina a un’interruzione successiva al secondo mandato consecutivo». Nel ricorso si parla dell’esigenza di «prevenire il rischio di concentrazione e di personalizzazione del potere». La previsione del divieto del terzo mandato quale principio fondamentale di legislazione concorrente risponde alla ratio di imporre una disciplina uniforme e inderogabile su tutto il territorio nazionale, ammettendo sì, come accade in ogni materia di legislazione concorrente, diverse articolazioni di dettaglio in ambito regionale, senza, tuttavia, sacrificare l’istanza unitaria portata dalla disposizione statale, viene poi chiarito evidenziando che la legge regionale impugnata, nella parte in cui prevede che “il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge” così escludendo dal computo della consecutività il precedente mandato svolto, si pone, dunque, in frontale contrasto con il principio fondamentale della legge del 2004, della non immediata rieleggibilità – allo scadere del secondo mandato consecutivo – del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto. Per la presidenza del Consiglio dei Ministri «dovrebbe comunque ritenersi vigente, fin dal 2009, anche la limitazione del numero dei mandati e ciò in virtù di un richiamo alle ulteriori disposizioni statali vigenti chiaramente onnicomprensivo, in quanto esteso finanche alle disposizioni regolamentari; e, quindi, ampiamente, ed autonomamente, sufficiente a fondare l’applicabilità anche della menzionata disposizione recata dalla legge n. 165 del 2004, la quale certamente non può ritenersi ostacolata dalla generale condizione di compatibilità fissata dal rinvio medesimo. Pertanto, si ribadisce che la nuova norma regionale risulta incostituzionale». In sintesi, la legge oggi censurata, ribadendo il divieto di terzo mandato, questa volta in maniera esplicita e specifica (sulla base del primo periodo della disposizione censurata), produce il solo effetto (sulla base del secondo periodo della disposizione) di far decorrere ex novo il computo dei mandati, privando di efficacia e sterilizzando quelli già svolti, ad eccezione di quello in corso. In questo modo si genera un quadro elusivo in base al quale una nuova legiferazione regionale in materia, che è iniziativa in astratto di certo non preclusa ai Consigli regionali, avrebbe l’effetto di rendere irrilevante lo svolgimento di mandati già effettuati dal singolo soggetto di volta in volta interessato.
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