Le aziende sanitarie italiane devono rispondere a obiettivi e vincoli, le cliniche accreditate solo a quelli tipici delle società di capitali. Un modo per paralizzare il pubblico e avvantaggiare il privato. La denuncia del segretario nazionale Anaao Assomed, Pierino Di Silverio al Salvagente
Costringere i pazienti a pagarsi le prestazioni, ad andare a cercare un privato che le esegua magari in un’altra regione è un danno economico e sociale. Ma è anche quella che l’associazione sindacale ANAAO Assomed (sindacato dei medici e della dirigenza sanitaria) definisce una sconfitta di tutto il sistema sanitario. Poco più di un mese fa (il 29 novembre 2024) uno sciopero generale contro la manovra di bilancio cui ha partecipato tutto il comparto della sanità ha puntato i riflettori anche su questo aspetto, dal momento che non sono state ancora previste sufficienti risorse per la sanità pubblica.
Di questo si è discusso ampiamente (e si continuerà a farlo) ma c’è un altro tema affrontato e poco considerato, ed è la differenza di peso della burocrazia nel pubblico rispetto al privato, una differenza che si ripercuote sul tempo a disposizione per gli utenti della sanità pubblica, dunque sulle liste d’attesa e sulla qualità del servizio offerto al cittadino.
“Il pubblico paralizzato dalla burocrazia”
Abbiamo chiesto al segretario nazionale Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, di spiegarci perché questo succede, e perché è stato dichiarato che “la burocrazia paralizza gran parte della nostra attività” mentre ciò non accade per il privato.
Così ci ha risposto Di Silverio: “In Italia essere azienda sanitaria pubblica vuol dire riuscire a gestire garantendo trasparenza e rendicontazione; significa avere obiettivi gestionali che le Regioni impongono per ogni singola azienda come priorità. I manager pubblici devono tener conto di una infinità di leggi, determine, linee guida, accordi, convenzioni e Ccnl, piani di zona e di salute. Tutto ciò con molti vincoli e obiettivi da rispettare. Essere ‘azienda sanitaria privata accreditata’ non comporta gli stessi vincoli”.
E le cliniche private più libere
Più vincoli per il pubblico che per il privato, insomma, secondo Di Silverio. Che spiega: “Le aziende accreditate hanno minori vincoli di trasparenza se non quelli tipici delle società di capitali. Possono scegliere quali prestazioni privilegiare all’interno delle specialistiche ‘accreditate’ e del tetto di spesa assegnato dalla regione, senza gli stringenti e sacrosanti vincoli sul rispetto dei Lea (ovvero quelle prestazioni che sono ritenute dallo Stato obbligatorie da erogare gratuitamente); possono gestire il personale senza vincoli di numero e possono stipulare contratti diversi con il personale stesso. Nell’ambito del tetto di spesa – se non precisato dalla Asl e/o Regione di riferimento nell’atto di accreditamento – possono incentivare a loro discrezione le branche specialistiche che hanno avuto ‘accreditate’ selezionando quindi la domanda e l’offerta. Il ‘pubblico’ non può farlo. Deve essere universalista ed equo. Come sancito dall’art. 32 della nostra Costituzione. Insomma ad oggi il rapporto accreditato/pubblico, che potrebbe portare indubbi vantaggi alla cura, non è equamente governato con la conseguente impari conflittualità e concorrenza.”
Come funzionano le autorizzazioni
Il servizio sanitario nazionale in Italia, ricordiamolo, è organizzato in modo integrato tra il pubblico e il privato per poter offrire maggiori opportunità di cura laddove il servizio sanitario pubblico non arriva. La normativa vigente prevede che i soggetti privati che vogliono erogare servizi sanitari debbano avere un’autorizzazione sanitaria sulla base delle singole leggi regionali, un accreditamento istituzionale e un accordo contrattuale. Le autorizzazioni all’esercizio di attività sanitaria vengono rilasciate a tutte le strutture fisiche (anche mobili) dove si erogano prestazioni sanitarie, solo se sono presenti gli standard minimi di sicurezza e qualità delle prestazioni. I requisiti, stabiliti da ogni Regione, devono essere equiparati in tutte le strutture sanitarie pubbliche e private operanti sul territorio. L’autorizzazione viene rilasciata dal Comune di pertinenza dopo un’istruttoria da parte della Commissione dell’Unità sanitaria locale.
E l’accredito
L’accreditamento istituzionale viene rilasciato dalla Regione alle strutture autorizzate (pubbliche o private) e ai professionisti che ne facciano richiesta. Per ottenerlo occorre avere dei requisiti ulteriori e l’esito positivo alla verifica dell’attività svolta e dei risultati raggiunti. L’accreditamento conferisce alle strutture sanitarie e ai professionisti già in possesso di autorizzazione sanitaria, lo status di “soggetto idoneo ad erogare prestazioni per conto del Servizio Sanitario Nazionale”. Una struttura privata autorizzata e accreditata può, a questo punto, stipulare accordi contrattuali per effettuare prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, ottenendo la qualifica di “concessionario del Servizio pubblico sanitario”. I contratti vengono stipulati tra la Regione, le ASL e i soggetti privati (anche loro strutture di rappresentanza regionali) in base ai servizi sanitari che questi sceglieranno di offrire. Nei contratti si devono indicare: gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi; il volume massimo di prestazioni che le strutture private si impegnano ad assicurare; i requisiti del servizio (che deve essere accessibile, ben organizzato e appropriato clinicamente) con i tempi di attesa e la continuità assistenziale; il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate. Si tratta di un ammontare predefinito, determinato in base alle attività svolte, con un tetto massimo stabilito con decreto dal Ministro della salute, sentita l’Agenas e d’intesa con le Regioni.
Quanto previsto dal sistema delle tre A (Autorizzazione, Accreditamento e Accordi contrattuali) lascia dunque effettivamente spazio di manovra alle strutture private che, restando all’interno dei parametri stabiliti, possono scegliere quali prestazioni erogare e quanto e quale personale assumere permettendo agli utenti di evitare liste d’attesa. Tutte cose che una struttura pubblica non può fare, tra vincoli burocratici e poco personale.
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