La vittima ha 9 anni ed è stata colpita da«un’infezione intestinale di origine alimentare». L’avvertimento degli esperti:«No a yogurt e formaggio fresco ai più piccoli». Il caso più grave: Mattia, in coma dal 2017
Si riaccendono i riflettori, in Trentino, sui rischi del consumo di prodotti caseari non pastorizzati nei minori. Un nuovo caso vede infatti protagonista un bambino di soli 9 anni, rimasto intossicato dopo aver mangiato formaggio a base di latte crudo.
Il piccolo, riferisce una nota ufficiale diramata dalla Provincia, è stato colpito da «un’infezione intestinale di origine alimentare» dopo aver consumato del Puzzone di Moena, un formaggio tipico locale. L’indagine epidemiologica, condotta dal Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria di Trento, «ha evidenziato una probabile correlazione con il consumo di un formaggio prodotto a partire da latte crudo, non pastorizzato» portando al ritiro immediato del lotto incriminato dal commercio.
Il caso riapre una ferita mai sanata nel territorio trentino, dove il tema è particolarmente sentito dopo la tragedia del piccolo Mattia, oggi undicenne, che dal 2017 si trova in stato vegetativo per aver mangiato un pezzo di formaggio “Due Laghi”, prodotto dal caseificio di Coredo e contaminato dal batterio Escherichia coli. Una vicenda che ha portato a una proposta di legge bipartisan per l’introduzione di etichette che segnalino i rischi sanitari sui formaggi a latte crudo freschi o con stagionatura inferiore ai sessanta giorni. «L’iniziativa intercetta un pensiero diffuso, soprattutto nell’immediatezza dei drammatici fatti che abbiamo conosciuto in regione – spiega il deputato altoatesino Alessandro Urzì, Fratelli d’Italia, tra i firmatari del Ddl -. L’idea che muoia un bambino perché ha mangiato un pezzo di formaggio lascia veramente attoniti, ma genera anche senso di responsabilità».
La proposta di legge, che prevede l’obbligo di indicare in etichetta i rischi per la salute per i bambini sotto i 10 anni, con specifiche che verranno definite dai ministeri competenti entro tre mesi dall’approvazione, viene accolta con favore da Giambattista Maestri, padre del piccolo Mattia: «La questione deve essere risolta nel più breve tempo possibile, perché si sta parlando di vite umane». Il nuovo episodio si è verificato solo a pochi mesi di distanza dai gravi casi che hanno scosso il territorio lo scorso anno, quando una bambina di due anni e mezzo in Trentino e un bambino di 10 anni a Bassano del Grappa sono state vittime di serie intossicazioni da prodotti caseari.
«Sono infezioni molto rare ma potenzialmente molto gravi – spiegava in una recente intervista al Corriere del Trentino Antonia Ricci, direttrice dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie – causate da un ceppo del batterio Escherichia Coli capace di produrre una tossina particolarmente pericolosa per i bambini sotto i cinque anni, in alcuni casi anche letale». La dottoressa Ricci entrava nel dettaglio del meccanismo di infezione: «La tossina Stec può causare forme di dissenteria importante ed emorragica e, in meno del 10% dei casi, portare a insufficienza renale acuta. Nei casi più gravi, può richiedere la dialisi e risultare fatale».
In concomitanza con questo nuovo caso, l’Azienda sanitaria della Provincia di Trento ha diramato un’allerta specifica in cui «si raccomanda a chi avesse acquistato nell’ultimo periodo questa tipologia di formaggio – il Puzzone di Moena – di non somministrarlo ai bambini di età inferiore a dieci anni, alle donne in gravidanza e alle persone immunodepresse».
Il rischio è legato all’assenza di trattamenti termici come la bollitura o la pastorizzazione: processi che normalmente eliminano i germi patogeni presenti nel latte dopo la mungitura. Ai genitori la dottoressa Ricci dispensa consigli molto chiari. «Il batterio si elimina completamente con la pastorizzazione, la bollitura e la cottura. La soluzione più sicura è consumare formaggi da latte pastorizzato o stagionati». Particolarmente importante è la cautela nelle malghe: «Non bisogna far consumare ai bambini formaggio fresco o yogurt fresco in malga, dove il latte crudo è più comune e le procedure di mungitura possono presentare maggiori criticità igieniche». I numeri confermano la necessità di attenzione: nel primo semestre del 2023 erano stati registrati 18 casi in Italia, saliti a 73 nel 2024. «Il rischio zero non esiste – conclude la dottoressa Ricci – ma molte malattie si possono evitare con comportamenti corretti da parte dei consumatori». Per maggiori informazioni sulla prevenzione, l’Istituto ha realizzato, su mandato del Ministero della Salute, il portale rischialimentari.it dove i cittadini possono trovare tutte le indicazioni necessarie per un consumo sicuro dei prodotti caseari.
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