Valutazione della regolarità di un immobile: aspetto cruciale nelle compravendite

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La verifica della regolarità edilizia e urbanistica (stato legittimo) di un
immobile dovrebbe rappresentare un passaggio imprescindibile in
qualsiasi compravendita. Tuttavia, non di rado, emergono situazioni
complesse e sgradevoli solo dopo l’acquisto, con gravi implicazioni
per il nuovo proprietario.

Compravendite immobiliari e Stato legittimo: la sentenza del
Consiglio di Stato

A sottolineare questa problematica interviene la recente
sentenza del
Consiglio di Stato n. 10180 del 18 dicembre 2024
. La decisione
non solo approfondisce il tema della responsabilità per abusi
edilizi, ma chiarisce anche aspetti centrali come i destinatari
degli ordini di demolizione e le condizioni per l’acquisizione
gratuita al patrimonio comunale, ovvero della misura sancita
dall’art. 31 del Testo Unico dell’Edilizia (il d.P.R. n. 380/2001),
che rappresenta una conseguenza automatica e vincolante in caso di
mancata ottemperanza a un ordine demolitorio di opere abusive.

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Il caso oggetto del nuovo intervento della giustizia
amministrativa è un tipico esempio di come un’attenta verifica
edilizia e urbanistica prima della compravendita dell’immobile
avrebbe evitato parecchie problematiche al nuovo acquirente, non
responsabile dei precedenti abusi ma ugualmente destinatario
dell’ordine di demolizione.

La natura dell’ordine di demolizione

I giudici di Palazzo Spada, infatti, ricordano che l’ordine di
demolizione è una sanzione dal carattere reale, dalla finalità
ripristinatoria e che ha per oggetto le opere abusivamente
realizzate. Proprio per questo motivo, l’individuazione del suo
destinatario comporta l’accertamento di chi sia il soggetto
titolare del bene, a prescindere da qualsiasi valutazione sulla
imputabilità e sullo stato soggettivo (dolo, colpa).

Nel caso di specie, il Comune aveva emesso un primo ordine al
precedente proprietario di un immobile che aveva eseguito, in
assenza di concessione, opere quali scavo di sbancamento,
demolizione di muratura di sostegno condominiale, creazione di vano
finestra e porta al locale garage e cambio di destinazione d’uso
del locale garage a tavernetta, intimandogli di ripristinare lo
stato dei luoghi.

Tale ordine di demolizione era stato impugnato al TAR ma il
relativo giudizio è stato dichiarato perento.

Successivamente l’immobile viene venduto e su sollecitazione di
terzi, il Comune emette un nuovo ordine di demolizione richiamando
il primo emesso ai precedenti proprietari. A seguito di
inottemperanza della demolizione, il Comune acquisisce
gratuitamente a patrimonio comunale l’immobile e l’area
circostante.

Da qui il ricorso che si basa su diversi aspetti tra i
quali:

  • la natura sanzionatoria dell’acquisizione;
  • la notifica agli altri comproprietari (parte dell’abuso era
    stato realizzato in area condominiale);
  • effetto dell’istanza di accertamento di conformità (nelle more
    era stata presentata istanza di sanatoria edilizia);
  • obbligo di esecuzione della demolizione (il proprietario ha
    lamentato l’impossibilità tecnica di rimuovere le opere abusive
    senza arrecare pregiudizio a quelle legittime).

Normativa di riferimento

Per comprendere la vicenda dal punto di vista normativo, occorre
fare riferimento ai seguenti articoli del Testo Unico Edilizia:

  • l’art. 31, che definisce il destinatario e le modalità
    dell’ordine di demolizione oltre che gli effetti in caso di
    inottemperanza (sanzione amministrativa di importo compreso tra
    2.000 e 20.000 euro oltre che acquisizione gratuita del bene e
    dell’area al patrimonio del comune);
  • l’art. 34 che riguarda la sanzione alternativa alla demolizione
    (cosiddetta “fiscalizzazione dell’abuso”), applicabile solo in casi
    specifici;
  • l’art. 36 che disciplina le condizioni per l’accertamento di
    conformità “simmetrica” nelle ipotesi di assenza di titolo o totale
    difformità (ricordiamo che dopo le modifiche arrivate
    dalla Legge n.
    105/2024
    , di conversione con modifiche del D.L. n.
    69/2024
     – Decreto Salva Casa – oggi esiste l’accertamento
    di conformità “asimmetrica” regolato dall’art. 36-bis per le
    ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali.

Oltre a questi articoli del Testo Unico Edilizia, occorre
naturalmente ricordare altre norme rilevanti che includono l’art.
21-bis della Legge n. 241/1990, che regola gli atti amministrativi
recettizi, e il quadro normativo sulla compatibilità paesaggistica
(l’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004).

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I principi chiave richiamati

Relativamente alla sentenza, il Consiglio di Stato conferma che
l’emanazione di una seconda ordinanza che abbia a oggetto, in tutto
o in parte, i medesimi abusi già contestati con un primo
provvedimento non viola il divieto di bis in
idem 
processuale – che riguarda le sanzioni in senso
proprio e sancisce il divieto di nuovo giudizio per l’imputato
assolto o condannato in via definitiva per lo stesso fatto – anzi
rappresenta un’attività doverosa laddove sia rivolta a destinatari
diversi (i nuovi proprietari del bene).

Affinché un immobile abusivo possa formare legittimamente
oggetto dell’ulteriore sanzione costituita dall’acquisizione
gratuita al patrimonio comunale, occorre che il presupposto ordine
di demolizione sia stato notificato a tutti i proprietari, al pari
anche del provvedimento acquisitivo.

Tuttavia il ricorrente che sia stato effettivamente destinatario
di tali notifiche non ha interesse a dolersi del fatto che i due
atti non siano stati inviati anche agli altri comproprietari, dato
che “la mancata formale notificazione dell’ingiunzione di
demolizione dell’opera edilizia abusivamente realizzata a tutti i
comproprietari della stessa non costituisce vizio di legittimità
dell’atto, che rimane quindi valido ed efficace, in quanto la
notificazione costituisce una condizione legale di efficacia
dell’ordinanza demolitoria (trattandosi di atto recettizio
impositivo di obblighi ai sensi dell’art. 21 bis, l. n. 241 del
1990), vale a dire un presupposto di operatività dell’atto nei
confronti dei suoi diretti destinatari, con la conseguenza che la
relativa omissione è censurabile esclusivamente dal soggetto nel
cui interesse la comunicazione stessa è posta. Tanto in ragione
della funzione assolta dall’istituto, consistente nell’esigenza di
portare a conoscenza dell’atto del suo destinatario, onde ottenere
la sua personale e soggettiva collaborazione necessaria per il
conseguimento del fine. Ne consegue che alcun pregiudizio può
discendere in capo a chi ha ricevuto ritualmente la notificazione
dell’atto per effetto della mancata notifica del provvedimento agli
altri comproprietari del bene
”.

Per quanto concerne gli effetti della domanda di sanatoria
presentata successivamente all’ordine di demolizione emesso, il
Consiglio di Stato ha confermato il principio consolidato per cui
tale istanza non ha effetti sulla legittimità dell’ordine di
demolizione stesso ma ne determina solo la temporanea inefficacia e
ineseguibilità fino all’eventuale rigetto della domanda, a seguito
del quale riprende a decorrere il termine per l’esecuzione e, in
caso d’inottemperanza, può essere disposta l’acquisizione
dell’opera abusiva senza necessità dell’adozione di una nuova
ingiunzione o concessione di un nuovo termine di 90 giorni.

In riferimento, infine, alla lamentata impossibilità di
ottemperare all’ordine di demolizione, esiste un altro principio
consolidato per cui, nel caso di articolo 31 del d.P.R. n.
380/2001, alla demolizione non esiste alcuna alternativa. Sul punto
è interessante riportare alcuni passi della sentenza del Consiglio
di Stato che scrive:

  • “…è opportuno ricordare che l’acquisizione configura una
    sanzione – in senso proprio – conseguente per legge
    all’inosservanza dell’ordine di demolizione (in questi termini
    Cons. Stato, Ad. plen., n. 16 del 2023), cui il proprietario può
    sottrarsi solo dimostrando che non avrebbe potuto
    provvedervi
    ”;
  • Nella specie, il ripristino non era tecnicamente
    impossibile, ma solo oneroso, come si evince dalla stessa relazione
    del tecnico comunale del 17 marzo 2021 invocata dagli appellanti,
    in cui si legge che «l’invocato ripristino dello stato dei luoghi
    può sicuramente essere effettuato» (anche se questo «rimarrebbe di
    fatto parziale» visto che è l’intero edificio a essere stato
    realizzato in difformità, ossia fuori terra invece che parzialmente
    interrato)
    ”.

Conclusioni

Questa sentenza del Consiglio di Stato evidenzia con forza la
funzione ripristinatoria e vincolante degli strumenti repressivi
contro gli abusi edilizi, sottolineando l’importanza di tutelare la
legalità urbanistica. L’acquisizione al patrimonio comunale, pur
essendo una misura severa, trova la sua ragion d’essere nella
necessità di ristabilire l’ordine violato e nella responsabilità
attribuita ai proprietari attuali, anche se non autori degli
abusi.

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Proprio per evitare di incorrere in situazioni simili, è
fondamentale affidarsi a un tecnico abilitato, come un ingegnere,
un architetto o un geometra, per una verifica approfondita dello
stato legittimo dell’immobile prima di procedere all’acquisto.
Questa analisi preventiva permette di identificare eventuali
irregolarità edilizie o urbanistiche, garantendo una compravendita
consapevole e priva di rischi futuri.

In ambito immobiliare, la prevenzione è sempre la miglior forma
di tutela.





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