Genova. La Lega ci prova un’altra volta e ripresenta in Regione una proposta di legge per la “promozione, tutela e conservazione della lingua ligure e delle sue varianti”. È quanto prevede il testo, già depositato una prima volta nel 2021, che vede come primo firmatario il consigliere rieletto Alessio Piana, genovese del Ponente e orgoglioso locutore della parlata locale. Il provvedimento è stato incardinato in commissione, iniziando così il suo iter verso l’approvazione in Consiglio.
“Il dettato normativo – si legge nella relazione introduttiva – trae origine da un dato di fatto oggettivo: la lingua ligure è stata censita tra quelle in pericolo di estinzione, come indicato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura”. In effetti il ligure, identificato col codice LIJ dallo standard internazionale Iso 693-3, era stato classificato nell’atlante Unesco tra le lingue “decisamente in pericolo” insieme a tutti gli idiomi dell’Italia settentrionale.
Ma esiste davvero una lingua ligure? Secondo gli estensori della legge, a costituirla sono “le specifiche parlate storicamente utilizzate nel territorio ligure e nei luoghi in cui esse sono state mantenute da comunità che hanno conservato in modo rilevante la stessa matrice”. In altre parole si tratta di un gruppo di dialetti romanzi primari (cioè direttamente derivati dal latino, come l’italiano) che risultano affini tra loro, nonostante alcune differenze. È lo stesso che accade per tutti gli idiomi del mondo, a prescindere dal loro prestigio sociale che in ultima analisi decide la differenza tra i termini lingua e dialetto nell’uso comune.
Molti obietteranno che esiste il genovese, ma non il ligure. A questo proposito il Conseggio pe-o patrimònio lingustico ligure, associazione che vanta tra i suoi membri diversi cultori e accademici, segnala che “nonostante la denominazione storica per le varietà linguistiche della Liguria sia genovese (zeneise), oggigiorno la forma ligure sta guadagnando una certa preferenza, soprattutto nel mondo scientifico”.
La legge presentata dalla Lega per valorizzare il “patrimonio linguistico ligure” si propone di favorire la conservazione e la ricerca, la creazione artistica, l’informazione giornalistica, la diffusione di pubblicazioni cartacee e online, incontri e manifestazioni, trasmissioni culturali e d’informazione “d’intesa con le emittenti pubbliche e privati” e il rafforzamento dei rapporti con le associazioni territoriali.
Presso la giunta regionale verrebbe istituito un elenco di accademici, ricercatori, esperti e promotori designati dalle associazioni che si occupano del ligure e delle sue varianti. Potranno chiedere l’iscrizione coloro che dimostreranno di essere attivi da almeno tre anni nella ricerca, promozione o diffusione della lingua e del patrimonio storico-culturale della regione. È previsto poi un comitato ad hoc, formato dall’assessore alla Cultura e da esponenti del mondo accademico e associativo, per l’elaborazione dei progetti, la collaborazione alla stesura dei bandi e i rapporti con tutti i soggetti istituzionali e privati. Per questi organi non è contemplato “alcun onere di tipo economico“, anche se alla fine si rimanda al bilancio per le coperture finanziarie necessarie a realizzare le attività indicate. Allo stesso tempo verrebbe smantellato il Centro regionale di documentazione per i dialetti e le tradizioni popolari della Liguria, che custodisce 2.500 volumi, riviste e opuscoli da ridistribuire in biblioteche pubbliche.
Un articolo a parte è dedicato alla toponomastica, un vecchio cavallo di battaglia del Carroccio. “La Regione Liguria promuove e sostiene indagini di natura storica sulla toponomastica locale e contribuisce alle iniziative intraprese in tal senso dai Comuni e dalle associazioni del territorio – si legge ancora nel testo -. Favorisce altresì l’installazione di cartelli turistico-stradali che contengano i nomi originari delle località, dei luoghi, delle vie e degli edifici, in aggiunta a quelli esistenti ed ufficiali in lingua italiana“.
La legge istituisce poi una Giornata della Liguria con ricorrenza il 9 giugno, giorno in cui nel 1162, a Pavia, l’imperatore Federico Barbarossa concesse a Genova il governo di tutta la Liguria da Monaco a Portovenere, la cosiddetta donatio Federici.
Come detto, non è la prima volta che si tenta il riconoscimento per legge della lingua ligure. Proposte analoghe erano state varate nel 2018 e 2019 da Forza Italia e dalla Lega, ma pure dall’associazione Che l’inse! (il testo oggi al vaglio la riprende in diversi punti) che aveva ottenuto la sottoscrizione di venti Comuni. Del resto già nel 2011 l’assessore Berlangieri della giunta Burlando parlava di tutela giuridica per i dialetti della nostra regione, testimoniando un interesse bipartisan per la questione.
Molte delle precedenti proposte si sono arenate per il rischio di incostituzionalità paventato dagli esperti sentiti in commissione: è successo ad esempio nel 2010, quando la Consulta bocciò una legge analoga della Regione Piemonte. Lo Stato italiano, infatti, concede il riconoscimento ufficiale di lingua solo ad alcune parlate, individuate dalla legge 482 del 1999, tra cui non figura il ligure. Anche per questo l’ultimo testo reca i riferimenti all’Unesco, allo standard internazionale Iso e soprattutto ai principi della Carta europea della lingue regionali e minoritarie – mai ratificata dall’Italia – secondo cui le “lingue regionali o minoritarie” sono quelle “diverse dalla lingua ufficiale dello Stato” e questa espressione “non include né i dialetti della lingua ufficiale dello Stato né le lingue dei migranti”.
D’altra parte la situazione del ligure ha del paradossale. In Italia gode di riconoscimento formale solo da parte della Regione Sardegna, che cita come meritevole di tutela – insieme a sardo, algherese, sassarese e gallurese – anche il tabarchino parlato dalle comunità di remota origine ligure di Carloforte e Calasetta, e ha recentemente fissato il suo standard ortografico con apposita delibera. Nel Principato di Monaco il monegasco, dialetto ligure di tipo intemelio come quelli parlati nell’Imperiese, non è lingua ufficiale ma viene insegnato obbligatoriamente nelle scuole elementari e medie.
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